Corte di Monza

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Corte di Monza
Informazioni generali
CapoluogoMonza
6300 abitanti (1751)
Dipendente daProvincia di Milano
Suddiviso in10 comuni
Amministrazione
Forma amministrativaPieve
Podestàlista sconosciuta
Organi deliberativiConsiglio generale
Evoluzione storica
InizioXIV secolo
CausaSecolarizzazione delle pievi
Fine1797
CausaInvasione napoleonica
Preceduto da Succeduto da
Nessuna Comune di Monza
Distretto di Sesto
Cartografia
Pieve di San Giovanni Battista
Informazioni generali
CapoluogoMonza
6300 abitanti (1751)
Dipendente daArcidiocesi di Milano
Suddiviso in7 parrocchie
Amministrazione
Forma amministrativaPieve
Arcipretelista
Evoluzione storica
InizioIX secolo
CausaIstituzione delle pievi
Fine1972
CausaSinodo Colombo
Preceduto da Succeduto da
Nessuna Decanato di Monza
Cartografia

La corte di Monza o pieve di San Giovanni Battista di Monza (in latino: Curtis Modoetiensis o Plebis Sancti Johannis Baptistae Modoetiensis) era il nome di un'antica vicaria dell'arcidiocesi di Milano e pieve del ducato di Milano con capopieve Monza.

Il patrono era san Giovanni Battista, al quale è ancora oggi dedicata la basilica arcipretale, ossia il duomo di Monza.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo le memorie scritte lasciateci da Paolo Diacono, la fondatrice della prima matrice della grande chiesa monzese fu la regina longobarda Teodolinda che posò la prima pietra della chiesa di San Giovanni Battista. In quanto istituzione regia, la basilica monzese mantenne a lungo una prerogativa singolare di una propria giurisdizione anche temporale sul territorio della città di Monza e dipendenze, e persino su altre pievi milanesi nelle quali godeva di grande influenza. È per questo che la pieve monzese, difatti, ebbe il nome di "Corte".[1]

Nell'879 la corte della basilica di San Giovanni Battista di Monza venne concessa in beneficio al conte Liutfredo, nipote di Ugo e Ava di Tours, che a loro tempo avevano donato l'area di Locate alla corte di Monza, donazione riconosciuta anche dall'Imperatore Carlo il Grosso nell'881 con un diploma. Un diploma di Berengario I di Ivrea del 920 ci informa invece che la canonica constava di 32 canonici che avevano giurisdizione anche sulla pieve di Cologno. Il nome di "Corte" al posto del tradizionale "Pieve" (in segno di chiara distinzione) viene utilizzato anche da Goffredo da Bussero nel suo "Liber Notitiae Sanctorum Mediolanensis" per definire l'area spirituale sottoposta alla canonica di Monza.[1]

Col Rinascimento la pieve assunse anche una funzione amministrativa civile come ripartizione locale della Provincia del Ducato di Milano, al fine di ripartire i carichi fiscali e provvedere all'amministrazione della giustizia. Monza godeva comunque di una rilevanza speciale, essendo l’unica altra città murata della provincia milanese all’infuori del capoluogo.[2]

Nel XV secolo sono sempre ricordati 32 canonici oltre ad un arciprete (titolo che non a caso è un superiore ma che è tradizionalmente assimilabile ai compiti del prevosto), che aveva giurisdizione anche su un gran numero di monasteri di diversi ordini religiosi e sull'ospedale di San Gerardo per la cura dei poveri e dei pellegrini. In tutto questo non si manchi di ricordare che il capitolo monzese risultava sostanzialmente indipendente dall'arcidiocesi di Milano in quanto antica concessione di indipendenza di natura regia. Questo fatto fece sorgere non pochi problemi nel corso dei secoli, soprattutto perché in essa originariamente (nell'alto medioevo) si officiava in rito romano, mentre dal XIII secolo si iniziò ad officiare in rito patriarchino, adottato si dalla chiesa di Aquileia, ma anche e soprattutto in quella di Como mentre quest'ultima si trovava in contrasto con il metropolita milanese.[3]

La svolta decisiva nell'annoso problema liturgico, pervenne a Monza da San Carlo Borromeo il quale, nel suo tentativo di riforma della chiesa ambrosiana secondo i canoni stabiliti dal Concilio di Trento, predispose di riunificare tutti i riti lombardi, con l'adozione generale del rito ambrosiano. Egli perciò, ottenuta nel 1575 l'autorizzazione pontificia, inaugurò l'introduzione del rito ambrosiano nella basilica di Monza con un pontificale tenutosi il giorno di San Barnaba dell'anno 1578, esautorando del tutto il rito patriarchino che ancora persisteva nella celebrazione pasquale (anche se ormai esso era in piena decadenza). Malgrado questa opera, in seguito alla richiesta rivolta al pontefice da parte di popolo e clero, in data 16 ottobre di quello stesso 1578, l'arcivescovo milanese concesse anche l'uso del rito romano entro i confini della Corte. Proprio dalla visita di San Carlo Borromeo apprendiamo che, oltre all'arciprete, nella canonica monzese si trovavano stabili 29 canonici.[3]

Dal Cinquecento, Monza divenne anche sede di un vicariato e decadde ormai completamente (anche negli atti ufficiali) la dicitura di "Corte" a vantaggio di quella di "Pieve" che meglio servì ad identificare di cosa si stesse parlando. Dal punto di vista civile, fu solo nell'anno 1797 che la pieve amministrativa venne soppressa in seguito all'invasione di Napoleone e alla conseguente introduzione di nuovi e più moderni distretti, che si rilevarono peraltro alquanto effimeri.[4]

La pieve religiosa non ebbe ulteriori mutamenti sino al 1972 quando essa venne definitivamente soppressa come tutte le altre pievi milanesi e lombarde dai decreti del cardinale Giovanni Colombo i quali però la istituirono sede di uno dei moderni decanati. Il parroco della basilica monzese, ad ogni modo, mantenne le prerogative di Arciprete e le insegne a lui spettanti, con una parziale giurisdizione sull'area della ex pieve, uno dei rari casi in Lombardia ad aver mantenuto tale uso.[1] Il suo antico territorio ricade oggi sotto il decanato di Monza, comprende 9 parrocchie tra cui anche quelle di Brugherio e di Villasanta.

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Nella seconda metà del XVIII secolo, il territorio della pieve era così suddiviso:

Pieve civile Pieve ecclesiastica
Comune di Monza Parrocchia plebanea di San Giovanni Battista
Parrocchia di San Biagio[5]

Comune di San Damiano
Parrocchia di San Gerardo al Corpo[6]

Comune di Sant'Alessandro
Parrocchia di San Rocco[7]

Comune di Villa San Fiorano
Parrocchia di Sant'Anastasia[8]

Comune di Moncucco
--[9]
Parrocchia di San Bartolomeo[10]
Comune di Sesto San Giovanni
Comune di Cassina de' Gatti
Parrocchia di Santo Stefano
Comune di Cologno --[11]
Comune di San Giuliano --[12]
Comune di Vimodrone --[13]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c vedi qui
  2. ^ vedi qui
  3. ^ a b vedi qui
  4. ^ vedi qui
  5. ^ Parrocchia coprente l'area extra-muraria della città ad occidentale del Lambro.
  6. ^ Parrocchia avente sede a Monza, di cui copriva l'area extra-muraria ad oriente del Lambro, ed estesa a San Damiano.
  7. ^ Parrocchia avente sede a Monza, di cui copriva la periferia meridionale, ed estesa a Sant'Alessandro.
  8. ^ Parrocchia avente sede a Monza, di cui copriva la periferia nordorientale, ed estesa a San Fiorano.
  9. ^ In questo caso c'era parziale discrasia fra pieve civile ed ecclesiastica, dato che la parrocchia si estendeva anche sul Comune di Cassina Baraggia, compreso amministrativamente nella Pieve di Vimercate.
  10. ^ Parrocchia avente sede a Monza, di cui copriva la periferia sudorientale, ed estesa a Cassina Baraggia e Moncucco.
  11. ^ In questo caso c'era discrasia fra pieve civile ed ecclesiastica, dato che il comune corrispondeva alla Parrocchia dei Santi Marco e Gregorio, compresa ecclesiasticamente nella Pieve di Santo Stefano di Segrate dai tempi della decadenza della Pieve di San Giuliano.
  12. ^ In questo caso c'era discrasia fra pieve civile ed ecclesiastica, dato che il comune corrispondeva alla Parrocchia di San Giuliano, compresa ecclesiasticamente nella Pieve di Santo Stefano di Segrate dai tempi della decadenza della Pieve di San Giuliano.
  13. ^ In questo caso c'era discrasia fra pieve civile ed ecclesiastica, dato che il comune corrispondeva alla Parrocchia di San Remigio, compresa ecclesiasticamente nella Pieve di Santo Stefano di Segrate dai tempi della decadenza della Pieve di San Giuliano.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Liber notitiae sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero. Manoscritto della Biblioteca Capitolare di Milano, a cura di M. Magistretti, U. Monneret de Villard, Milano, 1917.
  • Diocesi di Milano. Sinodo 46°, Milano, 1972, Pubblicazione curata dall'ufficio stampa della Curia arcivescovile di Milano.
  • G. Vigotti, La diocesi di Milano alla fine del secolo XIII. Chiese cittadine e forensi nel “Liber Sanctorum” di Goffredo da Bussero, Roma, 1974.
  • Istituzione dei nuovi vicariati urbani e foranei, 11 marzo 1971, Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano, Rivista Diocesana Milanese, 1971.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]