Arbor infelix

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I latini indicavano con arbor infelix (albero o pianta infelice) l'albero che, diversamente dall'arbor felix (albero felice) non dava frutti[1] o ne produceva di selvatici e non commestibili.[2] L'espressione veniva utilizzata anche in ambito religioso e cultuale, distinguendo le piante benefiche da quelle maledette e care agli dèi inferi, delle quali un elenco si trova in Macrobio: il linterno, la canna sanguinea, la felce, il fico nero e quelle che hanno bacche e frutti neri, come l'agrifoglio, il pero selvatico, il pungitopo, il lampone e i rovi.[3]

In particolare, Plinio riferisce che sono dette infelices e damnatae le piante che «non vengono mai seminate e non portano frutto».[4] Macrobio informa altresì che queste liste erano presenti in un'opera di Tarquinio Prisco, l'Ostentarium, e pertanto riflettono una tradizione etrusca.[5]

In altro contesto è ancora citato l'arbor infelix. Definita la lex horrendi carminis, che colpiva i rei di perduellio, Livio descrive la pena irrogata al colpevole: «gli sia coperto il capo, sia sospeso con una corda all'albero infelice, sia frustato dentro e fuori il pomerio».[6] Essere sospeso all'albero significava esservi legato in posizione elevata da terra[7] e il condannato veniva battuto con le verghe fino a provocarne la morte.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Festo, De verborum significatione, VI: «Felices arbores Cato dixit quae fructum ferunt, infelices quae non ferunt».
  2. ^ Virgilio, Georgiche, II, 314: «infelix superat foliis oleaster amaris».
  3. ^ Macrobio, Saturnalia, III, 20, 2-3: «Arbores quae inferum deorum avertentiumque in tutela sunt, eas infelices nominant: alaternum, sanguinem, filicem, ficum atram, quaeque bacam nigram nigrosque fructus ferunt, itemque acrifolium, pirum silvaticum, pruscum, rubum sentesque quibus portenta prodigiaque mala comburi iubere oportet».
  4. ^ Plinio, Naturalis historia, 16, 45, 108: «infelices autem existimantur damnatae religione quae non seruntur umquam neque fructum ferunt».
  5. ^ Macrobio, Saturnalia, III, 20, 3: «Tarquinius autem Priscus in Ostentario arborario sic ait: Arbores quae inferum deorum avertentiumque in tutela sunt, eas infelices nominant: alternum sanguinem filicem, ficum atram, quaeque bacam nigram nigrosque fructus ferunt, itemque acrifolium, pirum silvaticum, pruscum rubum sentesque quibus portenta prodigiaque mala comburi iubere oportet».
  6. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, I, 26: «caput obnubito, infelici arbori reste suspendito, verberato vel intra pomerium vel extra pomerium».
  7. ^ Nonio Marcello, De compendiosa doctrina, II, 1903, p. 617: «Suspensum dicitur alte ligatum»; così Virgilio, Eneide, V, 488-489: «in fune columbam [...] malo suspendit ab alto».

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) Jacques André, Arbor felix, arbor infelix, in Marcel Renard e Robert Schilling (a cura di), Hommages à Jean Bayet, Bruxelles, Latomus, 1964, pp. 35-46.
  • Eva Cantarella, I supplizi capitali. Origine e funzioni delle pene di morte in Grecia e a Roma, Milano, Feltrinelli, 2011 ISBN 978-88-07-72277-6

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