Anita Berber

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Anita Berber (Lipsia, 10 giugno 1899Berlino, 10 novembre 1928) è stata una ballerina, attrice e scrittrice tedesca, vissuta nel periodo della Repubblica di Weimar e ritratta da Otto Dix nel celebre dipinto "La ballerina Anita Berber".

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nata da genitori bohemién (un'artista di cabaret e un violinista) presto divorziati, viene cresciuta dalla nonna a Dresda. Durante l'adolescenza intraprende studi di danza sotto la direzione di Rita Sacchetto ed Émile Jaques-Dalcroze.

Anita Berber in una foto di Alexander Binder, ca 1921

All'età di 16 anni si trasferisce a Berlino dove, nel 1917, debutta come ballerina di cabaret. Nello stesso periodo intraprende una carriera di modella per riviste di moda come Die Dame e Elegante Welt. Comincia a danzare nuda nel 1919, è infatti la prima ballerina a danzare nuda nella Germania di Weimar. Diviene rapidamente celebre per il suo essere scandalosa, ambigua, bisessuale e per il suo smodato uso di droghe.

Danza spesso indossando un pesante trucco, che nelle foto in bianco e nero e nei film dell'epoca risulta di un nero intenso, sottolineando così le sue labbra sottili e i suoi occhi[1]. Taglia i suoi capelli in un caschetto alla moda, che colora spesso di rosso, così come appare ritratta da Otto Dix nel celebre dipinto del 1925 "La ballerina Anita Berber".

Appare spesso nelle sue performance in compagnia dell'amico e talvolta amante Sebastian Droste, che possiamo vedere nel film Algol del 1920, caratteristico per i capelli pettinati all'indietro con abbondante brillantina e basette arricciate a formare dei tirabaci. In scena entrambi appaiono indossando null'altro che un perizoma, e Anita occasionalmente indossa un corsetto ben al disotto del petto, mettendo così in evidenza il suo piccolo seno[1].

Dal 1918 comincia a lavorare nel cinema e reciterà in una ventina di film muti, tra i quali alcune pellicole ascrivibili al genere espressionista e film di educazione sessuale diretti da Richard Oswald.

Nel 1922 Anita Berber viene richiesta da Fritz Lang nel film Il dottor Mabuse, in sostituzione della protagonista, l'attrice norvegese Aud Egede Nissen, nelle scene di danza: sul palcoscenico la danzatrice, di una figura più esile rispetto all'attrice, per pochi secondi mostra il seno, coprendolo subito con le mani.

La dipendenza della Berber dalla cocaina e la bisessualità di cui non fa mistero, diventano argomento di pettegolezzo pubblico[2]. Si diceva fosse la schiava sessuale di una donna e avesse un'amante di 15 anni. La si può incontrare frequentemente nella Berlino di quegli anni nelle hall di alberghi, in nightclub e casinò coperta solamente di una elegante scialle di zibellino, con una scimmietta e una spilla d'argento contenente della cocaina.

Oltre ad essere una cocainomane la Berber era anche un'alcolista, ma all'età di 29 anni deve disintossicarsi improvvisamente e completamente. Riferisce Mel Gordon nella biografia The Seven Addictions and Five Professions of Anita Berber[3] che le fu diagnosticata una galoppante tubercolosi durante una tournée all'estero.

Muore il 10 novembre 1928 nell'ospedale di Kreuzberg e viene sepolta al Cimitero di San Tommaso a Neukölln.

Omaggi[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Wound Magazine Archiviato il 18 aprile 2008 in Internet Archive.
  2. ^ (EN) Anita Berber Archiviato il 30 dicembre 2008 in Internet Archive.
  3. ^ (EN) Mel Gordon The Seven Addictions and Five Professions of Anita Berber: Weimar Berlin's Priestess of Decadence, Feral House, Los Angeles, 2006. ISBN 1-932595-12-0
  4. ^ (EN) Anita - Tänze des Lasters, su IMDb, IMDb.com.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Anton Gill A Dance between the Flames: Berlin between the Wars, New York, Carroll & Graf, 1993.
  • (DE) Lothar Fischer Tanz zwischen Rausch und Tod: Anita Berber, 1918-1928 in Berlin., Berlino, Haude und Spener, 1996.
  • (EN) Karl Eric Toepfer Empire of Ecstasy: Nudity and Movement in German Body Culture, 1910-1935, Berkeley, University of California Press, 1997.
  • (EN) Alexandra Richie Faust's Metropolis: A History of Berlin, New York, Carroll and Graf, 1998.
  • (EN) Andrea Capovilla Berber, Anita in Who's Who in Contemporary Gay and Lesbian History: From Antiquity to World War II. (pp. 50–51), Robert Aldrich and Garry Wotherspoon, New York, 2001.
  • (EN) Susan Laikin Funkenstein, Anita Berber: Imaging a Weimar Performance Artist, in Woman's Art Journal 26.1, Primavera/Estate 2005 (pp. 26–31).
  • (EN) Mel Gordon The Seven Addictions and Five Professions of Anita Berber: Weimar Berlin's Priestess of Decadence, Feral House, Los Angeles, 2006. ISBN 1-932595-12-0
  • (EN) Legendary Sin Cities - Berlin: Metropolis of Vice, Canadian Broadcasting Corporation [1]

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