Carmelo Palladino

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Carmelo Palladino (Cagnano Varano, 23 ottobre 1842Cagnano Varano, 19 gennaio 1886) è stato un rivoluzionario italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giovanissimo si allontana dal suo paese natale e giunge a Napoli per frequentare nelle scuole pubbliche gli studi classici. Dei suoi primi anni trascorsi nella cittadina garganica ed a Napoli stessa si conosce ben poco, ma è certo che si laurea abbastanza giovane in giurisprudenza in quella Università, come pure è accertato che dopo aver conseguito la laurea non tiene ad indirizzare il suo impegno verso l'approfondimento degli studi giuridici compiuti, infatti non mostra alcun interesse di indossare la toga forense seguendo il volere dei familiari.

Rifiutando quindi il vantaggio che gli proveniva dalle condizioni economiche familiari nonché il privilegio offertogli dalla professione s'introduce invece molto rapidamente nei circoli politici napoletani, indirizzando i suoi interessi verso quegli ambienti della sinistra costituita allora dalle tendenze politiche ed ideologiche più diverse. Il contatto con questi ambienti ed in genere con il pensiero democratico, le riflessioni che andava lui stesso facendo sulle condizioni delle classi subalterne e povere d'Italia, l'orientano però ben presto verso principi ed idee molto avanzate, improntate nel desiderio di un profondo rinnovamento della società.

Trascorso qualche anno, Palladino capì però che il rapporto con le classi povere non poteva esaurirsi nella presa di coscienza delle loro condizioni economiche e sociali. Bisognava trovare il modo ed il mezzo attraverso una «rottura» liberatrice per rovesciarle e sostituirle con nuove condizioni di vita. Ma soprattutto occorreva trovare dei «principi» che facessero da guida a queste azioni di rottura e nello stesso tempo ponessero la base di una nuova società. L'approccio spregiudicato e stimolante a questi principi, resta tuttavia in Palladino sospeso a mezz'aria. Trascorsa però questa prima fase, Palladino approda ad una «politica» rivolta ad ideologie che avevano come progenitore Bakunin.

E non poteva essere diversamente anche perché la teoria di Bakunin a parte il fatto che si riassumeva in principi molto semplici (come la ribellione contro lo Stato ecc.), nel Mezzogiorno rispondeva pienamente ad esigenze rinnovatrici. Inoltre individuava nei ceti della campagna presi da secolare malcontento, insieme agli intellettuali emarginati, la forza motrice della rivoluzione. Praticamente, le stesse forze intorno a cui ruotava tutta l'azione di Palladino sia quando abitava a Cagnano Varano sia quando abitava a Napoli. A differenza di molti giovani democratici e di sinistra, conquistati ad un vago progressismo, il problema che il giovane rivoluzionario garganico si pone sin da principio si articola quindi intorno a grandi linee di fondo della rivoluzione sociale. Animato da questi principi inizia così in quegli anni la vita politica, precisamente è difficile dirlo con esattezza a causa della mancanza d'informazioni, comunque, non prima dell'anno 1867.

Fino a quell'epoca, è certo, il nome di Palladino non corre tra le carte che indicano i nomi di quelli che operavano nella città partenopea, allora centro importante dell'internazionalismo e del socialismo in Italia. Il Nettleau, che ha tracciato la storia più documentata del bakuninismo in Italia, infatti, nel pubblicare i nomi dei 33 invitati che il 1º maggio 1867 si riunirono in casa Gambizzi di orientamento socialista, non menziona Palladino. Né d'altra parte il suo nome figura tra quelli che operarono in precedenza a Napoli, magari sotto altre forme. Cosicché è da ritenere che il primo impatto con la politica Palladino lo ebbe più in là, nel 1868 inoltrato, allorquando cioè prende per la prima volta contatto col gruppo degli internazionalisti napoletani.

È accertato però che all'inizio le relazioni che Palladino mantiene con questo gruppo, sono piuttosto formali, senza cioè il carico di funzioni attive, che assumerà invece solo alla fine del 1868. Da allora diventa infatti uno dei più attivi nella organizzazione e nella propaganda, fino ad assumere un rilievo di primo piano. D'altronde sarà lui stesso a metterci al corrente di questa circostanza. In una lettera che alcuni anni dopo la sua attività partenopea, il 1º ottobre 1876, indirizzerà ad Andrea Costa. Intorno alla fine dell'anno 1870-inizio 1871, in effetti, la presenza politica di Palladino nella vita dell'Internazionale appare imponente. Era il momento in cui il grave inasprimento della situazione internazionale aveva portato alla insurrezione proletaria in Francia. Palladino che aveva seguito con passione la vicenda francese e ne aveva intuito il suo significato storico, non tarda molto ad inserirsi in quel dibattito. Nel gennaio del 1871 Gustavo Flourens, un giovane intellettuale francese caduto nella Comune di Parigi, pubblica un libro, Paris livré. Il volume viene tradotto in italiano con il titolo Parigi ceduta da Palladino, il quale, per rendere più larga la diffusione dell'opera e per meglio far comprendere in Italia il valore storico che animava impresa del proletariato, ne cura anche l'annotazione (Napoli, Ferrante, 1871).

L'opera si rivelò senz'altro di notevole utilità per il Movimento Operaio. Nasce di qui la decisione di Palladino di affrontare con i mezzi a sua disposizione un'opera di propaganda ideologica. In questo clima va collocato l'incontro di Palladino con Enrico Malatesta, figura notevole del movimento internazionale. Quasi nello stesso periodo un altro fortunoso incontro porta Palladino a contatto con un altro giovane che si rivelerà poi una delle più forti personalità politiche dell'epoca. Dopo numerosi e lunghi viaggi per l'Europa, durante i quali a Londra ebbe occasione di stringere amicizia con Marx ed Engels, nella primavera del 1871 un giovane di grande cultura e di straordinario talento politico, Carlo Cafiero, approda a Napoli dalla natia Barletta. Benché uniti nella stessa Internazionale, è noto, i due schieramenti, quelli di Marx-EngeIs e quelli di Bakunin si guardavano allora reciprocamente con relativa diffidenza. Tuttavia pur nella diversità di vedute tra i due giovani rivoluzionari pugliesi si stabilì subito un rapporto cordiale di amicizia e di intesa politica. Fu così che Cafiero poté compiere un primo esame della situazione e nello stesso tempo informare Engels del «completo sfacelo» trovato a Napoli e tracciare anche un profilo della vera attività degli amici di Bakunin, nonché delle cause economiche e sociali che determinavano tale crisi all'interno del Movimento proletario. In questo contesto intanto per poter portare avanti la linea politica dell'Internazionale il problema centrale per Cafiero era quello di ridar fiducia ed efficacia alla sezione e, tenendo connessi i due momenti, imprimere una svolta al movimento.

Ma con quali elementi della sezione operare? In verità la scelta per Cafiero non fu difficile. Capì che per tale operazione in quello stato aveva bisogno di alleati che poggiassero il loro impegno militante su basi di rigore morale ed intellettuale. In effetti Cafiero insieme a pochi compagni, unitamente a Palladino e Malatesta, si dedicherà a riorganizzare la sezione su basi nuove. Oltre al problema del reclutamento si fa presente in loro però l'esigenza di un'elevazione ideologica come base di un nuovo rapporto con i lavoratori raccolti intorno al partito. Viene istituita infatti subito dopo una scuola il cui obiettivo preciso era l'educazione politica degli operai associati all'Internazionale, dei loro figli e di quanti non fossero ancora toccati dall'istruzione. Nel loro lavoro si viene a stabilire quindi con grande profitto un rapporto dialettico tra teoria e pratica, tra lavoro politico e lavoro ideologico. La Sezione partenopea progrediva nonostante l'ira del Governo. Le scuole istituite per gli operai furono affollatissime. Merito quindi di Palladino, di Cafiero e di altri giovani se la sezione di Napoli poté riprendere la vita e collocarsi addirittura al centro del movimento internazionalista in Italia. Non c'era bisogno di particolare intuito per capire però che tutto ciò non poteva non suscitare l'interesse della polizia e del governo, il quale sempre più allarmato delle notizie che riceveva reagisce con comprensibile durezza. Il 14 agosto 1871 il ministro dell'Interno Lanza con proprio decreto infatti ordina lo scioglimento della sezione ed il sequestro del materiale organizzativo e propagandistico «in quanto la società costituisce un'offesa permanente alle leggi e alle istituzioni della nazione».

Cinque giorni dopo, il 19 agosto, la casa di Palladino, che allora era segretario corrispondente della sezione dell'Internazionale, viene perquisita, le sue carte sequestrate e lui stesso arrestato ed incarcerato, insieme a Cafiero, colpevoli «di aver tentato di cambiare le forme di governo». Il pretesto per distruggere il movimento è più che evidente. L'istruttoria infatti, qualche mese dopo, non porterà elementi incriminanti e gli arrestati verranno subito messi fuori. Lo stesso procedimento, dirà Palladino, «finì col solito non farsi luogo a procedere»

Lasciato il carcere e tornati alla libertà il gruppo e Palladino, instancabili riprendono subito l'attività ed il lavoro di propaganda. Lo sforzo più costante per loro e più logorante, naturalmente, fu la riorganizzazione della sezione disciolta, la quale viene ricostruita sotto altro nome. Consolidata la situazione a Napoli, quasi contemporaneamente il gruppo si dedica ad una propaganda intensa dell'idea anarchica in tutta l'Italia, dal Nord al Sud. I successi furono alquanto consistenti. Riferendoci solo in Puglia, oltre ai circoli formatisi in terra di Bari, vengono costituiti circoli in Capitanata (sezioni di Foggia, Cerignola, Bovino) e nel Gargano (sezioni di Cagnano Varano, Carpino, Sannicandro Garganico).

Nel corso di questo periodo, intanto, mentre procedeva l'attività del gruppo, una sorta di differenziazione, anche se non apparente, delle posizioni ideologiche si manifesta nel suo interno. Cafiero, è noto, rimaneva sempre legato a Marx ed Engels essendo fiduciario per l'Italia del Consiglio Generale di Londra. Gambuzzi, Caporusso ed altri, dal canto loro, erano e restavano su posizioni chiaramente bakuniniane. Palladino e Malatesta, invece, in questo momento pare non assumessero posizioni decise per l'una e per l'altra tendenza, occupandosi prevalentemente della situazione organizzativa della sezione stessa. Ma appena uscito dal carcere, la posizione politica di Palladino si rivela più netta e precisa. Il suo orientamento per Bakunin sembra abbia fatto proprio in questo periodo, notevoli passi avanti. Questa convinzione tra l'altro la ricaviamo dal famoso Taccuino di Bakunin, sul quale vi è un'annotazione significativa: «lettera di Palladino». L'importanza di questa annotazione è notevole tanto per sé ma come per la storia dell'Internazionale e dell'anarchia in Italia. «Questo è infatti il primo contatto diretto col gruppo dei nuovi attivisti di Napoli, fondamentale per lo sviluppo dell'Internazionale in Italia. Da questo momento Palladino quindi soggiace al fascino di Bakunin. E nello stesso tempo la sua convinzione determinerà una vera svolta alla sezione di Napoli che di lì a pochi mesi subirà una reale influenza anarchica.

In risposta alle decisioni della Conferenza di Londra (15-23 settembre 1871), appositamente convocata dal Consiglio Generale per mettere ordine nel movimento (consenziente o no Bakunin), i gruppi anarchici, tempestivamente e con risolutezza organizzano il 12 novembre un loro congresso a Sonvillier, in Svizzera, allo scopo di confutare e respingere ufficialmente i deliberati di quella conferenza. È chiaro che dalle due conferenze scaturiscono con evidenza due concezioni ideologiche e politiche distinte nell'ambito del Movimento Operaio tra loro inconciliabili. Anche a Napoli, negli ambienti internazionalisti, la conferenza di Londra solleva vivaci opposizioni. Del gruppo dirigente il primo a reagire è Carmelo Palladino. Il 13 novembre 1871, Palladino infatti invia ad Engels una sua lettera con la quale non senza un'intransigenza che sconfina in polemica, gli esprime in maniera netta e senza mezzi termini il suo dissenso. Quantunque per questo atto non si possa ancora parlare di adesioni alle posizioni di Bakunin, è chiaro che siamo in presenza di una netta contestazione in parte politica, in parte teorica alle tesi di Londra e quindi di Marx ed Engels da parte di Palladino. È evidente che questa posizione del rivoluzionario cagnanese non piacque ad Engels, il quale il 23 novembre 1871 da Londra indirizza a Palladino tramite Cafiero una seconda lettera. Engels dopo quella lettera ha dovuto con rammarico constatare come ormai per Palladino non c'era proprio nulla da fare, tanto era contrariato dalle decisioni autoritarie di Londra. E la conferma viene qualche mese dopo dallo stesso Cafiero, il quale, il 20 dicembre dello stesso anno ritornando a scrivere ad Engels dirà:

«Voi avete ragione di lagnarvi del modo come Palladino vi scrisse mentre la vostra lettera mi piacque moltissimo. Devo dirvi però che Palladino è uno dei nostri più sicuri amici, ma seguirebbe Bakunin anche contro di noi e chiunque altro, tanto è cieco per lui.»

Ma all'inizio dell'anno per Palladino un fatto strano quanto imprevisto viene a determinarsi: proprio nel pieno della maturità di studio e d'ingegno, improvvisamente s'allontana da Napoli per stabilirsi a Cagnano Varano il suo paese natio. Quali siano state le cause, a tutt'oggi non ancora e dato di conoscere. Durante quel periodo, Palladino ricoprì incarichi forensi per conto del comune nativo, possedendo però sempre contatti con personaggi che riguardavano la sfera anarchica italiana. Un ultimo avvenimento noto, risale al maggio del 1881 quando a Palladino giunse un pacco contenente manifesti in lingua francese che incitavano alla rivolta. Da allora in poi non si ebbero più notizie della sua attività politica.

Il 19 gennaio del 1896 la vita di Carmelo Palladino fu improvvisamente stroncata. Un sicario lo colpì con un'ascia alle spalle ferendolo mortalmente.

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