Chiesa di Santa Maria di Campogrosso

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Chiesa di Santa Maria di Campogrosso
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneSicilia
LocalitàAltavilla Milicia
Religionecattolica di rito romano
TitolareSanta Maria
Arcidiocesi Palermo
Stile architettoniconormanno
Inizio costruzioneXI secolo
CompletamentoXI secolo

La chiesa di Santa Maria di Campogrosso è un edificio sacro dell'XI secolo, oggi in rovina, all'interno del territorio comunale di Altavilla Milicia, sulla costa settentrionale della Sicilia. Localmente è nota come Chiesazza, ossia «chiesaccia», per la sua condizione di rudere.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di uno dei primi edifici in stile normanno-arabo realizzati in Sicilia e una delle poche attestazioni della presenza dei basiliani nella parte orientale dell'isola.[2]

La chiesa, ubicata in posizione strategica sopra un'altura di 56 m a breve distanza dal mar Tirreno, fu probabilmente edificata nel 1068 dopo la vittoria dei Normanni contro gli Arabi presso Misilmeri. La struttura è ad unica navata con tre absidi ed una cripta; vicino ad essa esistevano verosimilmente i resti di un cenobio appartenente all'Ordine di San Basilio.

Nel 1134 il re Ruggero II concesse al monastero di Santa Maria di Campogrosso dei terreni incolti presso Misilmeri per essere coltivati e dati a pascolo («...quosdam agros incultos (...) in loco dicto de Misilmeri ad faciendam culturam (...) et pro pascuis animalium...»), oltre alla concessione per il taglio boschivo nel territorio della futura Bagheria («...ligna necessaria et sufficientia de nostra floresta dicta Bacharìa...»).

Nel 1895 i ruderi della chiesa vennero consolidati ad opera della Regia soprintendenza all'arte medioevale e moderna della Sicilia.

Nel 2016, sono state portate alla luce le sepolture vichinghe (circa 30) e le monete sepolte al di sotto della Chiesazza. Vi si trovava la comunità normanna; quindi la chiesa, gestita da dei monaci, che insieme alla popolazione del centro, venivano sepolti nella terra vicino alla chiesa come in Nord Europa [2] [3] [4].

Sono in corso alcuni studi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pagina 506, Tommaso Fazello, "Della Storia di Sicilia - Deche Due" [1] Archiviato il 29 novembre 2015 in Internet Archive., Volume uno, Palermo, Giuseppe Assenzio - Traduzione in lingua toscana, 1817.
  2. ^ Zaira Barone, La chiesa di Santa Maria di Campogrosso ad Altavilla Milicia (PA), i ruderi di un monumento basiliano tra abbandono, restauri e studi archeologici (PDF), in Restauro Archeologico, vol. 25, n. 2, 2017, p. 16, DOI:10.13128/RA-22210, ISSN 1724-9686 (WC · ACNP), OCLC 8349130238. URL consultato il 15 marzo 2020 (archiviato dall'url originale il 31 agosto 2020). Ospitato su archive.is.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Antonino Mongitore, Bullae, privilegia et instrumenta Panormitanae Ecclesiae, Palermo 1734.
  • M. Guiotto, "La chiesa di S. Michele in territorio di Altavilla Milicia", in Atti del VII Congresso Nazionale di Storia dell'Architettura, a cura del Comitato presso la Soprintendenza ai Monumenti, Palermo, 1956;
  • G. Brancato, "La chiesa di Santa Maria di Campogrosso, prima chiesa cristiana del Distretto Scolastico di Bagheria", in Petri, chiesi e cappilluzzi, a cura del Distretto 7/45, 1996-97.
  • Antonino Morreale, Storia della Bagaria, Roma-Palermo 1998.
  • V. Zoric, "Alcuni risultati di una ricerca nella Sicilia Normanna. I marchi dei lapicidi quale mezzo per la datazione dei monumenti e la ricostruzione dei loro cantieri", in Actes du VI Colloque International de Recherches Glyptographie de Samoëns, 5 au 10 Juliet 1988, a cura del Centre International de Recherches Glyptographiques, Braine-le Château, 1989,
  • Ernesto Oliva, Santa Maria di Campogrosso, Palermo 2008.
  • G. Brancato, S. Brancato, V. Scammacca, "Un insediamento rurale dell'area palermitana. Altavilla Mìlicia, secoli XII-XIX", Bagheria 2011.
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