Attese

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Attese
AutoreElena Loewenthal
1ª ed. originale2004
Genereracconti
Lingua originaleitaliano

Attese è un libro della scrittrice torinese Elena Loewenthal classificatosi secondo al Premio Strega nel 2004.

Il libro si divide in quattro "capitoli" chiamati rispettivamente Aria, Fuoco, Terra e Acqua e racconta le cinque differenti storie di Rebecca, Tamar, Claudia ed Elvira, ambientate dai tempi biblici a oggi. L'attesa è l'elemento portante dei vari racconti: non è mai passiva, ma un desiderio che diventa lentamente una consapevolezza.

Le diverse donne si tramandano questo sentimento attraverso un velo di lino ruvido. È un pezzo di stoffa che non ha colore e che scivola via tra i polpastrelli, pur lasciando nelle mani di chi lo sfiora qualcosa di misterioso. Questo intreccio sottile ma robusto è il fil rouge del romanzo; il talismano dell'attesa viene nell'opera così descritto:

«Un pezzo di stoffa. Fibra di lino ruvida e poi, a poco a poco, sgualcita dal tempo che passa. Non ha colore, ombra e luce soltanto carpisce dalle mani che sfiorano, prendono, toccano, muovono. Un intreccio sottile ma robusto, trama e ordito infinite volte.»

Alla fine del libro lo stesso velo, tramandato da donna a donna e da generazione a generazione ricompare nell'armadio di una giovane dei giorni nostri, anche se in quest'ultimo episodio l'attesa non è più legata a un uomo bensì a una realizzazione personale.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Aria[modifica | modifica wikitesto]

La giovane Rachele attraversa il deserto per incontrare Isacco, che accetta come sposo prima ancora di conoscerlo. Appena ella lo scorge in lontananza si copre il volto con il velo, non per nascondersi ma per farsi riconoscere dal suo uomo.

Fuoco[modifica | modifica wikitesto]

Anche la biblica Tamar, compiendo un gesto estremamente seducente, si coprirà il viso con un velo dinanzi a Giuda, l'uomo che lei ha stabilito dover essere colui che realizzerà il suo bisogno di diventare madre.

Terra[modifica | modifica wikitesto]

Agli inizi del '900 Claudia, andata in sposa ad un uomo molto più grande di lei, dopo essere fuggita dal ghetto, accoglie placidamente la vita austera, i silenzi e la solitudine che il matrimonio con Arturo e la grigia Alessandria le offrono. Alla morte del marito affronta con la stessa caparbietà il dolore della vedovanza recidendo lentamente un pezzo del velo, donatole dalla nonna, che indossa in segno di lutto, in attesa che la magia di un nuovo amore entri nella sua vita.

Acqua[modifica | modifica wikitesto]

Elvira, levatrice per professione presso il ghetto di Mantova. Dopo aver vanamente sperato per tutta la vita nell'arrivo di un figlio suo, attende ora una morte serena insieme al marito Ariodante. È questa forse la storia più intensa in tutto il romanzo. Ariodante ed Elvira sono diametralmente opposti fra loro: lui è un ebreo che vende santini e gessi della Madonna; lei è una levatrice sterile, destinata a non generare, ma a far nascere bambini altrui. I due coniugi scelgono di morire in un ospizio insieme, ma i loro sguardi si perderanno ben prima della loro tragica fine: Ariodante diventa sempre più miope, mentre gli occhi di Elvira si fanno tanto presbiti da riuscire ad intravedere quelle docce senz'acqua di Auschwitz, dove marito e moglie finiranno i loro giorni. All'inizio della sua carriera lavorativa Elvira utilizza il velo per i neonati, ma infine verrà destinato, su richiesta del marito, a rivestire cuscinetti funebri del campo di concentramento.

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  • Blogosfere, su fuoridalghetto.blogosfere.it. URL consultato il 2 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2011).
  • RaiLibro 21 aprile 2012, su railibro.rai.it (archiviato dall'url originale il 22 novembre 2007).
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