Associazione rivoluzionaria delle donne dell'Afghanistan

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Associazione rivoluzionaria delle donne dell'Afghanistan
(FA) جمعیت انقلابی زنان افغانستان
Jamiyat-e Enqelābi-ye Zanān-e Afghānestān
(PS) د افغانستان د ښڅو انقلابی جمعیت
(EN) Revolutionary Association of the Women of Afghanistan
AbbreviazioneRAWA
TipoAssociazione femminile
Movimento femminista
Fondazione1977
FondatoreMeena Keshwar Kamal
Scopotutela dei diritti delle donne afghane
Sede centraleBandiera del Pakistan Quetta
Sito web e Sito web

L'Associazione rivoluzionaria delle donne dell'Afghanistan (in inglese Revolutionary Association of the Women of Afghanistan; in persiano جمعیت انقلابی زنان افغانستان‎, Jamiyat-e Enqelābi-ye Zanān-e Afghānestān; in pashtu: د افغانستان د ښڅو انقلابی جمعیت) è un'organizzazione sociopolitica indipendente femminile con sede a Quetta, Pakistan. I suoi obiettivi sono la tutela dei diritti delle donne, e della democrazia. Si tratta della più antica organizzazione di tale genere.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Protesta del gruppo a Peshawar, 28 aprile 1998

Rawa fu fondata nell'anno 1977 da Meena Keshwar Kamal con l'intento di aiutare le donne dell'Afghanistan[2] nella lotta per l'emancipazione e i diritti civili, nonché per sostenere la resistenza in seguito al colpo di Stato organizzato dall'Unione Sovietica nell'aprile del 1978 in Afghanistan e alla successiva occupazione. A partire dal 1992, anno in cui i Talebani conquistano Kabul, Rawa organizza una forma attiva di resistenza lavorando clandestinamente all'interno dell'Afghanistan sul versante politico e sociale, soprattutto nei numerosi campi profughi interni e in Pakistan[3], dove le attiviste stabiliscono il quartier generale clandestino. Meena Keshwar fu uccisa nel febbraio 1987 da agenti del Khad (il braccio afgano del KGB[4]).

Rawa è attiva e organizza clandestinamente sin dalla fondazione ospedali, ambulatori mobili, corsi di alfabetizzazione per donne e scuole per bambine e bambini. Conta migliaia di iscritti e simpatizzanti in molti altri paesi, tra i quali spiccano soprattutto l'Italia, il Sudan e Iran. Pubblica dal 1981 una rivista bilingue (persiano/pashtu) intitolata Payam-e-Zan (in italiano Messaggio delle donne).[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nafeez M. Ahmed, Guerra alla libertà. Il ruolo dell'amministrazione Bush nell'attacco dell'11 settembre, pag 224, Fazi Editore, 2002, ISBN 978-88-8112-364-3.
  2. ^ Daniela Gioseffi, Women on war: an international anthology of women's writings from antiquity to the present, seconda edizione, pag 283, Feminist Press, 2003, ISBN 978-1-55861-409-3.
  3. ^ A. Vanzan, Le dita nella terra, le dita nell'inchiostro. Voci di donne in Afghanistan, India, Iran, Pakistan, pag 31, Giunti Editore, 2002, ISBN 978-88-09-02536-3.
  4. ^ (EN) Articolo dal Guardian
  5. ^ (EN) Storia dal sito ufficiale

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Controllo di autoritàVIAF (EN156824725 · ISNI (EN0000 0001 0476 7266 · LCCN (ENno96060903 · GND (DE5300352-4 · J9U (ENHE987007267028405171 · WorldCat Identities (ENlccn-no96060903