Cudjoe Lewis

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Cudjoe Lewis, alias Oluale Kossola (c. 1914; foto di Emma L. Roche)

Cudjoe Kazoola Lewis (ca. 1841Africatown, 17 luglio 1935) è stato uno schiavo di origine africana (della zona del Benin), naturalizzato cittadino degli Stati Uniti nel 1868.[1] Proveniva dal carico della 'Clotilda', che è ritenuta l'ultima nave negriera ad aver trasportato illegalmente schiavi neri dall'Africa agli Stati Uniti, nell'anno 1860. Di tale carico egli fu una delle persone che sopravvisse più a lungo,[2] ed ebbe modo di raccontare i suoi ricordi e le sue esperienze, a ricercatori e scrittori, tra cui soprattutto Emma Langdon Roche (1878-1945) e Zora Neale Hurston.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Era nativo dell'attuale Benin, con il nome di Oluale Kossola (spesso poi anglicizzato in Kazoola). Nel 1860, dopo essere stato catturato dai razziatori del regno del Dahomey, venne venduto come schiavo e imbarcato sulla 'Clotilda' a Ouidah. Insieme a oltre cento compagni di sventura, venne trasportato attraverso l'Atlantico fino alla zona di Mobile in Alabama, dove il carico venne fatto scendere nelle paludi e occultato alle autorità. La nave fu affondata.[3] Quando gli schiavi vennero divisi tra gli investitori, Kossola venne portato nella tenuta di Timothy Meahrer, costruttore navale e proprietario della 'Clotilda'. Nel 1865, quando la schiavitù fu abolita, venne liberato, ma né lui né la sua gente poterono ritornare in Africa, nonostante avessero richiesto il rimpatrio, e si sistemarono in un insediamento non lontano da Mobile cui diedero il nome di 'Africantown'[4] e dove per molti anni mantennero la loro lingua e le loro tradizioni.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Diouf, Dreams of Africa, p. 165.
  2. ^ Fu a lungo ritenuto l'ultimo dei superstiti della 'Clotilda', ma recenti ricerche di Hannah Durkin hanno accertato che almeno due altre componenti del carico, all'epoca della traversata in tenerissima età, gli sopravvissero, sia pure di poco: Redoshi, alias Sally Smith, fino al 1937 ( Finding last middle passage survivor Sally 'Redoshi' Smith on the page and screen, in Slavery & Abolition, 2019, pp. 1–28, DOI:10.1080/0144039X.2019.1596397.), e Matilda McCrear, fino al 1940 ((EN) Uncovering The Hidden Lives of Last Clotilda Survivor Matilda McCrear and Her Family, in Slavery & Abolition, 19 marzo 2020, pp. 1–27, DOI:10.1080/0144039X.2020.1741833, ISSN 0144-039X (WC · ACNP).)
  3. ^ Il relitto della 'Clotilda' è stato identificato nel 2019 (Joel K. Bourne, Jr., Last American Slave Ship Is Discovered in Alabama; «National Geographic», Maggio 2019).
  4. ^ Il nome poi si modificò in Africatown e successivamente in Plateau, ma Sylviane Diouf sottolinea che essi l'avevano voluta chiamare in origine "Città degli Africani" o "Città africana" per significare chi loro erano veramente e che aspirazioni avevano (intervista radiofonica a Marc Steiner, Last Slave Ship Found on Alabama Coast Validates Descendants’ Stories, «The Real News Network», 30 maggio 2019). Nella seconda metà del XX secolo l'insediamento è stato assorbito amministrativamente nei sobborghi di Mobile e rimane classificato come U.S. Historic district

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Sylviane Anna Diouf, Cudjo Lewis (2009), in The Encyclopedia of Alabama (Auburn University Outreach)
  • (EN) Sylviane Anna Diouf, Dreams of Africa in Alabama: The Slave Ship Clotilda and the Story of the Last Africans Brought to America, New York, Oxford University Press, 2007, ISBN 0195311043
  • Nora Neale Hurston, Barracoon (edizione originale a cura di Deborah G. Plant), Roma, 66thand2nd, 2019, ISBN 978-88-3297-057-9
  • (EN) Emma Langdon Roche, Historic Sketches of the South, New York, Knickerbocker Press, 1914

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