Entella (città antica)

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Entella
Parte degli edifici dell'agorà
Nome originale Ἔντελλα
Cronologia
Fondazione V - III secolo a.C.
Amministrazione
Territorio controllato Riserva naturale integrale Grotta di Entella
Localizzazione
Stato attuale Bandiera dell'Italia Italia
Località Contessa Entellina
Coordinate 37°46′26.58″N 13°07′18.84″E / 37.774051°N 13.1219°E37.774051; 13.1219
Altitudine 570 m s.l.m.
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Entella
Entella

Entella (in greco antico: Ἔντελλα) era una delle antiche città della Sicilia tradizionalmente attribuite agli Elimi (assieme a Erice, Segesta e Iaitas). Sorgeva sulla Rocca di Entella, lungo il corso del fiume Belice sinistro (antico Ὑψας, leggi Hypsas). Il sito si trova in una posizione strategica, sia perché offre una visuale completa sul territorio circostante sia perché le caratteristiche morfologiche della Rocca ne fanno una fortezza naturale. Oggi l'area ricade a nord-ovest del Comune di Contessa Entellina.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La posizione di Entella

Nel 404 a.C. Entella fu occupata da mercenari di origine campana, che, dopo aver persuaso gli abitanti ad accoglierli, li massacrarono a tradimento, ne sposarono le mogli e presero il controllo dell'insediamento[1]. Nel corso del IV e del III secolo a.C. la città fu coinvolta nelle guerre greco-puniche, avendo rapporti alterni con i Cartaginesi e con i Greci. Durante la prima guerra punica, si schierò dalla parte dei Romani. A questo periodo è probabile risalgano i cosiddetti "Decreti di Entella", incisi su tavolette di bronzo la cui prima pubblicazione risale agli anni ottanta del secolo scorso[2]. Questi documenti, illecitamente trafugati e immessi sul mercato antiquario negli anni settanta, sono stati solo in parte recuperati grazie alla collaborazione tra il Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale e lo storico Giuseppe Nenci[3], allora titolare della cattedra di Storia greca presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e successivamente direttore degli scavi archeologici da essa condotti sulla Rocca d'Entella.

Nel Medioevo la città fu un importante centro di cultura islamica e roccaforte della resistenza berbera in età sveva; venne infine distrutta dalle truppe di Federico II che ne deportò gli abitanti a Lucera, in Puglia.[senza fonte]

Scavi archeologici[modifica | modifica wikitesto]

Le ricerche archeologiche della Scuola Normale Superiore di Pisa a Entella dimostrano che il sito era frequentato durante la media età del bronzo; ma l'urbanizzazione vera e propria è accertata solo dall'età tardo-arcaica, alla quale sono attribuite un'area artigianale, la fortificazione e alcuni ambienti di culto.

Il culto di Demetra e Kore è attestato dal V al III secolo a.C. nel santuario esterno alle mura. Di età ellenistica è la maggior parte delle tombe della necropoli "A" come dimostra il tipo di sepoltura e il vasellame e le famose iscrizioni su tavolette bronzee con i decreti delle città di Entella e Nakone.

Il decreto C1 di Entella presso il Museo Archeologico Salinas di Palermo

Attorno al 1970 infatti erano state rinvenute, a Entella (nella zona attorno all'attuale cittadina di Contessa Entellina), delle tavolette di bronzo, conosciute come Decreti di Entella[4]. In queste tavolette si fa riferimento ai Campani che costituivano la popolazione di Entella nella metà del III secolo a.C. e che erano i discendenti dei 1 200 soldati mercenari che poi si erano insediati nella città nel V secolo a.C. I caratteri usati nelle tavolette erano greci, ma la lingua parlata dal popolo era differente perché gli Elimi infatti parlavano una lingua anellenica.[5]

La leggenda[modifica | modifica wikitesto]

Nella memoria collettiva degli abitanti di Contessa Entellina persiste la leggenda della Grotta dei Dinari, nome attribuito alla cavità carsica di Rocca d'Entella, oggi sito della Riserva Naturale, che la ritiene custode di tesori protetti da incantesimi e sortilegi. Secondo un'altra tradizione nella grotta abita un mostro strisciante dalle quattordici teste: solo offrendogli giornalmente in pasto una fanciulla è possibile sedarne l'ira.

La città di Entella[modifica | modifica wikitesto]

Tomba della necropoli

Frequentato dell'Eneolitico e dall'età del bronzo, il pianoro e le pendici di Rocca d'Entella mostrano eloquenti resti della città antica, fiorente dall'età arcaica alla prima età imperiale, e poi ancora nel Medioevo, fino al definitivo e forzato abbandono nel 1246.

Il Santuario extramurano[modifica | modifica wikitesto]

A breve distanza dalla porta di NO (Contrada Petraro), lungo la strada antica proveniente dalla Valle del Belice, e sovrastato dalle mura, è stato scoperto un grande deposito votivo riferibile al culto di Demetra. I materiali votivi e le ceramiche (ora nell'Antiquarium di Contessa Entellina)[6] indicano che il santuario – un thesmophorion (area di culto delle divinità ctonie) – fu in uso dalla fine del VI fino al III sec. a.C.

Il Palazzo fortificato medievale e gli edifici ellenistico-romani[modifica | modifica wikitesto]

Sul margine sud del pianoro si trova un palazzo fortificato medievale (un quarto del XII – metà del XIII secolo), con torrione e rampa di accesso e pianta articolata intorno a due spazi aperti. L'edificio mostra analogie con strutture dell'Africa settentrionale. A sud, lungo la stradella, un edificio ellenistico (IV-III sec. a. C.) fu distrutto da un incendio probabilmente contemporaneo a quello che pose fine al granaio ellenistico. Tra le rovine sono stati raccolti abbondanti materiali tra cui vasetti votivi. Poco sopra sono affiorati i resti di un edificio abitato ancora in età romana (I sec. a.C.).

Ingresso nord-ovest di Entella

Le mura[modifica | modifica wikitesto]

Una cinta muraria lunga 2 800 m circa proteggeva il versante nord, il più facilmente accessibile dal fondovalle e dal ramo sinistro del fiume Belice (antico Crimisio); sui lati sud, est e ovest, invece, le pareti rocciose offrono una difesa naturale, talvolta integrata da interventi umani. Allo sbocco dei due valloni in cui si articola il rilievo della Rocca, si trovano le porte ubiche.

Ben indagata e visibile è la porta di nordovest, cui si accedeva da una strada – ancora percorribile – che si snoda lungo le pendici di Cozzo Petraro. Meno riconoscibile è, invece, la via d'accesso sul versante nordest che immetteva nell'Area pubblica (agorà) della città. Nei pressi della porta di nordovest, recenti scavi hanno portato in luce una necropoli di rito islamico.

L'agorà[modifica | modifica wikitesto]

Nel vallone orientale si vedono imponenti resti di edifici pubblici: un tempio senza peristasi (oikos) con altare interno dei primi decenni del V sec. a. C. e un granaio costruito alla fine del IV e distrutto da un incendio alla metà del III sec. a.C. I due edifici erano contenuti da prospetti monumentali e allineati lungo il lato orientale dell'agorà (la piazza pubblica). Sono stati indagati anche un deposito votivo di fondazione del granaio, con statuette tipiche del culto di Demetra, e la cava di gesso usato nella costruzione di questo complesso. Recenti scavi hanno portato in luce un grande ambiente in parte scavato nella roccia, e un altro deposito votivo della fine del IV sec. a.C.

L'arco del Pizzo della Regina

Il pizzo della regina[modifica | modifica wikitesto]

È il punto più elevato della Rocca (557 s.l.m.), e si vedono i resti di un castello medievale noto già nel XVI secolo, rilevati e descritti nel 1858 da F. Sabatier. Si vede ancora una cisterna con volta a botte. Il fortilizio completava a sud-est il sistema difensivo medievale comprendente, oltre le mura, il Palazzo fortificato (versante sud) e una struttura sul Cozzo petraro (angolo nord).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Diod. 14, 9.
  2. ^ Per una panoramica degli studi moderni sui decreti cfr. Da un’antica città di Sicilia. I decreti di Entella e Nakone. Catalogo della mostra, Pisa 2001 (in particolare il contributo di M.I. Gulletta). Tra i testi è compreso un decreto emanante non da Entella, ma dalla città di Nakone.
  3. ^ Ricordo di Giuseppe Nenci da arkeomania.com
  4. ^ I Decreti da Entella 2001 | Laboratorio di Scienze dell'Antichità, su lsa.sns.it. URL consultato il 5 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
  5. ^ Entella (Guida Breve) (PDF), su regione.sicilia.it.
  6. ^ L'Antiquarium di Entella "Giuseppe Nenci", su contessaentellina.gov.it. URL consultato il 6 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 22 novembre 2018).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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