Alexej von Jawlensky

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Autoritratto del 1912.

Alexej von Jawlensky, alla nascita Aleksej Georgievič Javlenskij (in russo Алексей Георгиевич Явленский?; Toržok, 25 marzo 1864Wiesbaden, 15 marzo 1941), è stato un pittore russo naturalizzato tedesco, rappresentante dell'espressionismo tedesco, esponente del gruppo Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro) e uno dei maggiori interpreti delle avanguardie artistiche del '900.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato da una famiglia di rigide tradizioni militari, Jawlensky inizia la carriera di ufficiale[1] raggiungendo il grado di Capitano delle Guardie Imperiali di San Pietroburgo[senza fonte]. A 32 anni lascia l'esercito per studiare pittura,[2] ma ormai intollerante alle regole e alle convenzioni abbandona l'Accademia russa di belle arti di San Pietroburgo e inizia a viaggiare per l'Europa. Nel 1896 assieme a Marianne von Werefkin si trasferisce a Schwabing, il quartiere degli artisti di Monaco di Baviera, dove incontra Vasilij Kandinskij e dove entra a far parte della Neue Künstlervereinigung.[3][4] Aderisce al Blaue Reiter, il gruppo di artisti formatosi nel 1911 per iniziativa di Kandinskij e Franz Marc, al quale aderirono anche Paul Klee e August Macke. Allo scoppio del conflitto mondiale si ritira in Svizzera. Dal 1922 vive a Wiesbaden; nel 1929 iniziano i primi disturbi fisici dovuti all'artrite reumatoide. Nel 1930 chiede di avere la nazionalità tedesca, che ottiene nel 1934.[senza fonte] Dal 1937 non sarà più in grado di dipingere,[3] ma il suo nome entra nell'elenco degli artisti che il regime nazista bollerà come "degenerati". Come Marianne von Werefkin, Kandinskij e Klee, fu un seguace della Teosofia[5]. Muore a Wiesbaden, in Germania, nel 1941.[3]

Stile e tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Jawlensky si distingue per un uso personalissimo del colore, steso a campiture larghe e piatte sulla scia di Matisse, il lavoro del quale ebbe modo di conoscere durante i frequenti soggiorni parigini. Altri riferimenti di Jawlensky sono il folklore e le tradizioni russe, le icone e gli smalti bizantini che lo portano alla stilizzazione degli ultimi volti femminili, il simbolismo religioso dei quali si esprime anche nella scelta dei titoli.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Jawlensky in High Key, in Life, 29 novembre 1963.
  2. ^ (DEEN) Alexej von Jawlensky zum 50. Todesjahr, Das Museum, 1991, p. 13.
  3. ^ a b c Jawlensky, Alexej von, su treccani.it. URL consultato l'8 giugno 2023.
  4. ^ L’avventura di Jawlensky e Werefkin, su ilmanifesto.it. URL consultato l'8 giugno 2023.
  5. ^ Roberto Floreani, "Astrazione, spiritualità e Teosofia"

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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