Battaglia del Monte Gauro

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Battaglia del Monte Gauro
parte della prima guerra sannitica
Il teatro degli scontri della prima guerra sannitica
Data343 a.C.
LuogoMonte Gauro
EsitoVittoria romana
Schieramenti
Comandanti
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La battaglia del Monte Gauro svoltasi nel 343 a.C., segnò un cambiamento di crinale nella politica estera di Roma. Se fino ad allora l'Urbe aveva combattuto per la sopravvivenza e per cercare di eliminare i concorrenti più agguerriti (per esempio Veio) alla supremazia regionale, con questa battaglia che segna l'inizio delle guerre sannitiche, Roma si propose in una fase di espansione territoriale e di potere che la porterà in tempi relativamente brevi al controllo dell'intera Italia peninsulare. Le guerre sannitiche costrinsero Roma a forgiare lo strumento che le avrebbe permesso la conquista del suo smisurato impero: l'esercito romano.

I Sanniti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Sanniti.

I Sanniti erano un popolo sabellico, di stirpe indoeuropea che occupava l'Appennino centrale dividendosi in Piceni, Sabini, Marsi e così via. I Sanniti erano stanziati nell'Appennino campano e si dividevano fra Caudini, Irpini, Carricini e Pentri.

Nella prima metà del IV secolo a.C., sotto la pressione degli stanziamenti dei Galli, spingendosi sempre più a meridione entrarono in contatto con la fertile pianura campana, tanto più ricca delle montagne dell'Irpinia. La rapina delle ricchezze degli altri popoli era all'epoca un costume non solo sannita, ma il tenace e battagliero popolo si accinse a scendere dai monti per conquistare le ricche città della pianura, giungendo i Sanniti, infine, fino a Capua.

Capua[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Capua antica.

Capua era una città etrusca, nata probabilmente come avamposto, alle propaggini del territorio che i greci stavano colonizzando. Fondata non molti anni prima di Roma (intorno al IX secolo a.C.), il fiume Volturno la univa al mare Tirreno per i commerci e per le guerre con le colonie greche.

Roma era ancora governata dai re quando Capua iniziò a combattere con Cuma (524 a.C.) per la supremazia nel territorio campano. Le amichevoli relazioni con Roma datano subito dopo la riconquista della patria da parte dei romani, prima sconfitti al fiume Allia dai Galli di Brenno. Gli Etruschi stavano pian piano venendo inglobati nel sistema politico romano; ciononostante i capuani parteciparono alla rivolta dei Latini uniti nella Lega Latina perdendo in una serie di sconfitte (Veseris, Trifano, Minturno, Vescia) tutto il proprio territorio. A peggiorare la situazione vennero i Sanniti che, essendosi astenuti dal combattere contro Roma, ottennero - alla fine delle ostilità - il "permesso" di occupare il territorio dei Sidicini.

Prodromi[modifica | modifica wikitesto]

I Sanniti si accorsero in fretta della ricchezza del territorio in cui si stavano addentrando e misero gli occhi sulla ricca Capua. I Capuani mandarono ambasciatori a Roma chiedendo protezione.

(LA)

«Popululs nos Campanos legatos ad vos, patres conscripti misit amicitiam in perpetuum, auxilius presens a vobis petitum [...] Necque hercule, quod Samnites priores amici sociisque vobis facti sunt, ad id valere arbitror ne nos in amicitiam accipiamur...»

(IT)

«Il popolo Campano ci ha mandati a voi, Padri Coscritti, per chiedervi un'amicizia che duri sempre e un aiuto per il momento presente. [...] Che poi i Sanniti siano diventati amici ed alleati vostri prima di noi, non pare, in verità motivo sufficiente perché anche noi non si possa essere accolti nella vostra amicizia...»

La delegazione campana illustrò i vantaggi di aiutare Capua: se avessimo chiesto l'amicizia quando eravamo forti, ci saremmo sempre sentiti un po' pari a voi; meno sottomessi; il patto con i Sanniti non vi esclude la possibilità di altre alleanze; siamo ricchi, i nostri campi sono fertili, le nostre città grandiose; i vostri eterni nemici, i Volsci e gli Equi avranno noi dietro alle spalle; sta a voi decidere se volete asservire tutta la Campania o lasciarla ai Sanniti; i Sanniti non combattono solo per predare o per il potere ma perché sono assetati di sangue. E quindi, se la sorte di Capua deve essere l'occupazione,

(LA)

«Sed vos potius, Romani, beneficio vestro occupate eam, quam illos habere per maleficium sinatis. [...] itaque umbra vestri auxilii, Romani, tegi possumus [...] vobis capua urbs frequentabitur, conditorum, parentium, deorum immortalium numero nobis eritis; nulla colonia vestra eris, quae nos obsequio erga vos fidere superet.»

(IT)

«Ma voi piuttosto, o Romani, voi occupatela con un'opera buona anziché permettere che essi l'abbiano con un'azione malvagia [...] basterà perciò l'ombra del vostro aiuto, o Romani per metterci al sicuro; [...] per voi Capua avrà una nuova popolazione: per noi sarete fondatori, padri, immortali divinità, nessuna colonia vostra ci potrà superare in devozione e fedeltà.»

Nonostante gli evidenti vantaggi economici che derivavano da una tale alleanza, il Senato romano non accettò di cambiare. Però propose Roma come mediatore per cercare di fermare i Sanniti nella loro espansione verso il mare. Il capo della legazione capuana, a questa risposta, regalò la città a Roma:

(LA)

«... itaque populum campanum ubemque Capuam, agros, delubra deum, divina humanaque omnia in vestram, patres conscripti, populique romani dicionem dedimus, quidquid deinde patiemur, dediticii vetri passuri.»

(IT)

«... ebbene, Padri Coscritti, nelle vostre mani e in quelle del popolo romano, noi trasmettiamo il pieno possesso del popolo campano, della città di Capua, del territorio, dei templi degli dei, di ogni diritto umano e divino: tutto quello che da questo momento dovremo sopportare, sopporteremo come vostri sudditi.»

La delegazione romana partì per il Sannio per chiedere di risparmiare i loro nuovi sudditi. Forse Roma voleva proprio liberarsi di questa alleanza con i Sanniti, forse la delegazione romana si comportò o parlò in modo da spingerli alla guerra. Qualcosa di simile accadde con la delegazione inviata, anni dopo, sull'altro lato dell'Adriatico alla regina Teuta. Tito Livio riporta che la risposta dei capi sanniti fu arrogante e i magistrati sanniti, chiamati i comandanti militari, alla presenza stessa dei legati romani, ordinarono loro di partire subito e saccheggiare il territorio campano.

Battaglia[modifica | modifica wikitesto]

I preparativi iniziarono subito e i due consoli lasciarono Roma con i rispettivi eserciti. Marco Valerio Corvo guidò il suo verso la Campania e si attestò sul Monte Gauro; Aulo Cornelio Cosso Arvina si diresse verso il Sannio posizionandosi a Saticola. I Sanniti, ritenendo che lo sforzo principale sarebbe stato posto sul Gauro e in odio ai Campani si diressero contro Valerio. Dopo alcuni giorni di scaramucce Valerio lanciò i suoi uomini alla battaglia.

(LA)

«Proelium, ut quod maxime unquam, pari spe utrimque, aequis viribus, cum fiducia sui sine comptemptium hostium commissum est.»

(IT)

«Il combattimento ebbe inizio in condizioni che rarissimamente si verificano: pari la speranza nei due contendenti, pari le forze, piena la fiducia in sé senza disprezzo per l'avversario.»

I Sanniti venivano da una clamorosa vittoria sui Campani; i Romani avevano alle spalle quattrocento anni di battaglie per lo più vittoriose; entrambi i popoli si conoscevano ma non potevano valutare appieno le caratteristiche belliche degli avversari. Non si erano ancora scontrati direttamente. Questa è una delle battaglie di cui Livio non ci regala la descrizione dei prodromi. Entra subito in medias res informandoci che "per parecchio tempo si lottò senza che nessuna delle parti desse segno di debolezza" e allora il console cercò di scompigliare le linee sannite con una carica di cavalleria.
Non funzionò. Il terreno era troppo accidentato. Tornò allora indietro e scendendo da cavallo si pose, a piedi, alla testa della fanteria:

(LA)

«"Nostrum - inquit - peditum illud, milites, est opus... ".»

(IT)

«"Nostro - gridò - di noi fanti, soldati, è codesto compito... ".»

Di notevole interesse il "nostrum" di un console frammisto ai soldati di fanteria. Una delle forze dell'esercito romano: gli esempi diretti di immedesimazione dei capi con il popolo. Molto più nel pericolo che nelle dispute politiche.

(LA)

«Primus omnium consul invadit hostem et cum quo forte contulit gradum obtruncat. Hoc spectaculo accensi dextra laevaque ante se quisque memorandum proelium cient...»

(IT)

«Primo davanti a tutti, il console si getta contro il nemico: quanti gli si fanno incontro, tanti ne abbatte. Tutti intorno a lui, animati da quella vista, i soldati si impegnano ciascuno per proprio conto una lotta degna di essere ricordata.»

Ma i Sanniti non mollavano, attorno alle loro insegne si ammucchiavano i cadaveri. E nessuna delle due parti accennava a una fuga. Livio non ci offre dettagli ma narra che ad un certo punto i Sanniti cominciarono a cedere, si vide qualche primo movimento di fuga, le prime catture di prigionieri, l'inizio del massacro e molti si salvarono solo perché il calare delle tenebre pose fine victoria magis quam proelium: alla vittoria più che al combattimento.

(LA)

«Et Romani fatebantur numquam cum pertinaciore hoste conflictum [...] et Samnites oculos sibi Romanorum arder visos aiebant.»

(IT)

«Ed i Romani confessarono di non aver mai combattuto contro un nemico più duro. [...] I Sanniti... dichiararono di aver avuto l'impressione che gli occhi dei romani schizzassero fiamme.»

La battaglia del Monte Gauro era terminata e il giorno successivo i Romani occuparono gli accampamenti dei nemici dove giunse la folla dei Campani per congratularsi con loro.

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Con la successiva battaglia di Suessula terminò il primo anno della Prima guerra sannitica. I due popoli si erano messi reciprocamente alla prova. Per i successivi cinquant'anni, fino alla battaglia di Aquilonia del 293 a.C., le prove sarebbero sanguinosamente continuate.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]