Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale

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Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
Fregio ordinario modello 1941
Descrizione generale
Attiva1º febbraio 1923 – 9 dicembre 1943
NazioneBandiera dell'Italia Italia
ServizioForza armata
TipoMilizia con compiti di gendarmeria
RuoloPolizia politica
Pubblica sicurezza
Polizia giudiziaria
Ordine pubblico
Combattimento
Polizia di frontiera
Polizia forestale
Polizia postale
Polizia ferroviaria
Polizia stradale
Polizia amministrativa
Dimensione397.000 uomini (1930)
351.000 uomini (1940)
Comando GeneraleCaserma della MVSN, viale Romania 39, Roma
SoprannomeCamicie Nere
Legionari
Militi
PatronoSan Sebastiano
ColoriNero
MarciaRusticanella (Quando passan le Legion)
Battaglie/guerreRiconquista della Libia
Guerra d'Etiopia
Guerra Civile Spagnola
Invasione dell'Albania
Seconda Guerra Mondiale
Decorazioni20 Ordini militari di Savoia
90 Medaglie d'oro V.M.
1.232 Medaglie d'argento al V.M.
2.421 Medaglie di bronzo V.M.
3.658 Croci di guerra al V.M.
Parte di
Reparti dipendenti
Specialità della Milizia ordinaria:
Milizia coloniale
Milizia confinaria
Milizia universitaria
Milizia per la difesa antiaerea territoriale
Milizia marittima di artiglieria
Milizia fascista albanese
Corpo medico della Milizia
Reparto stampa della Milizia

Specialità della Milizia speciale:
Milizia ferroviaria
Milizia forestale
Milizia portuaria
Milizia postelegrafonica
Milizia della strada
Milizia del fuoco

Milizia non convenzionale:
Moschettieri del Duce
Polizia militare coloniale
Comandanti
Degni di notaBenito Mussolini
Emilio De Bono
Italo Balbo
Asclepia Gandolfo
Attilio Teruzzi
Enzo Emilio Galbiati
Simboli
Fascio Littorio
Mostrina
Bandiera
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La Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (in acronimo, MVSN e talora genericamente identificata con la locuzione camicie nere a causa delle camicie di colore nero adottate quale parte della divisa, come spesso indicato anche nella storiografia non italiana) è stata un corpo di gendarmeria ad ordinamento militare che, dal 1924, entrò a far parte delle forze armate del Regno d'Italia, e sciolto dopo la firma dell'armistizio di Cassibile nel 1943.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La sua fondazione fu decisa ed annunciata dal Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 1922, presieduto da Benito Mussolini, e decretata dal Re Vittorio Emanuele III con regio decreto-legge 14 gennaio 1923, n. 31,[1] (poi convertito in legge il 17 aprile 1925[2]) entrato in vigore il 1º febbraio 1923; essa accorpò le Squadre d'azione del Partito Nazionale Fascista (Camicie nere) e la milizia dei Sempre Pronti per la Patria e per il Re dell'Associazione Nazionalista Italiana (Camicie azzurre).

Dal 1927, l'arruolamento nella MVSN costituì l'atto finale della leva fascista, parallelamente all'iscrizione al Partito Nazionale Fascista, con l'adozione del saluto romano.

Inizialmente pensata come milizia ad uso esclusivo del PNF[3] (rispondeva solo al Capo del governo e a lui solo era dovuto il giuramento[4], in contrasto con l'obbligo di giuramento al sovrano), nel tempo con la "costituzionalizzazione" del fascismo e divenendo forza armata, con un evidente contrasto con il Regio esercito, perse la sua esclusività nei compiti e finì con l'affiancarsi quasi del tutto alle altre forze armate.

Dopo la caduta del fascismo, fu sciolta, con il Regio Decreto Legge del 6 dicembre 1943, n. 16/B, dal governo Badoglio I.[5]

Organizzazione[modifica | modifica wikitesto]

La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale nasceva dall'esigenza del Partito Nazionale Fascista, appena giunto al potere, di irregimentare le squadre d'azione in una vera e propria milizia riconosciuta dallo Stato. A fronte di ciò, Benito Mussolini incaricava una commissione di studio, composta da Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi, Aldo Finzi, Italo Balbo e Attilio Teruzzi, di studiare il problema.

La commissione realizzava un progetto sulla formazione e organizzazione di un corpo di volontari, inquadrato nell'esercito nazionale mediante regolare reclutamento, in una fascia di età compresa tra i 17 e i 50 anni, analogamente ad altri Stati che godevano di altrettante milizie. Questo avvenne per i primi quattro anni. Il servizio di leva obbligatorio poteva essere svolto anche all'interno della milizia.

La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale venne creata il 1º febbraio 1923, sulla base delle vecchie squadre d’azione fasciste, per concorrere a "mantenere all'interno l'ordine pubblico". Il primo comandante generale fu Emilio De Bono, con due comandanti generali, Cesare Maria De Vecchi e Italo Balbo, tutti quadrumviri della Marcia su Roma. Con Regio Decreto del 4 agosto 1924 la M.V.S.N. entrò a far parte delle Forze armate dello Stato, per cui le Camicie Nere prestavano giuramento al re e non al Partito fascista, e la Milizia divenne la quarta forza armata italiana.

La M.V.S.N. era strutturata territorialmente, originariamente su base volontaria, formata esclusivamente da iscritti al Partito Nazionale Fascista di età comprese tra i 16 e i 50 anni (inclusi reduci della prima guerra mondiale e ufficiali del Regio Esercito, promossi di un grado a seguito dell'adesione); dal 1927 venne integrata l'iscrizione su base obbligatoria secondo i precetti della leva fascista, traendo le giovani reclute delle Legioni direttamente dagli avanguardisti con il compimento del 18º anno di età (dal 1930 del 20º anno). Oltre i 36 anni il milite entrava nelle unità territoriali sino ai 55 anni, con il nome di triario.

In caso di mobilitazione, era possibile l'arruolamento volontario nella MVSN in alternativa al servizio militare da prestare presso il Regio Esercito.

Libretto personale per i corsi di istruzione premilitare, gestiti dalla MVSN.

L'organizzazione della Milizia si articolava su un comando generale (il comandante generale era Benito Mussolini, con il grado di Primo caporale d'onore; alle sue dipendenze il capo di stato maggiore, preposto a reggere il comando generale). Il territorio del regno era ripartito in quattro raggruppamenti (Milano, Bologna, Roma, Napoli) al comando di luogotenenti generali. Ogni comando di raggruppamento aveva alle proprie dipendenze un certo numero di gruppi (33 in totale) retti da consoli generali e a sua volta più gruppi costituivano un comando di zona. Ciascun comando di gruppo aveva alle proprie dipendenze un certo numero di legioni ordinarie (120 in tutto) comandate da consoli.[6]

La struttura della M.V.S.N. era a ordinamento ternario: ogni legione si componeva di tre coorti, a loro volta formate da tre centurie; ogni centuria era formata da tre manipoli e ogni manipolo da tre squadre. Dopo alcune modifiche sostanziali all'ordinamento, susseguitesi tra 1929 e il 1935, nel 1939 si tornava alla struttura di partenza.

Un gruppo di legioni, corrispondeva a una brigata, la Legione, corrispondeva a un reggimento, la coorte al battaglione, la Centuria alla compagnia, il manipolo al plotone e la squadra, con una terminologia di ovvia origine romana. Anche i gradi si richiamavano all’antica Roma: i colonnelli della M.V.S.N. erano chiamati consoli, i capitani centurioni, e così via.

La M.V.S.N. era costituita dalla Milizia ordinaria e da quelle speciali. Le specialità della M.V.S.N. erano: Forestale, Stradale, Ferroviaria, Postelegrafonica e Portuale. Alla Milizia ordinaria appartenevano la Milizia Confinaria, quella Coloniale e la Milizia Universitaria, che aveva compiti d’istruzione premilitare. Nel 1930 vennero aggiunte la Milizia per la difesa contraerea (prima D.A.T., poi DICAT) e la Milizia Marittima (MilMart)[7]. Per quanto concerne gli ufficiali, vi erano quelli in servizio permanente effettivo, quelli inclusi nei cosiddetti quadri (non abitualmente in servizio, ma richiamabili) e quelli compresi nella riserva. Il sistema prevedeva la possibilità per gli ufficiali generali e superiori, nonché per i centurioni, di transitare a domanda, dalle altre Forze armate alla Milizia. Il Comando generale, delegato per legge, provvedeva alla nomina degli ufficiali.

Il servizio svolto dai miliziani della MVSN fino al grado di caposquadra (che corrisponde grosso modo a quello di sergente) non era di carattere continuativo, ma si basava su delle chiamate periodiche, in genere in vista di particolari eventi o per ragioni addestrative. La mobilitazione generale era di esclusiva competenza di Mussolini.

Struttura[modifica | modifica wikitesto]

L'organizzazione di tale corpo, oltre ad avere una propria progressione di carriera (succedeva ad esempio che il gerarca Achille Starace fosse contemporaneamente console generale della Milizia e colonnello del Regio Esercito), non poteva prescindere da una propria struttura amministrativa e sanitaria; ugualmente per quanto concerne i cappellani militari.

Reparti della MVSN in piazza di Siena a Roma passati in rivista dal Duce in occasione del decennale della Marcia su Roma 1933
  • Squadra (Squadra) = comandata da un caposquadra (sergente)
  • Manipolo (Plotone) = comandata da un capomanipolo (tenente)
  • Centuria (Compagnia) = comandata da un centurione (capitano)
  • Coorte (Battaglione) = comandata da un seniore (maggiore)
  • Legione (Reggimento) = comandata da un console (colonnello)
  • Gruppo di Legioni (Brigata) = comandate da un console generale (generale di Brigata)
  • Zona (Divisione) = comandata da un ispettore generale di zona poi luogotenente generale (generale di Divisione)

Le specialità della Milizia ordinaria[modifica | modifica wikitesto]

In seno alla Milizia ordinaria erano altresì presenti:

Mussolini decora militi appartenenti a Battaglioni M

A questi si aggiungono i ruoli della Milizia in supporto alle organizzazioni giovanili del Partito Nazionale Fascista:

Le Milizie speciali[modifica | modifica wikitesto]

A fianco della Milizia ordinaria erano presenti le seguenti Milizie speciali:

Reparto stampa della Milizia

Anche la Milizia era dotata di un Ufficio centrale stampa e propaganda con sede presso il comando generale della Milizia. Del comando di questo ufficio fu incaricato il luogotenente generale Auro d'Alba che la strutturò in quattro sezioni:

  • Ufficio stampa interna ed estera
  • Ufficio propaganda
  • Ufficio storico
  • Gabinetto cine-fotografico

L'Ufficio stampa provvedeva alla regolare pubblicazione del quindicinale Foglio d'Ordini che funzionava da notiziario divulgativo sull'attività della Milizia e del periodico settimanale Milizia Fascista. Vennero create anche delle biblioteche di legioni che erano sotto il diretto controllo dell'Ufficio stampa e propaganda. L'Ufficio storico provvide alla compilazione degli albi d'oro dei caduti e dei decorati, con 367 nominativi il primo volume e con 333 nominativi il secondo volume. Il gabinetto cine-fotografico comprendeva una biblioteca, una emeroteca e una fototeca.

L'impiego bellico[modifica | modifica wikitesto]

Il primo scenario operativo della Milizia può essere considerato quello libico, nel settembre del 1923, quando, a fianco delle Milizie speciali e delle legioni territoriali, vennero create delle legioni destinate a combattere in Libia, dove tre legioni presero parte agli scontri di Beni Ulid, El Regima, El Zuetina e Got el Sass. Il buon rendimento profuso dai reparti convinceva il governo a costituire due legioni stanziali sulla cosiddetta quarta sponda: una a Tripoli e l'altra a Bengasi. La I legione della Milizia coloniale, reclutata in Sardegna, diede invece pessimo rendimento. Innanzi tutto era stata reclutata all'esterno del partito fascista, vista la scarsità di fascisti nell'isola, e anzi era servita come mezzo propagandistico per aggregare intorno al nascente regime delle simpatie. Per ottenere un buon numero di reclute tra i numerosi reduci della prima guerra mondiale senza impiego era stata promessa una paga di 17 lire al giorno (contro le 7 dei militari), ottenendo quindi un buon numero di adesioni; poi l'unità era stata portata in Africa settentrionale dopo un troppo breve periodo di addestramento e, al momento del primo incontro con il nemico, constatato che la paga percepita era di sole 7 lire e non 17 come promesso, si era ammutinata. Gli ufficiali avevano completamente perso il polso della situazione e solo l'intervento delle unità del Regio Esercito volse a ripristinare una parvenza di ordine. La legione venne quindi ripartita in centurie presso altri reparti, e reimbarcata verso la Sardegna poco dopo, dove venne sciolta in maniera ingloriosa.[8]

Dopo aver giurato fedeltà a Vittorio Emanuele III, il 28 ottobre 1924, la Milizia si occupava prevalentemente della formazione militare delle giovani schiere e partecipava ad alcune operazioni di soccorso a favore di popolazioni colpite da calamità naturali (Valtellina, 1926).

Nel 1934 si rafforzava l'integrazione col Regio Esercito attraverso delle esercitazioni congiunte.

Guerra d'Etiopia 1935-1936[modifica | modifica wikitesto]

Il vero battesimo del fuoco giungeva nel 1935, durante la guerra d'Etiopia, dove la Milizia arrivò a dislocare sette divisioni e due gruppi di battaglioni, più alcuni reparti minori. Poiché le grandi Unità della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale non disponevano né artiglierie né servizi, venne chiesto al Capo di stato maggiore e sottosegretario alla Guerra Baistrocchi che le divisioni CC. NN. fossero completate ed equipaggiate dal Regio Esercito[9]. Baistrocchi non si oppose, ma a condizione che l’addestramento dei militi e dei reparti venisse rivisto e fosse effettuato sotto la sovrintendenza dello Stato Maggiore del Regio Esercito, e che comandante, vicecomandante e capo di Stato Maggiore delle divisioni della M.V.S.N. fossero ufficiali dell’esercito e non della Milizia. A ogni modo la Milizia poteva schierare le proprie grandi unità a fianco di quelle dell’esercito e va anche detto che il comando della 5ª Divisione CC.NN. "1 febbraio" andò a un ufficiale della M.V.S.N., il luogotenente generale Attilio Teruzzi[10].

La 219ª Legione CC.NN. "Vittorio Veneto" della MVSN schierata nell'Africa Orientale Italiana.

Le divisioni Camicie Nere erano strutturate su tre legioni, la cui consistenza era però inferiore a quella dei reggimenti del Regio Esercito, avendo due battaglioni anziché tre. A ciascuna legione era aggregata una compagnia mitraglieri e una di artiglieria someggiata con pezzi da 65/17. Ogni battaglione CC.NN. comprendeva tre compagnie, ciascuna con sei mitragliatrici leggere. Il battaglione aveva un organico nominale di 20 ufficiali, 650 tra sottufficiali e militi, 52 quadrupedi, 2 autocarri e 18 mitragliatrici leggere. La compagnia comprendeva tre plotoni moschettieri. Ogni divisione Camicie Nere era rinforzata da reparti del Regio Esercito: un gruppo d'artiglieria su tre batterie più la compagnia comando, recante il numero della divisione.

La chiamata alle armi in occasione delle operazioni nel Corno d'Africa, incominciate il 3 ottobre del 1935, coinvolgeva circa 5.611 ufficiali e 162.390 camicie nere, secondo altre fonti circa 3.751 ufficiali e 112.000 militi, secondo altre ancora in totale, su 167.000 Camicie Nere mobilitabili ne vennero inviate in Africa 117.000. La campagna militare in Africa orientale si concluse sette mesi dopo con l'entrata ad Addis Abeba delle truppe italiane e con circa 1.290 caduti per la Milizia. Parte dei militi che avevano partecipato al conflitto rientravano quindi in Italia, altri invece rimanevano in loco con compiti di polizia coloniale.

Le Camicie nere prendono possesso della stazione di Dire Daua nel maggio 1936

Le divisioni CC. NN. create per l'Africa Orientale utilizzarono la normale terminologia militare per le unità minori, compagnia anziché centuria, plotone anziché manipolo, mentre per quelle maggiori si continuarono a usare gruppo e legione al posto di battaglione e reggimento. Le legioni mobilitate per l’Africa Orientale ebbero il proprio numerale aumentato di cento: così la 1ª Legione "Sabauda" di Torino divenne 101ª Legione, la 80ª Legione "Alessandro Farnese" di Parma, 180ª Legione e così via.

Le divisioni Camicie Nere mobilitate furono sette. Le prime cinque "23 marzo", "28 ottobre", "21 aprile", "3 gennaio" e "1º febbraio" erano su tre legioni, mentre la 6ª Divisione CC.NN. "Tevere", che operò in Somalia, ebbe quattro legioni e la 7ª Divisione CC.NN. "Cirene", di presidio in Libia, ne ebbe otto.

In particolare si distinse la Divisione "28 ottobre", con il 1º Gruppo battaglioni CC.NN. d'Africa al comando del console generale Filippo Diamanti, che nel corso della 1ª battaglia del Tembien nel combattimento per il controllo di Passo Uarieu, praticamente senza interruzione e senza che, in quel periodo, arrivassero rifornimenti di nessun genere alle truppe italiane assediate, resistette per tre giorni, dal 21 al 24 gennaio 1936, fermando i ventiquattromila uomini di ras Cassa e di ras Sejum. Fra i caduti della colonna Diamanti padre Reginaldo Giuliani, cappellano militare, ucciso mentre impartiva l'assoluzione ai morenti.

Al termine della guerra, molte unità di Camicie Nere rimasero in Africa Orientale con compiti i polizia coloniale e di controguerriglia.

Guerra di Spagna 1936-1939[modifica | modifica wikitesto]

Manifesto propagandistico delle Camicie nere durante la guerra civile spagnola

Nel 1936 con l'inizio della guerra civile spagnola, si costituiva il Corpo truppe volontarie italiane, inviato in appoggio alle forze del generale Francisco Franco. Di tale contingente, circa 20.000 unità erano militi inquadrati su tre divisioni ("Dio lo vuole!", "Fiamme Nere" e "Penne Nere"), che nel 1937 saranno ridotte a due divisioni e successivamente a una, a cui se ne affiancherà un'altra fornita dal Regio Esercito (4ª Divisione fanteria "Littorio"). Nel 1938 anche l'ultima divisione della Milizia veniva smobilitata; permanevano invece sul territorio spagnolo alcune unità minori di camicie nere. I volontari della Milizia furono protagonisti nella conquista di Malaga e Bilbao e ancora nelle battaglie dell'Ebro e di Santander, nonché a Guadalajara, Tortosa e Levante, per poi entrare a Madrid assieme ai nazionalisti di Francisco Franco. La guerra civile spagnola si concludeva il 1º aprile 1939; la Milizia annoverava tra i suoi caduti circa 3.298 persone.

L'occupazione dell'Albania[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Occupazione italiana dell'Albania (1939-1943).

Nel 1939 sei battaglioni della Milizia partecipavano all'Occupazione italiana del Regno di Albania. Nello stesso anno era costituita l'omologa milizia albanese, retta da ufficiali italiani e albanesi, che in seguito sarà impiegata sul fronte greco.

All'armistizio dell'8 settembre 1943 erano presenti in Albania la 80ª "Farnese", la 92ª "Ferrucci", la 109ª "Corridoni" e la 115ª "Del Cimino" più l' e il 29° Btg M[11][12].

La MVSN nella seconda guerra mondiale 1940-1943[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Organizzazione della MVSN nel 1940 e Battaglioni M.

Alla vigilia della seconda guerra mondiale in Italia e nelle Colonie vi erano 132 legioni. Ogni legione territoriale era strutturata su due battaglioni, uno attivo, formato dai militi dai ventuno ai trentasei anni, destinato in caso di mobilitazione all’impiego in linea, e un secondo formato dai militi più anziani, dai quaranta ai cinquantacinque anni, destinato a compiti di difesa territoriale; a essi si affiancavano il battaglione complementi e i reparti ausiliari. Quando mobilitato, il I° battaglione assumeva il numerale romano della legione d’appartenenza: ad esempio, la 63ª Legione "Tagliamento" venne mobilitata con il I° battaglione dell’omonima legione di Udine, che prese la denominazione di LXIII° e dal I° battaglione della 79ª Legione Cispadana di Reggio Emilia, che assunse il numero romano LXXIX°.

All'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno 1940, vennero mobilitati circa 220 battaglioni (seguiti poi da altri 81 battaglioni costieri, 51 territoriali e 29 compagnie costiere) della MVSN, nelle varie specialità, e impiegati su tutti i fronti inquadrati in quattro divisioni: la 1ª Divisione CC.NN. "23 marzo", la 2ª Divisione CC.NN. "28 ottobre", la 3ª Divisione CC.NN. "21 aprile" e la 4ª Divisione CC.NN. "3 gennaio". Tutte le 4 grandi unità al momento della dichiarazione di guerra erano stanziate in Africa settentrionale. La 1ª la 2ª e la 4ª presero parte alla prima fase della guerra in Libia mentre la 3ª venne smembrata e i suoi reparti servirono per completare le altre 3 grandi unità.

Di tale novero, circa 85.000 uomini erano in forza alla Milizia artiglieria contro aerei, inquadrati in 22 legioni. La Milizia artiglieria marittima, subordinata alla Regia Marina, si articolava invece su 10 legioni; gli organici erano di eterogenea provenienza: in genere ufficiali artiglieri in congedo e individui esenti dagli obblighi militari.

In base alla struttura organizzativa prebellica, la Milizia doveva mobilitare una legione d'assalto da aggregare a ciascuna divisione di fanteria ordinaria del Regio Esercito (quindi escluse le divisioni motorizzate, autotrasportabili e alpine). Ciascuna legione d'assalto era costituita da 2 battaglioni d'assalto (mobilitati ciascuno da una diversa legione territoriale) e da una compagnia mitraglieri. A causa del numero insufficiente di battaglioni d'assalto disponibili per carenze di organico, addestrative e di equipaggiamenti all'inizio della guerra la maggioranza delle divisioni di fanteria del Regio Esercito avevano tuttavia un solo battaglione di Camicie Nere, e alle volte neppure quello, mancanza che venne comunque colmata nel corso del conflitto.

La Milizia mobilitò inoltre quattro divisioni composte interamente da "camicie nere" (eccetto artiglierie e servizi, forniti dal Regio Esercito) per la Libia, ma una di queste venne sbandata prima dell'inizio delle operazioni per rinforzare le altre tre. Successivamente la Milizia mobilitò diversi raggruppamenti (Grecia, Russia, Difesa del Territorio Nazionale), unità circa equivalenti a una brigata di fanteria e utilizzate prevalentemente come elementi della riserva di corpo d'armata o di armata.

Nell'ottobre 1941 nacquero su spinta dell'allora capoufficio coordinamento della MVSN console generale Virgilio Nurchis anche i Battaglioni M, reparti d'élite formati dai battaglioni d'assalto e da montagna della Milizia che si erano particolarmente distinti in combattimento.

Nell'estate 1942 per la progettata invasione di Malta, (Operazione C3) fu creato un raggruppamento speciale da sbarco di camicie nere da affiancare al Reggimento San Marco, con i seguenti reparti: XLII Battaglione CC.NN. da sbarco "Vicenza", XLIII Battaglione CC.NN. da sbarco "Belluno", L Battaglione CC.NN. da sbarco "Treviso", LX Battaglione CC.NN. da sbarco "Pola". Si addestrarono in Corsica, ma l'operazione fu bloccata nel novembre 1942.

Grecia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna italiana di Grecia.

Dall'ottobre 1940 alla fine della campagna di Grecia nell'aprile del 1941, la MVSN impiegò in combattimento ben 56 battaglioni. Le perdite subite furono ingentissime se si considera che ben 27 battaglioni andarono persi e fra questi 7 vennero sciolti perché ridotti agli estremi. Alla fine della tremenda campagna i battaglioni che maggiormente si erano distinti vennero trasformati in battaglioni M che da allora costituirono il fior fiore dei reparti combattenti della MVSN. Loro distintivo di onore erano le "M" rosse nella grafia di Mussolini traversate da fascetti dorati, indossate sulle mostrine nere. Nel loro inno essi si definiscono "battaglioni della morte creati per la vita".

I primi battaglioni a trasformarsi in "M" furono i battaglioni del raggruppamento del generale Galbiati e i 2 della 15ª Legione CC.NN. d'Assalto "Leonessa" che inquadrava militi provenienti dalle zone del bresciano. Successivamente il settore balcanico assorbirà lo sforzo di circa 144 battaglioni in compiti di guarnigione tra il 1941 e il 1943.

All'armistizio dell'8 settembre 1943 erano presenti in Grecia la 23ª "Bersaglieri del Mincio", 28ª 45ª "Alto Adige", la 112ª "Dell'Urbe", la 136ª "Tre Monti" e la 166ª "Peloro" più il 18° Btg M[11][13]. Nelle isole dell'Egeo vi erano inoltre a Rodi la 201ª "Conte Verde" e a Creta la 201ª "Capuana" affiancata dal 141° Btg autonomo "Creta"[11][13].

Nord Africa[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna del Nordafrica.

In Nordafrica, le tre divisioni di camicie nere presenti subivano nel dicembre 1940 l'offensiva delle forze inglesi, che giungevano a occupare la Cirenaica. Nell'ambito dell'operazione sopra citata tutte e tre furono distrutte in combattimento e non più ricostituite. Il X Battaglione d'Assalto "M" venne trasferito in Tunisia nel febbraio 1943 e assegnato sulla linea difensiva del Mareth fino alla resa delle forze dell'Asse in Africa avvenuta nel maggio dello stesso anno.

Africa Orientale Italiana[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna dell'Africa Orientale Italiana.

In Africa orientale le forze della MVSN (circa trenta battaglioni), inquadrate nelle Forze armate dell'Africa Orientale Italiana, presero parte a tutte le fasi della campagna, dall'invasione italiana della Somalia britannica, alla battaglia di Cheren alla (battaglia di Gondar nel novembre del 1941). Alla data del 10 giugno 1940 giorno della dichiarazione di guerra a Francia e Gran Bretagna, alla difesa dell Africa Orientale Italiana erano preposti complessivamente 255.950 uomini, di cui 26.643 appartenevano alla MVSN.

Fronte orientale[modifica | modifica wikitesto]

Camicie nere in Russia nel 1941
Lo stesso argomento in dettaglio: Reparti italiani al fronte orientale.

Undici battaglioni della Milizia parteciparono ai combattimenti sul fronte russo all'interno del Corpo di spedizione italiano in Russia prima e dell'ARMIR dopo. Le offensive sovietiche condotte sul fronte orientale nel corso del 1942 vedevano la distruzione di gran parte di questo contingente (rimanevano sul campo circa il 90% dei comandanti di battaglione, il 70% degli ufficiali e il 55% dei militi).

Difesa del territorio nazionale[modifica | modifica wikitesto]

Nell'estate stesso anno, alcuni battaglioni d'assalto e costieri della MVSN partecipavano alla difesa delle coste siciliane dallo sbarco alleato.

Nel maggio del 1943 nasceva la 1ª Divisione corazzata CC.NN. "M", composta da circa 5.700 uomini e costituita su una ossatura di veterani del fronte greco e russo integrati da giovani volontari. In base a un accordo diretto tra il Comando generale della Milizia e le Schutzstaffeln, i tedeschi fornirono il materiale pesante, ossia 36 mezzi corazzati (carri armati Panzer IV Ausf. G e Panzer III Ausf. N e cannoni d'assalto Sturmgeschütz III) e 18 cannoni Flak 36 da 88 mm. Dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943) la divisione passò sotto il controllo del Regio Esercito, venne epurata dai suoi elementi più marcatamente fascisti e fu ribattezzata 136ª Divisione corazzata "Centauro II". Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 venne disarmata dai tedeschi che si riappropriarono dei suoi equipaggiamenti pesanti.

La caduta del fascismo[modifica | modifica wikitesto]

Militi dei battaglioni M della M.V.S.N.

Alla caduta del regime fascista, il 25 luglio 1943, nonostante qualche reazione isolata da parte di singoli plotoni, la maggioranza dei reparti della MVSN rimaneva in attesa di ordini da parte del Comando generale. Lo stesso battaglione M di Como, in marcia su Roma, veniva fermato poco lontano dalla capitale in seguito a un ordine impartito dal capo di stato maggiore della Milizia, generale Galbiati. La Divisione M riceveva l'ordine tra il 25 e il 26 luglio 1943 di continuare l'attività di addestramento. Tale reparto si era peraltro messo in contatto con il comando della 3. Divisione Panzergrenadier, onde coordinare un'eventuale reazione armata, ma la cosa era rimasta lettera morta. Di lì a poco il generale Galbiati usciva di scena, lasciando l'incarico di capo di stato maggiore al generale del Regio Esercito Conticelli. Il maresciallo d'Italia Pietro Badoglio dava quindi l'ordine alla Milizia di rimuovere i fasci dal bavero della giubba e di sostituirli con le stellette.

Nominò quale comandante generale il generale Quirino Armellini, che prendeva così il posto di Benito Mussolini. La stessa sorte subivano tutti i comandanti delle Milizie speciali, rimpiazzati con alti ufficiali del Regio Esercito o dell'Arma dei Carabinieri. Le legioni d'assalto di camicie nere aggregate alle divisioni del Regio Esercito furono brevemente rinominate come unità "legionarie" e successivamente incominciarono a essere assorbite come terzo Reggimento di fanteria divisionale (trasformazione ancora in corso nella maggioranza delle divisioni al momento dell'Armistizio).

Lo scioglimento[modifica | modifica wikitesto]

Con l'armistizio dell'8 settembre 1943, la Milizia si dissolse nello sbandamento generale delle Forze armate italiane. I reparti schierati nel nord della penisola, in Francia e nei Balcani aderirono in gran parte alla Repubblica Sociale Italiana.

I reparti della MVSN passati alla RSI, comandati dal 15 settembre da Renato Ricci, furono quindi assorbiti l'8 dicembre 1943 dalla Guardia Nazionale Repubblicana.

Nel Regno del Sud il 6 dicembre 1943 il re, su proposta del Capo del governo Badoglio, decretava lo scioglimento definitivo della Milizia a partire dal 9 dicembre[14], disponendo il passaggio del personale in servizio nei ruoli della forza armata in cui prestava servizio al momento, con il grado ricoperto nella forza armata di provenienza[15].

Alla data del suo scioglimento la MVSN annoverava 14 142 caduti. Tra le onorificenze e decorazioni[16] si annoveravano 57 conferimenti alla bandiera, tra cui 20 Ordini militari di Savoia. Tra le ricompense individuali:

20 Ordini militari di Savoia
90 Medaglie d'oro al Valor militare
1 232 Medaglie d'argento al Valor Militare
2 421 Medaglie di bronzo al Valor Militare
2 658 Croci di Guerra al Valor militare

Le grandi unità[modifica | modifica wikitesto]

L'organigramma della MVSN non prevedeva unità operative permanenti di livello superiore alla Legione (equivalente al Reggimento). Solo in caso di mobilitazione potevano venire formate delle grandi unità[17], che venivano poi sciolte alla fine della campagna.

Guerra di Etiopia (1935-1936)

Guerra di Spagna (1936-1939)

Seconda Guerra Mondiale (1940-1943)

Comandanti generali della Milizia[modifica | modifica wikitesto]

Capi di stato maggiore della Milizia[modifica | modifica wikitesto]

Bandiere[modifica | modifica wikitesto]

Uniforme, equipaggiamento e distintivi[modifica | modifica wikitesto]

I militari erano responsabili della custodia dell'uniforme, molto simile alle divise del regio esercito ma con versioni per cerimonie, per combattimenti o per stare semplicemente in caserma. Le divise erano dotate di cinture con teschio, camicie nere, elmetti con teschi con pugnali in bocca, lo scudetto della bandiera italiana sopra le spalle, una fondina con pugnale, fondina per pistole, scarponi del regio esercito, colletto con logo del corpo. Gli elementi distintivi erano il fez nero, la camicia nera con cravatta nera, le fiamme nere a due punte sul bavero in luogo delle mostrine e i fasci littori al posto delle stellette[20]. L'armamento in dotazione, custodito presso le armerie delle caserme della MVSN, era distribuito ai miliziani al momento della chiamata e riconsegnato al termine della stessa.

L'equipaggiamento era composto da granate artigianali o mk2, pistole in servizio col Regio Esercito o Luger P08 tedesche, mitra MP40, mortai da 45 mm e 81 mm, pugnali, divisa da combattimento, elmetto mod.33 e portacaricatori. I battaglioni M erano dotati di mitragliatrici Breda e Fiat da 8 mm, MG42 tedesche, vari cannoni italiani, carri leggeri L3, cannoni tedeschi Flak da 88 mm, carri tedeschi Panzer IIIN e IVG, cannoni d'assalto tedeschi StuG IIIG. I normali reparti d'artiglieria erano dotati unicamente di cannoni di piccolo calibro, molti già obsoleti nel 1918, e pochi pezzi d'artiglieria tedeschi.

Corrispondenza tra i gradi[modifica | modifica wikitesto]

Regio Esercito MVSN
Allegato A - Art. nº 8
R.D. nº 832 dell'8 marzo 1923
G.U.R.d'I. nº 98 del 26 aprile 1923
MVSN
R.D.L. nº 967 del 15 marzo 1923
G.U.R.d'I. nº 112 del 14 maggio 1923
MVSN
Art. nº 5
Circolare nº 150 del 16 agosto 1936
Distintivo
Art. nº 5
Circolare nº 150 del 16 agosto 1936
Ufficiali Generali
Maresciallo d'Italia Primo caporale d'onore[21]
Caporale d'onore
generale d'armata primo comandante generale comandante generale
generale di corpo d'armata comandante generale comandante generale Luogotenente generale capo di stato maggiore
generale di divisione ispettore generale di zona luogotenente generale luogotenente generale
generale di brigata console generale console generale console generale
Ufficiali Superiori
colonnello console console console
tenente colonnello primo seniore
maggiore seniore seniore seniore
Ufficiali Inferiori
capitano centurione centurione centurione
Ufficiali Inferiori - Subalterni
tenente capomanipolo capomanipolo capomanipolo
sottotenente sottocapomanipolo
Sottufficiali - Ruolo Marescialli
maresciallo maggiore primo aiutante
maresciallo capo aiutante capo
maresciallo ordinario aiutante
Sottufficiali - Ruolo Sergenti
sergente maggiore caposquadra[22] primo caposquadra
sergente caposquadra caposquadra
sergente vicecaposquadra[22]
Graduati
caporal maggiore vicecaposquadra
caporale camicia nera scelta
Truppa
appuntato camicia nera
soldato camicia nera camicia nera

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ R.D.L. 14/1/1923, n. 31
  2. ^ Legge 17 aprile 1925, n. 473, su augusto.agid.gov.it. URL consultato il 1º maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 3 agosto 2016).
  3. ^ Asserisce Renzo De Felice che «Mussolini voleva farne sempre più un corpo militare, fascista sì, ma alle dipendenze del governo e non del partito», in Mussolini il fascista. La conquista del potere, Einaudi, 1995, pagg. 541 sgg. Il fatto che sia stata istituita per decreto, quindi all'interno del regime di "pieni poteri" per il riordino della Pubblica Amministrazione (Legge 1601 del 3 dicembre 1922), avvalora questa ipotesi.
  4. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere cit., pagg. 431-32.
  5. ^ Regio decreto legge 6 dicembre 1943, n. 16-B. Scioglimento della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e delle Milizie speciali, su sardegnaarchiviovirtuale.it. URL consultato il 20 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 10 agosto 2022).
  6. ^ Enciclopedia italiana, voce "Milizia", 1934
  7. ^ Pierluigi Romeo di Colloredo Mels, La “guardia armata della rivoluzione”: la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale dalle origini alla seconda guerra mondiale, Londra.
  8. ^ Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, Torino, Giluo Enaudi, prima ed. Parigi 1930, ed. italian di riferimento 1975.
  9. ^ O. Bovio, p. 144.
  10. ^ O. Bovio, p. 145.
  11. ^ a b c Regio Esercito - MVSN - L'Organizzazione territoriale.
  12. ^ Rossi, p. 62.
  13. ^ a b Rossi, p. 63.
  14. ^ Art. 1, c. 1, R.D.L. 6 dicembre 1943, n. 16/B.
  15. ^ Art. 2, comma 1, R.D.L. 6 dicembre 1943, n. 16-B.
  16. ^ Lucas-G. De Vecchi, Storia delle unità combattenti della M.V.S.N. 1923-1943, Roma, Giovanni Volpe Editore, 1976, p. 33.
  17. ^ Ossia unità di livello divisionale o di brigata, o equivalenti
  18. ^ Successivamente portata a livello di divisione con personale misto della MVSN e del Regio Esercito
  19. ^ a b c Unità mista con personale spagnolo inquadrato da ufficiali e sottufficiali italiani. Successivamente portata a livello di divisione
  20. ^ Regolamento uniformi MVSN 1935.
  21. ^ grado riservato esclusivamente a Benito Mussolini
  22. ^ a b solo per i Reparti della MSVN dislocati nelle Colonie: Art. nº 1 del R.D.L. nº 3110 del 13 dicembre 1923 (G.U.R.d'I. n° del 1923).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Vittorio Vernè, La milizia volontaria per la sicurezza nazionale, La Poligrafica nazionale, 1925.
  • Vittorio Vernè, La difesa contro aerei: nozioni elementari per le Camicie nere, C. Ferrari, 1927.
  • Vittorio Vernè, Le camicie nere in Libia, Provveditorato generale dello Stato libreria, 1927.
  • Alessandro Melchiori, Milizia Fascista, Soc. An. Tipografica Luzzanti, 1929.
  • Vittorio Vernè, Milizia volontaria sicurezza nazionale: storia, organizzazione, compiti, impiego, Tipografia Zaccaria, 1932.
  • Vittorio Vernè, M. V. S. N.: Organizzazione, compiti, impiego, Zaccaria, 1934.
  • Alessandro Tarabini, La milizia volontaria per la sicurezza Nazionale nella educazione guerriera della nazione, Pavia, Tip. Succ. F.lli Fusi, 1935.
  • Alberto Tailetti, Milizia, Torino, Paravia, 1938.
  • Attilio Teruzzi, La Milizia delle Camicie Nere, Milano, Mondadori, 1939.
  • Luigi Salvatorelli, Giovanni Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista. Milano, Einaudi, 1964.
  • Renzo De Felice, Intervista sul fascismo (a cura di Michael A. Ledeen), Bari, Laterza, 1975.
  • Ettore Lucas-Giorgio De Vecchi, Storia delle unità combattenti della M.V.S.N. 1923-1943. Roma, Giovanni Volpe Editore, 1976.
  • Indro Montanelli, L'Italia in camicia nera. Milano, Rizzoli, 1976.
  • Ricciotti Lazzero, Il Partito Nazionale Fascista. Milano, Rizzoli, 1985.
  • Lucio Ceva, Storia delle Forze Armate in Italia. Torino, UTET Libreria, 1999.
  • Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, 2002.
  • Alberto Politi, I legionari di Imperia: storia della 33ª legione M.V.S.N. gen. Asclepia Gandolfo 1925-1943, Pinerolo, Novantico, 2002.
  • Carlo Rastrelli, Un esercito in camicia nera, Storia Militare n.129, giugno 2004.
  • Carlo Rastrelli, L'ultimo comandante delle camicie nere. Enzo Emilio Galbiati. Milano, Ugo Mursia Editore, 2016
  • Giorgio Vecchiato, Con romana volontà, Marsilio, 2005.
  • Bruno Chionetti, Ritratti della MVSN: legionari della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale a Savona, Marvia Ed., 2008.
  • Maurizio Ferrandi e Hannes Obermair, Camicie nere in Alto Adige (1921-1928), Merano, Edizioni Alphabeta Verlag, 2023, ISBN 978-88-7223-419-8.
  • Filippo Lombardi, Alberto Galazzetti, Studio bibliografico sulla milizia volontaria per la sicurezza nazionale: 735 voci bibliografiche su un esercito dimenticato, Marvia Ed., 2009.
  • Pietro Cappellari, La Guardia della Rivoluzione. La Milizia fascista nel 1943: crisi militare - 25 luglio - 8 settembre - Repubblica Sociale, Herald Editore, Roma 2012.
  • Andrea Rossi, Le guerre delle Camicie Nere, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2004.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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