Colobraro

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Colobraro
comune
Colobraro – Stemma
Colobraro – Bandiera
Colobraro – Veduta
Colobraro – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Basilicata
Provincia Matera
Amministrazione
SindacoNicola Lista (lista civica SINERGIA per Colobraro) dal 13-6-2022
Data di istituzione17 marzo 1861
Territorio
Coordinate40°11′N 16°26′E / 40.183333°N 16.433333°E40.183333; 16.433333 (Colobraro)
Altitudine630 m s.l.m.
Superficie66,61 km²
Abitanti1 047[1] (31-8-2023)
Densità15,72 ab./km²
Comuni confinantiNoepoli (PZ), Rotondella, Sant'Arcangelo (PZ), Senise (PZ), Tursi, Valsinni
Altre informazioni
Cod. postale75021
Prefisso0835
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT077006
Cod. catastaleC888
TargaMT
Cl. sismicazona 2 (sismicità media)[2]
Cl. climaticazona D, 2 006 GG[3]
Nome abitanticolobraresi
Patronosan Nicola
Giorno festivo9 maggio
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Colobraro
Colobraro
Colobraro – Mappa
Colobraro – Mappa
Posizione del comune di Colobraro nella provincia di Matera
Sito istituzionale

Colobraro (Culubhrèr[4] in dialetto locale) è un comune italiano di 1 047 abitanti[1] della provincia di Matera in Basilicata.

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Colobraro è un centro agricolo dell'Appennino lucano nella valle del fiume Sinni. Sorge sulle pendici meridionali del Monte Calvario a 630 m s.l.m., arroccato su uno sprone dal quale domina da sinistra un ampio tratto della valle. Si trova nella parte sud-occidentale della provincia, al confine con la parte sud-orientale della provincia di Potenza. Il paese si trova nei pressi della strada statale 653 della Valle del Sinni (che collega Policoro a Lauria) e non lontano dal bacino artificiale formato dalla diga in terra (la più grande in Europa) costruita sul fiume Sinni tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta in prossimità della stretta di Monte Cotugno, da cui ha preso il nome di lago di Monte Cotugno. Confina con i comuni di Valsinni (8 km), Tursi (15 km), Senise (PZ) (19 km), Rotondella e Sant'Arcangelo (PZ) (22 km) e Noepoli (PZ) (23 km). Il territorio comunale ha un'altitudine minima di 95 m s.l.m. sul livello del mare e raggiunge la quota massima di 858 m s.l.m. con il Monte Sant'Arcangelo.

Origini del nome[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Giacomo Racioppi, il nome deriverebbe dal latino (locus) colubrārius, traducibile in ‘luogo di serpenti’.[5][6] La parola latina ha continuazioni popolari limitate a dialetti meridionali e nel sardo.[7] Omofono del toponimo lucano è il diffuso appellativo laziale colubro, che indica una cavità carsica.[8]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Antico centro basiliano, appartenne alla badia di Santa Maria di Cersosimo, di cui seguì le sorti fino al XII secolo. Posseduto per breve tempo dal conte Bertaimo d'Andria, passò ai conti di Chiaromonte e da questi, nel 1319, ai Sanseverino di Tricarico. Assegnato a metà del XIV secolo ai Poderico, fu successivamente dei Pignatelli, dei Carafa (principi dal 1617) ed infine dei Donnaperna.[9] A seguito dell'unità d'Italia, il comune fu sconvolto dal brigantaggio e vi operarono le bande di Egidio Pugliese, Francesco Tuzio e Francesco Gulfo.[10] In epoca fascista vi furono confinati alcuni oppositori del regime, profughi ebrei e zingari.[11] [12]

Il "paese senza nome"[modifica | modifica wikitesto]

Nei paesi vicini, il paese è chiamato anche, in modo scaramantico più che dispregiativo, Quel paese in dialetto lucano (a seconda dei paesi): Cudde puaise (a Montalbano Jonico) o Chille paìse (nella vicina Valsinni). Ciò a causa della presunta innominabilità della parola Colobraro per la credenza superstiziosa che la semplice evocazione del nome porti sfortuna. Tale innominabilità è legata ad un aneddoto risalente agli anni quaranta.[13] Durante una riunione di amministratori locali a Matera, il podestà di Colobraro Biagio Virgilio, alla fine di un suo discorso, avrebbe pronunciato parole del tipo: «Se non dico la verità, che possa cadere questo lampadario». A quanto si racconta, il lampadario sarebbe caduto davvero, poco dopo l'affermazione o alcuni giorni dopo, facendo alcune vittime o feriti.[14] Virgilio ebbe a dire in seguito che l'episodio fu una calunnia di notabili e funzionari pubblici, che diffusero poi la voce in tutta la provincia materana.[14] Un colobrarese che si recava nei comuni limitrofi veniva agevolato e trattato con rispetto per timore di eventuali disgrazie che avrebbe potuto portare.

A contribuire alla sinistra notorietà del paese fu la credenza, soprattutto degli abitanti dei paesi vicini, nelle arti magiche di alcune donne che vi dimoravano, tra cui una tale Maddalena La Rocca, immortalata da Franco Pinna nei primi anni cinquanta, per diverso tempo creduta una masciara, ovverosia una maga locale. In realtà la donna fotografata si chiamava Maria Francesca Fiorenza ed era una contadina, nonché filatrice e tessitrice, della quale non esistono prove di attività soprannaturali.[15] Tuttavia, l'erronea attribuzione di Pinna fece della Fiorenza un'icona del Meridione periferico e arcaico del tempo, la cui immagine fu usata in libri, reportage e mostre come rappresentazione di un "mondo magico", contribuendo ad accrescere la fama di Colobraro negli ambienti antropologici.[14]

Ernesto de Martino, con la sua équipe in cui figurava anche Pinna, visitò il paese nel 1952 e nel 1959 e riferì di essere stato protagonista, in accordo con la superstizione, di episodi sfortunati. Durante la prima spedizione del 1952, gli abitanti dei centri limitrofi informarono i ricercatori della nomea di Colobraro, ma lo staff ignorò i suggerimenti e si diresse verso il comune. Secondo quanto affermato dallo stesso De Martino:

«A Ferrandina hanno predetto alla nostra spedizione gomme forate e altri malanni sulla salita di Colobraro, e ancor peggio in paese, se avessimo deciso di sostarvi. E tanto ci hanno tormentato con storie sinistre, con ricordi di antiche sciagure e con annunzi di nuove, che quando siamo giunti a Valsinni, ai piedi del colle di Colobraro, siamo stati presi da una leggera inquietudine, che par fatta a posta a tirarci i guai addosso.»

L’automobile su cui viaggiavano ebbe problemi sulla salita che conduce al borgo, il motore subì gravi danni e furono necessarie 23 000 lire per la riparazione.[15] Giunti a Colobraro, ebbero un appuntamento con uno zampognaro che avrebbe dovuto accompagnarli per una documentazione sui rituali del posto, come il lamento funebre. L'uomo, in stato di ebbrezza e festante con i suoi colleghi per il ritorno al lavoro dopo mesi di inattività, morì cadendo dall'autocarro su cui viaggiava, circa un'ora prima dell'incontro.[15] De Martino e la sua troupe parteciparono al funerale del malcapitato, anche con l'intento di registrare il canto funebre, ma infine rinunciarono:

«Guardo nella bara: la zampogna è accanto al cadavere. Qualcuno mi sussurra all’orecchio che il prete si è rifiutato di benedire la salma, perché si tratta di uno che è morto in istato di ubriachezza. Mi si informa anche di un corvo che mentre il cadavere era sulla via, ne ha sfigurato il volto a colpi di becco. Mi rendo conto che, almeno per il momento, dobbiamo rinunziare ai nostri propositi di registrare il lamento.»

A questi due incidenti attestati, Ugo Dettore riportò alcune cronache nelle quali figurano altri aneddoti di dubbia veridicità che coinvolsero i membri della spedizione:

«[...] uno degli assistenti cadde per le scale dell'albergo, a un giornalista della comitiva si accesero spontaneamente i fiammiferi in tasca, un fotografo fu colto da improvvisa febbre e tutti furono vittime di incidenti più o meno gravi.»

In tempi moderni, i colobraresi hanno rivalutato l'immagine negativa del proprio comune come attrazione turistica, dedicando eventi sul folclore locale con l'obiettivo di promuovere il paesaggio e i prodotti tipici.[17]

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

  • Chiesa madre di San Nicola di Bari
  • Cappella di Santa Maria della Neve o di Santa Lucia
  • Cappella dell'Icona
  • Convento francescano di Colobraro (con annessa chiesa di Sant'Antonio)
  • Chiesa dell'Annunziata

Architettura militari[modifica | modifica wikitesto]

  • Castello Carafa

Società[modifica | modifica wikitesto]

Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]

Abitanti censiti[18]

La mostra contadina
Colobraro visto da Rotondella
Piazza Elena

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Il paese presenta modeste risorse agricole (frutta, foraggi, olive e uva) e dell'allevamento (ovini e lavorazione dei formaggi). È uno dei comuni dediti alla coltivazione del peperone di Senise IGP.

Sport[modifica | modifica wikitesto]

Calcio[modifica | modifica wikitesto]

La principale squadra di calcio della città è l'A.S.D. Colobraro che milita nel girone C lucano di 2ª Categoria.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Bilancio demografico mensile anno 2023 (dati provvisori), su demo.istat.it, ISTAT.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
  4. ^ Teresa Cappello e Carlo Tagliavini, Dizionario degli etnici e dei toponimi italiani, Bologna, Pàtron, 1981, p. 168, SBN IT\ICCU\UMC\0979712.
  5. ^ Giacomo Racioppi, Origini storiche investigate nei nomi geografici della Basilicata (PDF), in Archivio per le province napoletane, Napoli, Detken & Rocholl e F. Giannini, 1876, p. 454, SBN IT\ICCU\NAP\0136789. URL consultato il 5 febbraio 2022.
  6. ^ Gerhard Rohlfs, Studi e ricerche su lingua e dialetti d'Italia, Firenze, Sansoni, 1972, p. 52, SBN IT\ICCU\CSA\0046481.
  7. ^ (DE) Wilhelm Meyer-Lübke, Romanisches etymologisches Wörterbuch[collegamento interrotto], 3ª ed., Heidelberg, Carl Winter, 1935, p. 195 (2060), SBN IT\ICCU\RAV\0263396. URL consultato il 27 agosto 2022.
  8. ^ Simonetta Conti, Territorio e termini geografici dialettali nel Lazio, Roma, Istituto di geografia dell'Università La Sapienza, 1984, p. 124, SBN IT\ICCU\RML\0064477.
  9. ^ TCI, Basilicata Calabria, collana Guida d'Italia, 4ª ed., Milano, Touring Club Italiano, 1980, p. 355, ISBN 88-365-0021-8.
  10. ^ Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate negli Archivi di Stato (PDF), in Archivi Beni Culturali. URL consultato il 5 febbraio 2022 (archiviato dall'url originale il 13 febbraio 2022).
  11. ^ gluciob.
  12. ^ Ebrei stranieri internati in Italia.
  13. ^ Questo borgo è famoso per portare iella, su SiViaggia, 6 novembre 2017.
  14. ^ a b c La “patente” di Colobraro: la certificazione della sfortuna come strategia di patrimonializzazione, in Istituto Euroarabo, 1º novembre 2019. URL consultato il 4 febbraio 2022.
  15. ^ a b c d e Un autentico falso: la fattucchiera di Colobraro (PDF), in Studi Nuovo Meridionalismo, ottobre 2016. URL consultato il 4 febbraio 2022.
  16. ^ Ugo Dettore, Iettatura, in Paranormale: dizionario enciclopedico, 1: A-L, Milano, Mondadori, 1992, pp. 462-463, ISBN 88-04-36255-3.
  17. ^ A Colobraro il Sogno di una notte a quel paese non si ferma, in Basilicata24, 6 agosto 2020. URL consultato il 4 febbraio 2022.
  18. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT;  URL consultato in data 28-12-2012.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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