Cappella di San Cristoforo (Amalfi)

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Cappella di San Cristoforo
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneCampania
LocalitàAmalfi
Religionecattolica
TitolareSan Cristoforo
CompletamentoXIX secolo

La cappella di San Cristoforo è una cappella sconsacrata, parzialmente distrutta e pericolante, che si trova ad un km circa da Amalfi nella cavità maggiore del vallone del Cieco.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La cappella originaria risalirebbe all'XI secolo, quando il duca Mansone II[1], detto il cieco (tale soprannome diede il nome a tutta la zona circostante), decise di farla erigere mentre l'edificio attuale è frutto di un rifacimento del XIX secolo.

Negli anni '80 la caduta di un enorme masso dalla parete rocciosa sovrastante la cappella rese inagibile la struttura, distruggendo il tetto e l'altare maggiore.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La cappella presenta una facciata a capanna con una finestra di forma triangolare sulla porta d'ingresso mentre, sulla parete sinistra, è presente un affresco raffigurante San Cristoforo che porta Gesù Bambino in braccio attribuito alla scuola di Pietro Scoppetta[2] e restaurato nel 1986.

All'interno invece la chiesetta si presenta come un ambiente ad unica navata, coperto da quel che resta di un soffitto con volta a botte decorata con un motivo a cassettoni. In esso si può vedere ancora, oltre ai resti dell'altare maggiore, la pala d'altare, un affresco di stile bizantino raffigurante la Madonna con Bambino, seppur danneggiato dalla frana; accanto all'aula liturgica vera e propria si trova un locale a elle un tempo adibito a sacrestia.

Nella cappella era inoltre custodita la statua del Santo titolare, San Cristoforo, che venne recuperata dopo la frana ed è ora conservata nella chiesa della Madonna del Pino[3] dalla quale viene portata in processione il 25 luglio[4] .

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/mansone-ii-duca-di-amalfi/
  2. ^ https://www.youtube.com/watch?v=tQmK3XBy1FM
  3. ^ Copia archiviata, su viveresalerno.it. URL consultato il 5 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 6 aprile 2017).
  4. ^ https://www.youtube.com/watch?v=pCYHyS_kONY

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]