Antonino Burrafato

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Antonino Burrafato
NascitaNicosia, 13 giugno 1933
MorteTermini Imerese, 29 giugno 1982
Cause della morteassassinio
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armata Corpo degli agenti di custodia
GradoVicebrigadiere
"fonti nel corpo del testo"
voci di militari presenti su Wikipedia

Antonino Burrafato (Nicosia, 13 giugno 1933Termini Imerese, 29 giugno 1982) è stato un poliziotto italiano, vicebrigadiere in servizio presso la Casa Circondariale dei Cavallacci di Termini Imerese. Fu assassinato dalla mafia il 29 giugno 1982[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Lavorava presso l'ufficio matricola del penitenziario dei Cavallacci di Termini Imerese, dove nel 1982 il sicario mafioso Leoluca Bagarella, detenuto, fu fatto transitare mentre era in viaggio per Palermo, a causa della morte del padre; tuttavia a Termini Imerese gli dovette essere notificata un'ordinanza di custodia cautelare in carcere che gli avrebbe impedito di proseguire per Palermo. L'arduo compito della consegna della notifica toccò al brigadiere Burrafato, uomo che osservava alla lettera il regolamento[2]. Dopo un acceso alterco Bagarella giurò di vendicarsi[2].

Il giorno dell'omicidio[modifica | modifica wikitesto]

Il 29 giugno 1982, giornata della partita Italia-Argentina ai mondiali di calcio, il vicebrigadiere si stava recando al lavoro. Giunto a piazza Sant'Antonio, a poche decine di metri dal carcere, alle ore 15:30, un commando di quattro uomini lo uccise usando esclusivamente armi corte. Il vicebrigadiere morì pochi attimi dopo all'ospedale Cimino di Termini Imerese.

Le indagini[modifica | modifica wikitesto]

Nelle fasi successive all'omicidio la polizia brancolava nel buio; il Giornale di Sicilia ricevette addirittura una telefonata che rivendicava l'assassinio da parte delle Brigate Rosse, la trascrizione recita "abbiamo giustiziato Burrafato, boia dell'Asinara"[2] ma Burrafato non era mai stato in servizio in Sardegna.

La scoperta della verità[modifica | modifica wikitesto]

Fino al 1996 le indagini non ebbero esito, fino a quando il pentito Salvatore Cucuzza confessò[senza fonte] di aver partecipato, fra gli altri delitti, all'assassinio del vicebrigadiere, per ordine di Leoluca Bagarella, cognato di Salvatore Riina. Il gruppo di fuoco, uno dei più feroci dell'epoca[2], era composto da Pino Greco detto "Scarpuzzedda", Giuseppe Lucchese, Antonio Marchese e dallo stesso Cucuzza.

Le Sentenze[modifica | modifica wikitesto]

  • Salvatore Cucuzza è stato condannato a 13 anni con sentenza definitiva, la sua posizione è stata stralciata dal processo.[2]
  • Leoluca Bagarella e Antonio Marchese sono stati condannati all'ergastolo con sentenza definitiva.[2]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN60944900 · ISNI (EN0000 0001 1461 5290 · LCCN (ENn2004151348 · GND (DE12438806X · WorldCat Identities (ENlccn-n2004151348
  Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie