Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini (Napoli)

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Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini
Facciata (Dopo il restauro del 2021)
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneCampania
LocalitàNapoli
Coordinate40°50′51.36″N 14°14′50.96″E / 40.8476°N 14.24749°E40.8476; 14.24749
Religionecattolica di rito romano
Arcidiocesi Napoli
ArchitettoCarlo Vanvitelli
Stile architettonicoNeoclassico
Inizio costruzione1792
Completamento1796
Interno

La chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini è una chiesa storica di Napoli, ubicata in via Portamedina, nel centro storico della città

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio di culto e l'omonimo ospedale sono stati fondati dal cavaliere gerosolimitano Fabrizio Pignatelli di Monteleone nel XVI secolo; in seguito, il complesso, venne affidato alla Confraternita della Santissima Trinità.

L'ospedale ivi annesso, la cui struttura fu disegnata da Carlo Vanvitelli, fu ampliato nel 1769 e con l'occasione fu realizzato anche l'ampliamento della chiesa (1792-1796)[1], che assunse così l'aspetto che mostra ancora oggi.

Nel 2021 è stato concluso il restauro della facciata, con le due grandi statue in stucco, e dello scalone che versavano in pessime condizioni conservative.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Cupola

La facciata è caratterizzata dalle pregevoli statue in stucco di Angelo Viva, raffiguranti San Filippo Neri e San Gennaro e riproduce quella originale di epoca cinquecentesca.

L'architettura del tempio è alquanto singolare; la pianta è formata da due ottagoni uniti da un rettangolo, con il primo ottagono che assume la funzione di navata ed il secondo che funge da oratorio, mentre il rettangolo è il presbiterio.

Gli altari laterali (tre per lato) sono sormontati da pregevoli tele di Onofrio Palumbo (Il San Filippo Neri raccomanda alla Trinità i confratelli e i pellegrini e Il San Gennaro che allontana i fulmini da Napoli, eseguito con la collaborazione di Didier Barra), Andrea Vaccaro (Il Calvario), Francesco Fracanzano (Il Transito di San Giuseppe), Giacomo Farelli (La Visione di Sant'Antonio) e Marcantonio del Santo (L'Immacolata), semisconosciuto allievo di Battistello Caracciolo. Alle spalle della settecentesca balaustra in marmi policromi vi è il presbiterio, il quale è dominato dall'imponente altare maggiore - sul quale si staglia La Santissima Trinità, gruppo scultoreo in stucco di Angelo Viva e ai cui lati vi sono un San Giuseppe con il Bambino della bottega di Paolo De Matteis e una Madonna con il Bambino e San Giovannino di Giuseppe Bonito - ed è arricchito lungo le pareti da quattro grandi tele di Giacinto Diano e da un San Francesco Geronimo di ignoto e un San Filippo Neri in estasi di Paolo Vetri. Gli affreschi monocromo della cupola si devono alla mano di Melchiorre De Gregorio.

Alle spalle del presbiterio vi è un piccolo vano di raccordo (la cui volta venne affrescata da Crescenzo Gamba), dopo il quale si giunge al coro. Quest'ambiente venne progettato da Giovanni Antonio Medrano e decorato sotto la direzione di Giuseppe Astarita. Esso è delimitato da imponenti stalli in legno di noce e contiene tele di Francesco De Mura (di sua mano è La Vergine che intercede la Santissima Trinità per le anime del Purgatorio) e Paolo De Majo (I Quattro Evangelisti).

Nella sacrestia si ammira sull'altare una tela di Giuseppe Bonito; mentre negli ambienti privati dell'Arciconfraternita sono conservate decine di opere d'arte (dipinti di artisti come Pietro Bardellino, Nicola Malinconico, Andrea Vaccaro, Carlo Maratta, Bernardino Campi e altri, sculture e paramenti sacri), risalenti a diverse epoche e pervenute soprattutto grazie a donazioni.

Altre immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Vincenzo Regina, Le chiese di Napoli. Viaggio indimenticabile attraverso la storia artistica, architettonica, letteraria, civile e spirituale della Napoli sacra, Newton e Compton editore, Napoli 2004.
  • Alfonso D'Orsi, Le sculture della Passione. Memorie della settimana santa tra XVI e XVII secolo nell'Arciconfraternita dei Pellegrini di Napoli, Napoli, Guida, 2012.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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