Burning Down the House

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Burning Down the House
singolo discografico
ArtistaTalking Heads
Pubblicazione1983
Durata4:00
Album di provenienzaSpeaking in Tongues
Dischi1
Tracce2
GenereNew wave
Pop rock
Funk rock
EtichettaSire Records
ProduttoreTalking Heads
Registrazione1982
Certificazioni
Dischi d'argentoBandiera del Regno Unito Regno Unito[1]
(vendite: 200 000+)
Talking Heads - cronologia
Singolo precedente
(1982)

Burning Down the House è un brano musicale del gruppo new wave Talking Heads, pubblicato come primo singolo estratto dall'album Speaking in Tongues del 1983.

Il brano[modifica | modifica wikitesto]

«Questa canzone nacque da una jam session» raccontò la bassista Tina Weymouth nelle note interne dell'album Once in a Lifetime: The Best of Talking Heads. «Chris Frantz era appena stato a vedere i Parliament-Funkadelic al Madison Square Garden, ed era rimasto entusiasta. Durante la jam, iniziò ad urlare "Burn down the house!" che era una frase tipica dei P-Funk durante i concerti, e David gli andò dietro, cantando con lui fino ad arrivare alla versione definitiva, "Burning down the house". (In seguito Bernie Worrell dei Parliament-Funkadelic si unì alla formazione dal vivo dei Talking Heads).

Tuttavia, il testo iniziale del brano era considerevolmente differente rispetto alla versione finale. In una intervista radiofonica del 1984, David Byrne spiegò come la canzone si fosse trasformata dai primi nastri demo strumentali della Weymouth e di Frantz. Una volta che la band completò quasi la traccia, Byrne iniziò a cantarci sopra delle frasi senza senso fino a quando non trovò delle parole che si adattassero bene alla musica.

Secondo quanto affermato da Byrne in una intervista a NPR, frasi che avrebbe voluto inserire nel testo della canzone ma che alla fine non utilizzò comprendevano: «I have another body», «Pick it up by the handle», «You travel with a double», e «I'm still under construction».

A seguito degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, Burning Down the House fu una delle canzoni indicate come "inappropriate" da Clear Channel, in quanto il titolo poteva essere mal interpretato.[2]

Video[modifica | modifica wikitesto]

La casa utilizzata per il videoclip di Burning Down the House si trova in Myrtle Street a Union, nel New Jersey.

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Burning Down the House divenne il singolo di maggior successo per i Talking Heads in Nord America, raggiungendo la top ten di Billboard negli Hot 100 (numero 9 in classifica), e un ottavo posto in Canada. Nonostante il successo qui riscosso, la canzone non ebbe particolare riscontro nel resto del mondo. In Australia raggiunse solo la posizione numero 94 (anche se in Nuova Zelanda raggiunse la numero 5), mentre in Gran Bretagna non entrò nemmeno in classifica.

Classifica[modifica | modifica wikitesto]

Classifica (1983) Posizione
Australian Singles Chart[3] 94
Billboard Canadian Singles Chart[4] 8
New Zealand Singles Chart[5] 5
US Billboard Hot 100[6] 9
US Billboard Mainstream Rock Tracks[6] 6

Cover[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Burning Down the House, su British Phonographic Industry. URL consultato il 2 dicembre 2023.
  2. ^ (EN) Gil Kaufman, Filter’s Richard Patrick, Don McLean, Drowning Pool, Saliva & More Talk Post-9/11 Clear Channel Radio Scrub, in Billboard, 9 settembre 2021. URL consultato il 21 febbraio 2024.
  3. ^ Discography Talking Heads, su australian-charts.com. URL consultato il 13 agosto 2011.
  4. ^ Talking Heads Top Singles positions, su collectionscanada.gc.ca, RPM. URL consultato il 13 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2011).
  5. ^ Discography Talking Heads, su charts.org.nz. URL consultato il 14 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 2 novembre 2012).
  6. ^ a b Talking Heads > Charts & Awards > Billboard Singles, su allmusic.com, AllMusic. URL consultato il 13 agosto 2011.
  7. ^ Antsmarching.org Tour Central Database, su antsmarching.org. URL consultato il 7 agosto 2008.
  8. ^ Setlists, su phish.net. URL consultato il 4 gennaio 2012.
  9. ^ M² overview, su Allmusic.com.
  10. ^ M2 Marcus Miller, su JazzTimes. URL consultato il 30 aprile 2014 (archiviato dall'url originale il 2 maggio 2014).

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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