Aconitum anthora

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Aconito antora
Aconitum anthora
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
Ordine Ranunculales
Famiglia Ranunculaceae
Sottofamiglia Ranunculoideae
Tribù Delphinieae
Genere Aconitum
Specie A. anthora
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Sottoregno Tracheobionta
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Sottoclasse Magnoliidae
Ordine Ranunculales
Famiglia Ranunculaceae
Sottofamiglia Ranunculoideae
Tribù Delphinieae
Genere Aconitum
Specie A. anthora
Nomenclatura binomiale
Aconitum anthora
L., 1753
Nomi comuni

(DE) Blassgelber Eisenhut
(FR) Aconit anthora
(EN) Pyrenean Monk's-hood

Aconitum anthora (L., 1753), comunemente noto come aconito antora, è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, originaria di un vasto areale esteso dall'Europa alla Mongolia[1].

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome del genere (“Aconitum”) deriva dal greco akòniton (= “pianta velenosa”). La pianta infatti risulta conosciuta per l'alta sua tossicità fin dai tempi dell'antichità omerica. Con questo nome probabilmente veniva indicata una pianta velenosa endemica il cui habitat frequente era tra le rocce ripide di alcune zone della Grecia. Due sono le radici che vengono attribuite al nome: (1) akòne (= “pietra”) facendo riferimento al suo habitat; (2) koné (= “uccidere”), facendo ovviamente riferimento alla sua tossicità. Veniva anche usata come simbolo negativo (maleficio o vendetta) nella mitologia dei popoli mediterranei. L'epiteto specifico deriva (sempre dal greco) dalla radice anthòs (= “fiore”) (insieme all'epiteto generico può quindi significare: “fiore velenoso”)[2].
Il binomio scientifico attualmente accettato (Aconitum anthora) è stato proposto da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Descrizione delle parti della pianta
Il portamento

Sono piante erbacee, perenni la cui altezza può arrivare da 5 a 10 dm. La forma biologica è definita come geofita rizomatosa (G rhiz), ossia sono piante che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei come rizomi, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei.

Radici[modifica | modifica wikitesto]

Le radici sono secondarie da rizoma.

Fusto[modifica | modifica wikitesto]

  • Parte ipogea: la parte sotterranea è un rizoma ingrossato e tuberoso.
  • Parte epigea: la parte aerea del fusto è eretta (ascendente e cilindrica) e pubescente.

Foglie[modifica | modifica wikitesto]

Le foglie
  • Foglie basali: le foglie basali sono del tipo 3 – 4 palmatosette con margini profondamente incisi. I segmenti terminali sono delle lacinie lineari larghe 1 – 2 mm.
  • Foglie cauline: le foglie cauline sono disposte in modo alterno e sono progressivamente più piccole con un minore di segmenti.

Infiorescenza[modifica | modifica wikitesto]

L'infiorescenza è una pannocchia terminale del tipo a racemo. È sia ramosa che fogliosa soprattutto alla base. I fiori sono peduncolati; la lunghezza dei peduncoli è minore dei fiori stessi. Altezza dell'infiorescenza: 10 – 15 cm.

Fiore[modifica | modifica wikitesto]

I fiori

Questi fiori sono considerati fiori arcaici, o perlomeno derivati da fiori più arcaici dalla struttura aciclica. Il perianzio è formato da due verticilli: gli elementi esterni hanno una funzione di protezione e sono chiamati tepali o sepali (la distinzione dei due termini in questo caso è ambigua e quindi soggettiva); quelli interni sono dei nettari[3] (in questo fiore la corolla è praticamente assente). I fiori sono pentameri (a cinque elementi) a simmetria zigomorfa (o bilaterale). In questi fiori il calice non è speronato. Il colore del perianzio è giallo (pallido). Altezza del fiore: 15 – 20 mm.

  • Formula fiorale: per questa pianta viene indicata la seguente formula fiorale:
x K 5, C 2, A numerosi, G 5 (supero)[4]
  • Calice: il calice ha cinque sepali (o tepali) di tipo petaloideo, molto diversi fra loro, di cui il superiore ha la forma di elmo o casco a geometria emisferica con alla base un prolungamento a forma di becco. Degli altri sepali due hanno una disposizione laterale a forma ovale; i due inferiori sono più lineari e lanceolati. I sepali non sono persistenti alla fruttificazione. Dimensione del casco: altezza 8 – 12 mm; larghezza 14 – 16 mm. Lunghezza del becco del casco: 1/3 del totale.
  • Corolla: praticamente assente; i petali interni 2 (raramente 5) sono delle foglie trasformate in produttori di nettare ed hanno una forma cilindrica spiraleggiante un po' clavata (a martelletto).
  • Androceo: gli stami (scuri) sono numerosi (da 25 a 50) a disposizione spiralata.
  • Gineceo: i carpelli (sessili e spiralati) sono 5 (raramente di meno). I pistilli contengono da 10 a 20 ovuli.
  • Fioritura: da agosto a settembre.

Frutti[modifica | modifica wikitesto]

Il frutto è costituito da un aggregato di 5 capsule o follicoli sessili e polispermi (frutto secco sviluppato longitudinalmente con delle fessure per la fuoriuscita dei semi). Ogni follicolo termina con un becco diritto di 2 – 3 mm.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

  • Impollinazione: l'impollinazione è garantita soprattutto da diversi insetti, come api e vespe in quanto sono piante nettarifere (impollinazione entomogama).
  • Riproduzione: la fecondazione avviene sia tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra), ma anche per divisione del piede (propagazione tipicamente orticola).

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Distribuzione della pianta (Distribuzione regionale[5] – Distribuzione alpina[6])

Fitosociologia[modifica | modifica wikitesto]

Dal punto di vista fitosociologico la specie di questa voce appartiene alla seguente comunità vegetale[7]:

Formazione: delle comunità delle macro- e megaforbie terrestri
Classe: Trifolio-Geranietea sanguinei
Ordine: Origanetalia vulgaris
Alleanza: Geranion sanguinei

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Il genere Aconitum comprende 250 specie[8] (una dozzina delle quali sono spontanee dei territori italiani) distribuite soprattutto nelle regioni temperate. La famiglia delle Ranunculaceae invece comprende oltre 2000 specie distribuite su circa 47 generi[8] (2500 specie e 58 generi secondo altre fonti[9]).
Da un punto di vista sistematico (e pratico) le specie di questo genere vengono classificate in base al colore del fiore e alla forma. In questo caso il fiore “Aconito antora” appartiene al gruppo delle piante vellutate con cappuccio tanto lungo quanto largo[10].
Il numero cromosomico di A. anthora è: 2n = 32[11].

Variabilità[modifica | modifica wikitesto]

Come tutte le specie di Aconitum, anche questa ha una grande variabilità facilitata da cause di isolamento e di ibridazione. Questo polimorfismo ha spinto più di qualche Autore a includerla nel Gruppo di Aconitum vulparia insieme alla vicina specie Aconitum lamarckii Rchb.. Attualmente queste due ultime specie (vulparia e lamarckii), secondo le più recenti checklist[12], insieme ad altre varietà sono state incluse in Aconitum lycoctonum L..
Nell'elenco che segue sono indicate alcune sottospecie, varietà e forme (non presenti in Italia)[11][13][14]. L'elenco può non essere completo e alcuni nominativi sono considerati da altri autori dei sinonimi della specie principale o anche di altre specie:

Sottospecie:

  • A. anthora subsp. confertiflorum (DC.) Vorosch. (1975)
  • A. anthora subsp. nemorosum (Bieb. ex Reichenb.) Vorosch. (1990)

Varietà:

  • A. anthora var. atrovirens DC. (1817)
  • A. anthora var. confertiflorum DC. (1817)
  • A. anthora var. eulophum Ser. (1820)
  • A. anthora var. gilvum Maxim. (1889)
  • A. anthora var. grandiflorum Reichenb. (1825)
  • A. anthora var. inclinatum Ser. (1820)
  • A. anthora var. jacquinianum Ser. (1820)
  • A. anthora var. jacquinii (Reichenb.) Steudel (1840)
  • A. anthora var. patulum Rouy & Foucaud (1893)
  • A. anthora var. velutinum Rchb.
  • A. anthora var. versicolor Steven ex Ser. (1823)

Forme:

  • A. anthora fo. collinum Schur
  • A. anthora fo. jacquinii Rchb.

Sinonimi[modifica | modifica wikitesto]

Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:

  • Aconitum eulophum Rchb. (1819)
  • Aconitum jacquinii Rchb. (1819)
  • Aconitum nemorosum M.Bieb. (1819)
  • Aconitum ochroleucum Salisb. (1796)
  • Aconitum pseudanthora Blocki ex Pacz. (1981)

Specie simili[modifica | modifica wikitesto]

Gli aconiti sono fiori di facile identificazione, e quelli gialli (almeno in Italia) sono praticamente di due specie (a parte le varietà): anthora e lycoctonum. Si distinguono soprattutto per le dimensioni dell'elmo: in lycoctonum (comprese varietà come vulparia, neapolitanum e lamarckii ormai inclusa in lycoctonum) l'elmo è 2 – 3 volte più alto che largo; mentre in anthora l'elmo è alto quanto largo.

Usi[modifica | modifica wikitesto]

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Farmacia[modifica | modifica wikitesto]

È una pianta velenosa (contiene alcaloidi e glucosidi – soprattutto l'aconitina). I suoi fiori sono tra i più tossici della flora spontanea italiana. I sintomi per avvelenamento di questa pianta sono nausea, vomito, diarrea, bradicardia, aritmia e infine arresto cardiaco e morte. Nella medicina popolare, anticamente, veniva usata per i suoi effetti antidolorifici, sedativi e calmanti.

Giardinaggio[modifica | modifica wikitesto]

Queste piante vengono soprattutto coltivate come fiori ornamentali grazie all'elegante contrasto tra i fiori e il ricco e decorativo fogliame. Sono piante rustiche (di facile impianto e mantenimento) e si adattano a qualsiasi tipo di terreno. Superano facilmente i rigori dell'inverno.

Altre notizie[modifica | modifica wikitesto]

Dato l'alto grado di tossicità di questa specie, sono stati fatti diversi studi e ricerche sul contenuto di flavonoidi (dei glicosidi) e alcaloidi nelle radici e in altre parti della pianta[15][16].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Aconitum anthora L., su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 4 febbraio 2021.
  2. ^ Motta, p. 30.
  3. ^ Pignatti, vol.1 - p. 277.
  4. ^ Tavole di Botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 14 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 14 maggio 2011).
  5. ^ Checklist of the Italian Vascular Flora, p. 46.
  6. ^ Flora Alpina, p. 130.
  7. ^ Flora Alpina, vol. 1 - pag. 130.
  8. ^ a b Botanica Sistematica, p. 327.
  9. ^ Strasburger, p. 817.
  10. ^ Motta, p. 28.
  11. ^ a b Index synonymique de la flore de France, su www2.dijon.inra.fr. URL consultato il 15 settembre 2010.
  12. ^ Checklist of the Italian Vascular Flora, Nota 24 a pag. 398.
  13. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 15 settembre 2010.
  14. ^ Tropicos Database, su tropicos.org. URL consultato il 15 settembre 2010.
  15. ^ Cristina Mariania, Alessandra Bracab, Sara Vitalinia, Nunziatina De Tommasic, Francesco Visiolid and Gelsomina Fico, Flavonoid characterization and in vitro antioxidant activity ofAconitum anthora L. (Ranunculaceae), in Phytochemistry - Volume 69, Issue 5, March 2008, Pages 1220-1226.
  16. ^ MERICLI A. H.; MERICLI F.; ULUBELEN A.; BAHAR M.; ILARSLAN R.; ALGÜL G.; DESAI H. K.; TENG Q.; PELLETIER S. W., Diterpenoid alkaloids from the aerial parts of Aconitum anthora L., in Pharmazie - 2000, vol. 55, no9, pp. 696-698 (20 ref.). URL consultato il 16 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 26 dicembre 2010).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giacomo Nicolini, Enciclopedia Botanica Motta. Volume primo, Milano, Federico Motta Editore, 1960, p. 28.
  • Sandro Pignatti, Flora d'Italia. Volume primo, Bologna, Edagricole, 1982, p. 286, ISBN 88-506-2449-2.
  • D.Aeschimann, K.Lauber, D.M.Moser, J-P. Theurillat, Flora Alpina. Volume primo, Bologna, Zanichelli, 2004, p. 130.
  • 1996 Alfio Musmarra, Dizionario di botanica, Bologna, Edagricole.
  • Eduard Strasburger, Trattato di Botanica. Volume 2, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007, p. 817, ISBN 88-7287-344-4.
  • Judd-Campbell-Kellogg-Stevens-Donoghue, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, p. 327, ISBN 978-88-299-1824-9.
  • F.Conti, G. Abbate, A.Alessandrini, C.Blasi, An annotated checklist of the Italian Vascular Flora, Roma, Palombi Editore, 2005, p. 46, ISBN 88-7621-458-5.

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