Capucine

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Capucine
Capucine nell'aprile 1962

Capucine, pseudonimo di Germaine Hélène Irène Lefebvre (Saint-Raphaël, 6 gennaio 1928Losanna, 17 marzo 1990), è stata un'attrice e modella francese.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Germaine Lefebvre adottò il nome d'arte Capucine, che è il nome francese del Tropaeolum, il nasturzio. Malgrado i desideri della famiglia, che avrebbe sognato per lei una carriera da insegnante,[1] debuttò sul grande schermo nel 1948, all'età di 20 anni, con una parte nel film L'aquila a due teste di Jean Cocteau, cui seguì un altro breve ruolo in Le sedicenni (1949), diretto da Jacques Becker. Terminati gli studi superiori, si laureò in lingue straniere in Francia.

Alta, snella, con un volto dai lineamenti classici e dotata di una naturale eleganza, Capucine diventò un'indossatrice di alta classe,[1][2] molto richiesta da celebri stilisti come Christian Dior e Pierre Balmain[3].

Mentre lavorava a Parigi per il celebre marchio Givenchy, divenne grande amica di Audrey Hepburn e fu notata dal produttore Charles Feldman, che le propose di trasferirsi a Hollywood. Giunta in America nel 1958, Capucine incontrò l'attore John Wayne, che pensò a lei per il ruolo di protagonista femminile nel suo imminente film Un dollaro d'onore, a cui però l'aspirante attrice dovette rinunciare poiché non conosceva l'inglese[3]. Charles Feldman la inviò quindi a Hollywood per farle seguire un corso di recitazione e arte drammatica con il maestro Gregory Ratoff, e nel frattempo per consentirle di perfezionare il suo inglese[3]. Poco dopo firmò un contratto con la Columbia e nel 1960 apparve come protagonista nel dramma Estasi, nel ruolo di una principessa russa, in una biografia romanzata della vita e gli amori di Franz Liszt (Dirk Bogarde).

Questa prima apparizione americana venne lodata dalla critica, che unanimemente riconobbe la bellezza di Capucine, valorizzata dai costumi di Jean Louis e dalla fotografia di James Wong Howe[3]. Il film successivo fu la commedia d'avventura Pugni, pupe e pepite (1960) di Henry Hathaway, in cui ritrovò John Wayne e recitò anche con Stewart Granger, nel ruolo di Michelle Bonnet, detta "Angelo", un'affascinante ballerina di saloon che riesce a conquistare il rude cercatore Sam McCord (Wayne) sullo sfondo dell'Alaska del primo Novecento, durante la mitica corsa all'oro. Nella prima metà degli anni sessanta la carriera dell'attrice fu intensa, con la partecipazione a diverse produzioni di successo, tra cui le celebri commedie brillanti La Pantera Rosa (1963) di Blake Edwards, in cui interpretò la moglie infedele dell'ispettore Clouseau (Peter Sellers), e Ciao Pussycat (1966) di Clive Donner, nel quale impersonò una ninfomane che viene presa in cura da uno psichiatra dongiovanni (ancora Peter Sellers). Partecipò poi nel ruolo della gelida principessa Dominique al film Masquerade (1967) di Joseph L. Mankiewicz, raffinata commedia d'intrighi e d'inganni, accanto a Rex Harrison, Susan Hayward e Maggie Smith.

Capucine nel trailer di Pugni, pupe e pepite (North to Alaska) di Henry Hathaway (1960)

Le commedie sofisticate furono i film in cui ebbe modo di fornire le interpretazioni più interessanti, prendendo garbatamente in giro il proprio personaggio di donna di mondo algida ed elegante[1]. Tra le altre sue interpretazioni degli anni sessanta, da ricordare quelle nei film d'avventura Il leone (1962), e La settima alba (1964), entrambi accanto all'attore William Holden, al quale Capucine fu sentimentalmente legata per alcuni anni, nonostante lui fosse sposato con l'ex attrice Brenda Marshall[4]. Trasferitasi a Losanna, in Svizzera, dopo la metà degli anni sessanta, l'attrice continuò ad apparire in svariate produzioni europee, fra le quali sono da ricordare il film di spionaggio Fräulein Doktor (1969), di Alberto Lattuada, in cui interpretò l'ambiguo personaggio di Saforet,[2] e il Fellini Satyricon (1969) di Federico Fellini, nel ruolo dell'enigmatica Trifena, ma la sua carriera di diva internazionale era giunta al termine[1].

La sua popolarità iniziò a declinare all'inizio degli anni settanta, anche se continuò ad apparire sul grande schermo, seppur in pellicole commerciali di produzione italiana e francese, di scarso interesse artistico[2]. Afflitta da depressione e da altri problemi di salute, nel 1990 si tolse la vita gettandosi dall'ottavo piano del suo condominio di residenza a Losanna (già in passato aveva tentato il suicidio tagliandosi le vene, ma era stata salvata in extremis)[5]. Aveva 62 anni; sul necrologio del New York Times venne riportato che gli unici eredi della sua fortuna erano i suoi tre gatti[senza fonte].

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1950 sposò l'attore e doppiatore Pierre Trabaud, noto per aver dato voce al personaggio di Joe Dalton, unione che durerà solamente sette mesi. Dopo il divorzio non si sposò più.

Influenze culturali[modifica | modifica wikitesto]

Il personaggio della Duchessa Altea di Vallenberg, del fumetto Diabolik, è stato ispirato da lei[6].

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Televisione[modifica | modifica wikitesto]

Pubblicità[modifica | modifica wikitesto]

  • Negli anni dal 1968 al 1970 interpretò una serie di sketch della rubrica pubblicitaria televisiva italiana Carosello, pubblicizzando le confezioni femminili Cori del Gruppo Finanziario Tessile.[7]

Doppiatrici italiane[modifica | modifica wikitesto]

Nelle versioni in italiano dei suoi film, Capucine è stata doppiata da:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Il chi è del cinema, De Agostini, 1984, pag. 82-33
  2. ^ a b c Le Garzantine - Cinema, Garzanti, 2000, pag. 169.
  3. ^ a b c d Dominique Lebrun, Paris-Hollywood. Les français dans le cinema américain, Editions Hazan, 1987, pag. 214-216
  4. ^ Lawrence J. Quirk, The Complete Films of William Holden, The Citadel Press, 1986, pag. 32.
  5. ^ Addio Capucine diva troppo triste, La Repubblica, 21 marzo 1990
  6. ^ I misteri di Vallenberg, in Il grande diabolik, vol. 2007, n. 15.
  7. ^ Marco Giusti, Il grande libro di Carosello, II edizione, Sperling e Kupfer, ISBN 88-200-2080-7, p. 269

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN265178330 · ISNI (EN0000 0003 7405 926X · LCCN (ENn95002985 · GND (DE1019545712 · BNE (ESXX1169150 (data) · BNF (FRcb13928686p (data) · J9U (ENHE987007417404205171 · CONOR.SI (SL90809443 · WorldCat Identities (ENviaf-265178330