Contributo straordinario per l'Europa

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Con la denominazione "Contributo straordinario per l'Europa", meglio conosciuta come "eurotassa", viene indicata un'imposta approvata dal Governo Prodi I il 30 dicembre 1996 con un decreto di fine anno che implicava una manovra tributaria di 4 300 miliardi di lire[1], necessari per ridurre il disavanzo dello Stato dello 0,6% per consentire il rispetto dei parametri di Maastricht[2] ai conti pubblici italiani, permettendo conseguentemente l'ingresso dell'Italia nell'area euro.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Tale imposta consisteva in un'addizionale alle imposte sul reddito delle persone fisiche e si basava su cinque aliquote progressive (dallo 0% al 3,5%)[3] (su un reddito lordo di 30 milioni di lire, al netto delle eventuali detrazioni, era pari a 278 000 lire). Venne prelevata ai lavoratori dipendenti in nove rate mensili da marzo a novembre 1997; per i lavoratori autonomi, o comunque titolari di redditi oltre a quello da lavoro dipendente, fu previsto un versamento in due rate con scadenza al 31 maggio e al 30 novembre 1997.

Il decreto prevedeva la restituzione del 60% del prelievo nell'anno successivo, avvenuta a partire dalla fine del 1998 per effetto dell'articolo 1 del decreto-legge n. 378 del 2 novembre 1998[4]. La parziale restituzione riguardò la sola somma versata, senza l'attribuzione di interessi. Secondo alcuni analisti finanziari, l'effetto di questa misura sarebbe stato neutralizzato dalla contestuale introduzione di altre imposte[senza fonte]:

  • l'imposta addizionale Irpef introdotta con effetto 1º gennaio 1998 dall'articolo 50 del decreto legislativo n. 446 del 15 dicembre 1997;
  • un'ulteriore imposta addizionale introdotta con effetto 1º gennaio 1999 dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 360 del 28 settembre 1998.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La storia del governo Prodi, su repubblica.it, La Repubblica, 9 ottobre 1998. URL consultato il 27 agosto 2009.
  2. ^ Il bilancio dello stato italiano doveva rientrare al di sotto del limite del 3% dato dal rapporto tra deficit e prodotto interno lordo.
  3. ^ Luigi Spaventa e Vincenzo Chiorazzo, Astuzia o virtù? Come accadde che l'Italia fu ammessa all'Unione monetaria, Donzelli, 2000, p. 87, ISBN 8879894846, OCLC 797729353. URL consultato il 21 ottobre 2018.
  4. ^ Gazzetta Ufficiale, su gazzettaufficiale.it. URL consultato il 21 ottobre 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Spaventa e Vincenzo Chiorazzo, Astuzia o virtù? Come accadde che l'Italia fu ammessa all'Unione monetaria, Donzelli Editore, 2000, ISBN 88-7989-484-6.
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