Blow Up (rivista)

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Blow Up
StatoBandiera dell'Italia Italia
Linguaitaliano
Periodicitàmensile
Generestampa nazionale
Fondazione1995
SedeCortona
EditoreTuttle Edizioni
Sito webwww.blowupmagazine.com/
 

Blow Up è una rivista italiana mensile dedicata al mondo della musica. Blow Up si occupa principalmente di musica rock, dai generi musicali più inesplorati a quelli più alternativi. Tra i generi trattati vi sono la musica rock, la house music, la musica elettronica, la musica sperimentale, la musica industriale, la queercore, la techno e l'improvvisazione libera[1]. Ha al suo interno sezioni dedicate alla letteratura e al cinema. Il coordinatore della rivista è sin dall'inizio Stefano Isidoro Bianchi, che ne è anche il fondatore. Bianchi non è un giornalista, proprio per questo, come da colophon, il direttore responsabile della testata è Carlo Umberto Salvicchi[2]. La sezione libri è curata da Fabio Donalisio, quella di cinema da Roberto Curti.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

1995: Blow Up ovvero la nascita di una fanzine[modifica | modifica wikitesto]

Sul finire degli anni '90 l'editoria musicale specializzata sul rock alternativo era ormai da anni dominato da riviste come Rumore e Rockerilla[3]. In questo contesto, Blow Up nasce nel settembre 1995 come fanzine da un'idea di Stefano Isidori Bianchi e Fabio Polvani[4], dedicando la copertina del primo numero ai Thinking Fellers Union Local 282, con approfondimenti su Kyuss, Bad Religion e Smog. La fanzine presentava poi una sezione sui testi tradotti in italiano, che nel primo numero era dedicata a Primus, Fugazi e Kendra Smith, e una rubrica di letteratura, che qui parlava di Louis-Ferdinand Céline. Nel primo anno uscirono 5 numeri, dei quali i primi due numeri erano stampati su fotocopiatrice[5], per evolversi poi in periodico mensile da edicola. Dopo il sesto numero la fanzine divenne rivista disponibile solo per abbonamento. Nel luglio del 1998 la rivista approdò nelle edicole[3].

1997: La Tuttle edizioni e lo sbarco in edicola[modifica | modifica wikitesto]

«Come da Rockerilla emerse una generazione di critici che cambio` il modo in cui si scriveva di rock negli anni '70, così da Blow Up sta emergendo una generazione di critici che sta cambiando il modo in cui si scrivera` di rock nel 2000.»

Negli anni '90 il mercato editoriale specializzato nella musica alternativa sembrava ormai saturo[3]. Nonostante questo Stefano Isidoro Bianchi fondò la Tuttle Edizioni nel 1997 con sede a Farneta di Cortona, registrando la testata ed uscendo nelle edicole con il numero 6 del luglio del 1998[3], dopo un breve periodo di distribuzione postale[4]. Se il sottotitolo della rivista era Rock ed altre contaminazioni, altrettanto programmatico era il nome della casa editrice che si ispirava al personaggio di Archibald "Harry" Tuttle, l'idraulico impersonato da Robert De Niro nel film Brazil di Terry Gilliam che si oppone al mondo “inumano e angosciante, volgare e assurdo” rappresentato nella pellicola proponendosi come "un guastatore alla rovescia che ripara impianti disastrati e abbandonati dalla logica del consumismo e del degrado, cara al potere.”[4][7]. Il primo numero uscito nelle edicole dava la copertina a Momus, con approfondimenti sui Boredoms e sul Japanoise, sui Panasonic, su Richard Youngs, i Coldcut, Albert Ayler, Jliat, François Cambuzat e Steel Pole Bath Tua. E proprio grazie ai dettagliati approfondimenti, uniti ad un gusto rivolto più verso la musica underground che verso il semplice rock alternativo[3], all'ingaggio di giornalisti ormai rodati mescolati a nuove giovani firme ed all'utilizzo di un linguaggio più colto e sofisticato rispetto alle altre riviste[6], che Blow Up riuscì a ritagliarsi sempre più lettori[3]. Lo staff della rivista che arrivò nelle edicole comprendeva, oltre al direttore Stefano Isidoro Bianchi ed al direttore responsabile Carlo Umberto Salvicchi, una redazione composta da Riccardo Bandiera, Paolo Bertoni, Massimiliano Busti, Eddy Cilìa, Beppe Colli, Gino Dal Soler, Roberto Municchi, Salvo Pinzone, Peter Sarram e Christian Zingales, mentre tra i molti collaboratori è da menzionare Paolo Bandera dei Sigillum S, e come corrispondente dagli Stati Uniti spiccava la firma di Piero Scaruffi.

In aggiunta alla rivista, la Tuttle ha inaugurato nel 2003 una collana di libri chiamata "I libri di Harry", dedicata a filoni, tematiche e fenomeni culturali correlati alla musica e alla cultura rock. A tutt'oggi sono stati pubblicati 15 volumi.

Collaboratori[modifica | modifica wikitesto]

Collaborano e hanno collaborato alla rivista tra i tanti: Christian Zingales, Paolo Bertoni, Daniela Cascella, Stefano "Bizarre" Quario, Dionisio Capuano, Piercarlo Poggio, Massimiliano Busti, Gino Dal Soler, Federico Savini, Roberto Municchi, Beppe Recchia, Valerio Mattioli, Fabio Polvani, Eddy Cilìa, Michele Coralli, Olindo Fortino, Diego Palazzo, Piergiorgio Pardo, Roberto Canella, Enrico Bettinello, Andrea Amadasi, Guido Gambacorta, Marco Giappichini, Antonio Ciarletta, Silvia Boschero, Sabrina Santoro, Massimiliano Barulli, Peter Sarram, Riccardo Bertoncelli, Federico Guglielmi, Giovanni Vacca, Roberto Calabrò, Vittore Baroni.
Per quel che riguarda le sezioni libri e cinema vanno ricordati Maurizio Bianchini, Ana Ciurans, Donatello Fumarola, Alberto Momo, Enrico Ghezzi e Alberto Pezzotta.

Premi e riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

  • La rivista ha ricevuto il Premio Lo Straniero 2010, con la seguente motivazione: «Agendo dai margini e in totale indipendenza, ha preceduto la stampa specializzata trattando per prima musiche non convenzionali o prive di distribuzione sul territorio nazionale, e ha contribuito in modo determinante alla formazione delle ultime generazioni di ascoltatori, musicisti e critici. In un periodo di massima confusione anche nella musica, ha mantenuto la volontà di proporre di volta in volta percorsi di sintesi che cercassero di collocare in un quadro coerente i movimenti, altrimenti isolati o frammentari, che attraversavano il corpo della musica underground».[8]
  • Nel 2015 ha ricevuto il Premio speciale - Targa Mei Musicletter quale «miglior rivista cartacea» italiana di informazione musicale e culturale, assegnato nell'ambito del Meeting delle Etichette Indipendenti[2][3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Stefano Isidoro Bianchi, Blow Up Magazine: Info, su Blow Up, 2014. URL consultato l'11 luglio 2015.
  2. ^ Elenco Pubblicisti della Toscana ricerca anagrafica, su odg.it. URL consultato il 19 luglio 2020.
  3. ^ a b c d e f Luca Frazzi, 2021 pg. 19
  4. ^ a b c Domenico Russo, Blow Up compie vent’anni. Intervista a Stefano I. Bianchi, su artribune.com, 4 marzo 2015.
  5. ^ Alberto Campo, Carta canta, in Rumore, #56, settembre 1996.
  6. ^ a b "Storia della critica rock italiana" di Mario Ruobbi dal sito Scarruffi.com
  7. ^ Paolo Mereghetti, Il Mereghetti. Dizionario dei film 2011, Baldini Castoldi Dalai, 2010.
  8. ^ Premio 2010 - Santarcangelo di Romagna (RN) Archiviato il 27 ottobre 2011 in Internet Archive.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luca Frazzi, Edicola Rock. Riviste musicali italiane, collana Le guide pratiche di RUMORE, Torino, Homework edizioni, 2021.
  • Maurizio Inchingoli, Musica di carta. 50 anni di riviste musicali in Italia, Milano, Arcana Edizioni, 2022.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN138687296 · LCCN (ENno98048359 · GND (DE10276683-6 · NSK (HR000638446 · WorldCat Identities (ENlccn-no98048359