Ordine dei fratelli di Betlemme

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L'Ordine dei Fratelli di Betlemme (in latino Ordo Fratrum Bethlemitarum, in spagnolo Orden de los Hermanos de Bélen) è un istituto religioso maschile di diritto pontificio. I membri di questo ordine mendicante, detti popolarmente betlemiti, pospongono al loro nome la sigla O.F.B.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Pietro di San Giuseppe de Béthencourt, iniziatore dell'ordine betlemita

Le origini della congregazione risalgono all'opera iniziata a Guatemala da Pietro di San Giuseppe de Béthencourt: di modeste origini, nel 1649 lasciò la natia Tenerife per le Americhe e nel 1655 entrò nel terz'ordine francescano.[2]

Nel 1658 Pietro di San Giuseppe acquistò un modesto edificio. Nelle ore diurne la casa serviva da scuola per fanciulli e fanciulle, durante la notte serviva da ricovero per poveri, malati e forestieri, soprattutto studenti e sacerdoti. Per il servizio nell'opera, Béthencourt riunì una comunità di terziari francescani; l'opera fu posta sotto la protezione di Nostra Signora di Betlemme, la cui immagine era custodita nella casa.[3]

L'opera conobbe una rapida fioritura e presto Pietro di San Giuseppe progettò l'erezione di un grande ospedale per convalescenti: Payo Enríquez de Rivera, vescovo di Santiago di Guatemala, concesse subito la sua approvazione e nel 1667 uno dei collaboratori di Béthencourt partì per la Spagna per ottenere la licenza del sovrano. L'approvazione regia giunse il 2 maggio 1667, pochi giorni dopo la morte di Béthencourt.[3]

Nascita dell'ordine[modifica | modifica wikitesto]

I reali fondatori dell'ordine furono tre discepoli di Pietro di San Giuseppe: Rodrigo della Croce, Agostino di San Giuseppe e Francesco della Trinità. Lasciato il terz'ordine francescano e adottato un nuovo abito, il 15 ottobre 1667 si presentarono dal vescovo Payo Enríquez de Rivera per ottenere l'approvazione della loro forma di vita e il 25 gennaio 1668 i tre emisero i voti di obbedienza e ospitalità nelle mani del decano della cattedrale di Guatemala.[4]

Il primo superiore della comunità, che portò inizialmente il titolo di "fratello maggiore" e poi quello di "prefetto generale", fu Rodrigo della Croce, che resse la compagnia fino al 1716 e sotto il cui governo i betlemiti raggiunsero il pieno sviluppo giuridico:[5] il 2 maggio 1672 papa Clemente X approvò i loro primi statuti e il 26 marzo 1687 papa Innocenzo XI eresse la compagnia in congregazione religiosa, assegnandole la regola di sant'Agostino[6][7] (sebbene il suo fondatore fosse un francescano); il 28 maggio 1707 e il 3 aprile 1710 papa Clemente XI eresse la congregazione in ordine regolare, estendendogli i privilegi degli ordini mendicanti e dei chierici ospedalieri.[8]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Oltre ai tre voti comuni a tutti i religiosi (povertà, obbedienza e castità), i betlemiti pronunciavano quello di ospitalità, che li obbligava all'assistenza agli ammalati poveri, anche non cattolici e se affetti da malattie contagiose. Il loro abito era un saio di panno grigio-bruno, cappa con cappuccio, cintura di cuoio, corona del rosario e placca con l'immagine della Natività cucita alla cappa.[5]

In origine i betlemiti erano tutti laici, ma nel capitolo generale celebrato a Lima nel 1721 si concesse a ogni comunità la facoltà di fare ordinare fino a due sacerdoti: i candidati al sacerdozio dovevano essere betlemiti da almeno dieci anni e, dopo l'ordinazione, sarebbero stati esclusi dagli uffici più importanti.[5]

L'ordine conobbe una rapida diffusione: nel 1721 i religiosi betlemiti erano 253 possedevano 21 ospedali (10 in Messico e 11 in Perù). Fuori dalle Americhe, i betlemiti fondarono case a Roma e Tenerife.[5]

Soppressione e restaurazione[modifica | modifica wikitesto]

Nel XIX secolo l'ospedale betlemita di Nuova Guatemala divenne un centro attivo dell'emancipazione americana. Anche a causa dell'appoggio dei religiosi alle istanze indipendentiste dei possedimenti spagnoli in America, le Cortes di Cadice soppressero i betlemiti con i decreti del 27 maggio e del 25 ottobre 1820, intimati al prefetto generale dell'ordine nel febbraio 1821.[5]

Il ramo femminile delle betlemite sopravvisse alla soppressione e conobbe una nuova fioritura sotto la guida di Encarnación Rosal, che restaurò la tradizione ospedaliera della sua congregazione.[9]

Il 16 gennaio 1984 il ramo maschile dell'ordine fu restaurato con decreto della Santa Sede; la prima professione dei voti si ebbe il 25 aprile 1986.[10]

Il fondatore, beatificato nel 1980, fu proclamato santo da papa Giovanni Paolo II il 30 luglio 2002.[11]

Attività e diffusione[modifica | modifica wikitesto]

Lo scopo dei religiosi betlemiti è l'esercizio delle opere di misericordia, specialmente a favore di malati e convalescenti.[1]

La sede generalizia è a San Cristóbal de La Laguna, sull'isola di Tenerife.[1]

Nel 2007 l'ordine contava la sola comunità di La Laguna e 17 frati.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Ann. Pont. 2013, p. 1425.
  2. ^ Ángel Martínez Cuesta, DIP, vol. I (1974), coll. 1412-1413.
  3. ^ a b Ángel Martínez Cuesta, DIP, vol. I (1974), col. 1414.
  4. ^ Ángel Martínez Cuesta, DIP, vol. I (1974), coll. 1421-1422.
  5. ^ a b c d e Ángel Martínez Cuesta, DIP, vol. I (1974), col. 1422.
  6. ^ Diccionario enciclopédico de teología, Volumen 2
  7. ^ Estudio preliminar de los azulejos betlemitas en la Ciudad de México (PDF), su boletin-cnmh.inah.gob.mx. URL consultato il 19 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 19 febbraio 2018).
  8. ^ Ángel Martínez Cuesta, DIP, vol. I (1974), col. 1420.
  9. ^ Ángel Martínez Cuesta, DIP, vol. I (1974), coll. 1416-1418.
  10. ^ Historia, su hermanosdebelenll.es.tl. URL consultato il 16 aprile 2015.
  11. ^ Canonizzazioni del pontificato di Giovanni Paolo II, su vatican.va. URL consultato il 16 aprile 2015.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Annuario pontificio per l'anno 2013, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013. ISBN 978-88-209-9070-1.
  • Guerrino Pelliccia e Giancarlo Rocca (curr.), Dizionario degli Istituti di Perfezione (DIP), 10 voll., Edizioni paoline, Milano 1974-2003.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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