Castello dell'Abbadia

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Castello dell'Abbadia
Il castello e il ponte del diavolo
StatoStato della Chiesa, Ducato di Castro (1537-1649), Regno d'Italia, Repubblica italiana
Stato attualeBandiera dell'Italia Italia
RegioneLazio
CittàCanino
Coordinate42°25′46.45″N 11°37′56.01″E / 42.42957°N 11.632226°E42.42957; 11.632226
Informazioni generali
TipoCastello
Stilemedioevale
Inizio costruzioneXII secolo
Materialetrachite
Condizione attualesede del Museo Archeologico Nazionale
Proprietario attualeMinistero dei beni culturali
Visitabilesi
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Il castello dell'Abbadia, o di Vulci, che sorge nei pressi di Canino, in provincia di Viterbo, fu eretto a riparo di un suggestivo ponte etrusco-romano, detto dell'arcobaleno o del diavolo (III sec. a.C.), alto trenta metri e dominante sul fiume Fiora.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il castello e il ponte

Il castello, in origine, era un'abbazia benedettina (da cui il nome), dedicata a san Mamiliano: la sua posizione strategica nella zona tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana e l'importante arteria su cui vigilava il ponte, rendevano l'edificio conteso e appetibile. Infatti, dal XII secolo in poi, gli Aldobrandeschi, Orvieto e i Prefetti di Vico se lo contesero aspramente modificandone l'aspetto e trasformandolo in castello fortificato, in forma trapezoidale e con torre di vedetta.[1]

Nel 1430 Ranuccio Farnese il Vecchio ebbe il maniero in feudo e nel 1513 il cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III, lo ebbe in vitalizio e vi dimorò piacevolmente quando gli impegni da porporato lo permettevano.
Il futuro pontefice modificò la struttura esterna ed interna del castello nella maniera in cui lo si vedrà nei secoli futuri.
Nel 1537 l'Abbadia fu inserita nel Ducato di Castro che il papa Farnese aveva appositamente costituito per il figlio Pier Luigi: rientrò nello Stato della Chiesa nel 1649 dopo la distruzione della città.[2]

Nel periodo napoleonico il castello fu assegnato a Luciano Bonaparte, fratello dell'imperatore, come principe di Canino. In seguito passò ai Torlonia, ma nel corso dell'Ottocento, vista la sua posizione decisiva, fu adibito a dogana pontificia.
Dopo anni di incuria il complesso fu incamerato dallo Stato italiano e diventò la sede del Museo Archeologico Nazionale di Vulci.[3]

Lo scrittore inglese David Herbert Lawrence dà una penetrante descrizione del castello, in occasione di una visita alla fine del XIX secolo[4]:

«"A ridosso del ponte, da questa parte, è la nera costruzione del castello rovinato, con l'erba che spunta dall'orlo dei muri e dalla nera torre. Come il ponte è costruito con blocchi di tufo spugnoso, bruno-rossiccio, ma molto più quadrati. E c'è all'interno un vuoto tutto speciale, Il castello non è interamente in rovina, è una specie di casa rurale.....".»

Museo nazionale archeologico di Vulci[modifica | modifica wikitesto]

Il castello ospita dal 1975[5] il Museo nazionale archeologico di Vulci, dove sono esposti reperti provenienti dagli scavi archeologici di Vulci.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Barelli, p. 31
  2. ^ Dennis, p. 29
  3. ^ Lucchesi, p. 42
  4. ^ Lawrence, p. 45
  5. ^ "In particolare il Museo è stato costituito nel 1975 ed offre un panorama completo della città etrusco-romana di Vulci: raccoglie infatti materiale proveniente da scavi effettuati dall'Ottocento ai primi anni 2000 soprattutto nelle vastissime necropoli" in https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=155188&pagename=157031 Archiviato il 13 luglio 2018 in Internet Archive.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. Barelli, Castelli e rocche. Viterbo, Roma 2011.
  • G. Dennis, Vulci, Canino, Ischia, Farnese, Castro Valentano, Rende 1993.
  • D.H. Lawrence, Libri di viaggio e pagine di paese, Milano 1961.
  • E. Lucchesi, Torri, castelli e città del viterbese, Roma 1984.
  • A.M. Sgubini Moretti, Vulci e il suo territorio, Roma 1993.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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