Complesso di San Gaudioso

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Complesso di San Gaudioso
Arco d'ingresso di Cosimo Fanzago.
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneCampania
LocalitàNapoli
Coordinate40°51′09.1″N 14°15′13.39″E / 40.852527°N 14.253719°E40.852527; 14.253719
Religionecattolica di rito romano
TitolareSan Gaudioso
Arcidiocesi Napoli
Stile architettonicobarocco
Inizio costruzioneV secolo

Il complesso di San Gaudioso era una struttura religiosa ubicata in vico San Gaudioso, a Napoli.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il monastero fu fondato nel V secolo da Settimio Celio Gaudioso, vescovo africano naufragato a Napoli e qui rimasto a vivere, nella parte alta della città, dove erano situate le strutture religiose pagane in abbandono. Tre secoli dopo cadde in rovina e fu restaurato dal vescovo Stefano II di Napoli per insediarvi le monache benedettine; tra il 780 e il 790 Stefano II fece edificare accanto al convento una basilica dedicata a santa Fortunata.

L'espansione vera e propria del complesso avvenne però tra il XVI e il XVII secolo, quando si trovò ad occupare un'insula molto vasta; nel 1560 è intervenuto Giovanni Francesco di Palma, che progettò il chiostro; nell'operazione di restauro seicentesca operò Cosimo Fanzago, che attorno al 1630 vi realizzò una pregevole scala marmorea d'accesso e il piano di rifacimento dell'insula.

La chiesa fu incendiata nel 1799, durante gli scontri legati alla repubblica napoletana. Andarono così perdute testimonianze pittoriche di artisti barocchi come Battistello Caracciolo, Francesco Solimena e Luca Giordano. Il monastero, che in quell'occasione fu saccheggiato, non ebbe grandi danneggiamenti e dal 1807 al 1819 fu sede dell'osservatorio astronomico e successivamente dell'osservatorio di Marina.

Il monastero, nel 1883 dichiarato sede clinica universitaria, fu demolito completamente nel 1920 per realizzarvi le nuove strutture ospedaliere. Nel 1943 in esse s'insediò l'ospedale per i soldati francesi, per poi riprendere la loro funzione dopo la guerra.

L'unica parte superstite del monastero è la scala fanzaghiana con l'arco di accesso e il muro perimetrale con il portale in piperno. Rimangono inoltre assai esigue tracce del chiostro.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A cura di Giosi Amirante e Rosanna Cioffi, Dimore della conoscenza. Le sedi della Seconda Università degli Studi di Napoli, ESI, 2010

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