Caserma Vittorio Emanuele II

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Caserma Vittorio Emanuele II
Veduta ex Caserma Cavalleria
Stato attualeItalia
CittàVoghera
Informazioni generali
Costruzione1857-1864
Condizione attualein uso
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La caserma Vittorio Emanuele II è un complesso monumentale di natura militare di Voghera, edificato tra il 1857 e il 1864.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La realizzazione[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la dichiarazione di guerra all'Impero austriaco da parte del Regno di Sardegna nella prima guerra d'indipendenza italiana, sull'onda dell'entusiasmo l'amministrazione comunale di Voghera (piccola porzione dell'ex Ducato di Milano all'epoca appartenente appunto al Regno di Sardegna) il 4 aprile 1849[2] rivolse un'istanza al governo piemontese perché fosse restituita in pianta stabile alla città la già assegnata guarnigione del 1º Reggimento "Nizza Cavalleria". In seguito si occupò del reperimento delle terre da adibire alla costruzione di una nuova e ampia caserma, in modo da disporre di spazi adeguati in cui alloggiare in modo permanente le truppe, in precedenza ospitate in vari e vetusti edifici militari. Si sperava in tal modo di favorire una risposta positiva da parte delle autorità preposte ed evitare che località concorrenti potessero ottenere l'assegnazione della guarnigione. Poiché per casa Savoia il vogherese era una provincia relativamente recente (acquisita con il trattato di Worms del 1743 e recuperata con il congresso di Vienna del 1815), "calda" e strategicamente rilevante in quanto a ridosso del confine austro-ungarico, la richiesta fu accolta senza particolari difficoltà.

Nel 1850 venne scelto l'ampio appezzamento di terreno (circa 45 000 m²) di proprietà di Domenico Pezzi ubicato ad ovest della città, fuori della cinta muraria, poco distante da porta Rossella dove confluivano le strade provenienti da Mortara a nord e da Piacenza a sud. In seguito si passò alla formazione di una commissione per il reperimento dei fondi necessari all'impresa. Il progetto ottenne un ottimo consenso popolare facendo sì che i cittadini partecipassero alla spesa attraverso una sottoscrizione di offerte: 600 000 lire in cartelle, oltre a 100 000 lire da parte dell'Ospedale di Voghera e un mutuo di 150 000 lire della Cassa depositi e prestiti. Il costo definitivo dell'opera, però, supererà alla fine il milione di lire.[2]

Nel 1854 vennero presentati dall'ingegnere vogherese Paolo Cornaro (vincitore tre anni prima del relativo concorso) i progetti che, dopo la dichiarazione ministeriale di "opera di pubblica utilità" (3 ottobre 1855), furono approvati dal re nel 1856. In quello stesso anno venne posta la prima pietra, anche se i lavori veri e propri ebbero inizio nel 1857. Il 26 maggio 1858, durante una visita alla città, re Vittorio Emanuele II ne inaugurò i locali già pronti insieme a Cavour e accettò l'intitolazione al suo nome della caserma[3] nella quale, alla vigilia della seconda guerra d'indipendenza italiana, si era stanziato il reggimento dei "Cavalleggeri di Alessandria".[4] La prima parte dell'edificio (il maneggio) fu collaudata nel 1860 e la seconda, conclusiva, nel 1864.[5]

Interventi e utilizzi successivi[modifica | modifica wikitesto]

Al 1880 risale il primo ampliamento della caserma, cui ne seguirono altri compresa la costruzione di una nuova ala (la casermetta Montebello) sul lato meridionale (via Marsala) nel 1929-1931.[9] Durante la prima guerra mondiale l'ampia struttura vogherese fu utilizzata come deposito militare dei "Cavalleggeri Guide" e dei "Cavalleggeri di Roma"; i "Cavalleggeri del Monferrato" furono invece l'ultimo reggimento di cavalleria di guarnigione a Voghera[10] e vennero sciolti dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Durante la successiva Repubblica Sociale Italiana, il 4 febbraio 1944 la caserma cambiò denominazione venendo intitolata al tenente Attilio Bonfiglio Zanardi,[11] medaglia d'oro al valor militare.[12] Otto mesi dopo, la ribattezzata caserma fu teatro di una clamorosa azione dei partigiani che, nella notte del 5 ottobre 1944, vi penetrarono in una ventina travestiti da tedeschi, sorpresero nel sonno i militi del battaglione San Marco e, senza colpo ferire, nel giro di tre ore se ne andarono portando con sé alcuni automezzi carichi di prigionieri (76 in tutto, compresi 9 ufficiali), armi pesanti e leggere, munizioni d'ogni genere, medicinali, uniformi e coperte.[13]

Terminata la seconda guerra mondiale, cominciò la riconversione a uso civile del vasto immobile ormai pressoché inutilizzato e dal 1948 la casermetta Montebello ospitò la Scuola media governativa, intitolata dal 1951 al poeta Giovanni Pascoli.[9] Dismesso ufficialmente dai militari nel 1964, il "grandioso complesso monumentale"[2] divenne monumento vincolato dalla Sopraintendenza nel 1966 e venne parzialmente e progressivamente ristrutturato dal comune che adibì il lato orientale, con ingresso da via Gramsci, a sede della Biblioteca Civica Ricottiana,[14] del Museo storico militare "Giuseppe Beccari"[15] e del Museo di scienze naturali. Nel lato settentrionale, con ingresso da corso Rosselli, col tempo hanno invece trovato posto numerosi uffici comunali (Polizia Locale, Servizi Sociali, Lavori Pubblici, Commercio, Economato ecc.). In attesa di un imponente intervento di ristrutturazione che consenta il trasferimento di tutti gli uffici comunali nell'ex caserma e la realizzazione di un parcheggio interrato,[16] attualmente i suoi ampi piazzali ospitano ogni anno, oltre a vari concerti di musica leggera, i padiglioni e le attrazioni della Sensia, la Fiera dell'Ascensione che, risalendo al 1382, è la più antica di tutta la Lombardia.[17]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La caserma Vittorio Emanuele II presenta alcune differenze peculiari rispetto a quelle delle zone limitrofe. Fin dall'inizio, infatti, venne concepita specificatamente come alloggio per le truppe e non subì quindi alcuna "riconversione" a tale scopo, com'era invece accaduto in precedenza anche nella stessa città di Voghera. Inoltre era l'unica caserma di proprietà e di costruzione interamente comunale.

Venne edificata sull'esempio del Quartier Grande di Venezia, ovvero con una grande piazza d'armi centrale racchiusa da un numero variabile di corpi di fabbrica. Il complesso venne infatti progettato in modo da alloggiare un intero reggimento di cavalleria (quattro squadroni); pertanto doveva ospitare 600 cavalli e altrettanti soldati, senza tralasciare le camere per gli ufficiali di sorveglianza, magazzini per foraggi, corpi di guardia, camerini di disciplina, maneggio coperto e porticati. Grazie alla vasta estensione dell'area messa a disposizione e all'ubicazione fuori città, quindi senza particolari vincoli urbanistici da rispettare per il progettista, la caserma di Voghera risultò infine la più ampia di tutto il regno sardo.[18]

Come detto, il complesso si sviluppa su una vasta superficie che ha consentito un'organizzazione spaziale di grande respiro anche se rispettosa delle diverse esigenze funzionali delle sue parti, secondo gli stilemi "razionalistici" del Neoclassicismo; nella fattispecie, il piano terra era ovviamente destinato alle stalle per i cavalli e alle diverse attività legate alla loro presenza, con un'inusuale attenzione agli aspetti igienici (ad esempio, l'utilizzo dei ciottoli di fiume per la pavimentazione delle scuderie o l'accorpamento dei servizi igienici nelle torrette cilindriche interne, ben distinte da camerate, uffici e locali di uso collettivo). I principi dell'architettura neoclassica sono rispecchiati sia nella pianta, caratterizzata da una linearità rigorosa e dalla corrispondenza simmetrica dei corpi di fabbrica, sia negli alzati in cui predomina lo sviluppo orizzontale delle composizioni volumetriche con modestissime concessioni agli elementi decorativi.

La facciata principale (su via Gramsci), racchiusa fra due delle quattro torrette quadrangolari esterne, presenta una muratura bugnata al pian terreno scandita da finestre ad arco e una muratura liscia ritmata da finestre rettangolari incorniciate al piano superiore; al centro, l'avancorpo con l'ingresso è leggermente sporgente, qualificato da sette arcate, di cui solo le tre mediane aperte, e sormontato, al di sopra del cornicione a mensole, da un grande fastigio marmoreo con stemma, stendardi e cavalli in posa araldica cui è conferito il compito di visualizzare la destinazione dell'edificio. La spaziosa corte interna è caratterizzata da una serie di ampi loggiati a due ordini sovrapposti, aperti con archi a tutto sesto voltati su pilastri.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ "Caserma di cavalleria Vittorio Emanuele II", sul sito del Comune di Voghera Archiviato il 22 ottobre 2014 in Internet Archive..
  2. ^ a b c "La Caserma di Cavalleria", sul sito del Museo Storico "Giuseppe Beccari".
  3. ^ Roberto Lodigiani, "Voghera, i suoi caduti e il re soldato", su la Provincia Pavese del 3 novembre 2013.
  4. ^ Brignoli 2007, op. cit., p. 11.
  5. ^ a b Massimiliano Carrapa, Studio di fattibilità - Recupero funzionale ex Caserma di Cavalleria, Voghera, Comune, ottobre 2013. Il testo è disponibile su Google, ma qui bloccato dal filtro anti-spam.
  6. ^ La terza guerra di indipendenza italiana.
  7. ^ Cioè i Lancieri di Aosta.
  8. ^ Il passo è tratto da Brignoli 2007, op. cit., pp. 56-57.
  9. ^ a b Maria Teresa Zambianchi, La Scuola Media Pascoli ieri e oggi, sul sito della Scuola Media Pascoli Archiviato il 21 ottobre 2013 in Internet Archive..
  10. ^ Brignoli 2007, op. cit., pp. 10 e 66.
  11. ^ Fabrizio Bernini, "O patria mia - L'8 settembre nella grande caserma vogherese", sul Giornale di Voghera del 5 settembre 2013, su giornaledivoghera.it. URL consultato il 4 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 13 novembre 2014).
  12. ^ Caduto a Gusciabbai il 29 agosto 1937, in un'azione di polizia contro la guerriglia etiope. Cfr. "Zanardi Bonfiglio", sul sito della Presidenza della Repubblica.
  13. ^ Racconto di Tino Casali sul sito dell'ANPI di Voghera, che differisce in alcuni particolari dal resoconto riportato nel volume di Arturo Barioli, Ambrogio Casati e Marisa Cassinelli, Storia della Resistenza in provincia di Pavia, Pavia, Provincia, 1959, p. 68.
  14. ^ "Biblioteca", sul sito del Comune di Voghera Archiviato il 22 ottobre 2014 in Internet Archive..
  15. ^ Museo storico di Voghera "Giuseppe Beccari", sul sito del Comune di Voghera Archiviato il 22 ottobre 2014 in Internet Archive..
  16. ^ "Voghera - Tutto il Comune all'ex Caserma", su Voghera sei tu del 2 agosto 2010.
  17. ^ "Area fieristica", sul sito della 632ª Fiera dell'Ascensione di Voghera Archiviato il 3 giugno 2014 in Internet Archive..
  18. ^ "Ex-caserma di cavalleria «Vittorio Emanuele»", sul sito webalice Archiviato il 10 novembre 2014 in Internet Archive..

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Marziano Brignoli (a cura di), Cavalleria a Voghera. I reggimenti di guarnigione a Voghera dal 1859 al 1943, Voghera, Ceo, 2007. Il testo è consultabile anche on line Archiviato il 24 settembre 2015 in Internet Archive..
  • Scuola Media Pascoli (a cura di), Storie e leggende popolari vogheresi, Voghera, Ceo, 2004.
  • La caserma di cavalleria tra storia e leggenda (atti dell'omonimo convegno di studi del 17 aprile 1999, Museo storico di Voghera), Voghera, Scuola media statale Giovanni Pascoli, 1999.
  • Marziano Brignoli, "La Caserma di Cavalleria di Voghera", in Esercito e città dall'Unità agli Anni Trenta (atti dell'omonimo convegno nazionale di studi, Spoleto, 11-14 maggio 1988), Perugia, Deputazione di storia patria per l'Umbria, 1989, vol. 2, pp. 701-722.

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