Abuso d'ufficio

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Delitto di
Abuso d'ufficio
Fonte Codice penale italiano
Libro II, Titolo II, Capo I
Disposizioni art. 323
Competenza tribunale collegiale
Procedibilità d'ufficio
Arresto facoltativo
Fermo non consentito
Pena reclusione da 1 a 4 anni

L'abuso d'ufficio è un reato previsto dall'art. 323 del codice penale italiano.

La disposizione[modifica | modifica wikitesto]

Secondo l'art. 323 c.p.:

«1. Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

2. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità.»

Analisi e caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Si ha il reato di abuso d'ufficio quando un pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, nell'esercizio delle sue funzioni produce un danno o un vantaggio patrimoniale che è in contrasto con le norme di legge. Il bene giuridico tutelato è il buon andamento e l'imparzialità della pubblica amministrazione, oltre alla trasparenza dell'azione amministrativa.

La condotta delineata dall’articolo 323 del codice penale consiste nel compimento di un’azione, inerente alla funzione o al servizio svolto, posta in essere in violazione di legge, oltre che nell’inosservanza di obblighi di astensione tipizzati dalla stessa fattispecie penale o da altre fonti normative.

Per la realizzazione del delitto la norma richiede inoltre la configurazione di due eventi alternativi: un ingiusto vantaggio patrimoniale, che il pubblico agente procura a sé o ad altri, oppure un danno ingiusto arrecato a qualcuno. È inoltre necessario che l’autore si rappresenti e voglia la condotta e gli eventi citati nella forma del dolo intenzionale.

Il vantaggio patrimoniale è rappresentato da qualsiasi vantaggio suscettibile di valutazione economica come l'attribuzione di un posto di lavoro; il danno, invece, è definito come ingiusto questo vuol dire che ricomprende tanto il danno patrimoniale tanto quello non patrimoniale. La Cassazione ha ritenuto che l'ingiustizia del profitto o del danno non possa de plano farsi discendere dal fatto che il pubblico ufficiale, o l'incaricato di pubblico servizio, ha agito in violazione di disposizioni di una norma giuridica, dovendosi al contrario operare una duplice, distinta valutazione (c.d. criterio della doppia o autonoma ingiustizia: violazione di norma giuridica, da un lato; ingiustizia del profitto o del danno, dall'altro).

Evoluzione della fattispecie[modifica | modifica wikitesto]

Il reato di abuso d'ufficio è stato oggetto di quattro riforme legislative che ne hanno modificato incisivamente la disciplina. Tali riforme hanno operato una netta distinzione del reato di abuso d'ufficio rispetto a quanto invece sottoposto al Tribunale amministrativo regionale e oggetto di eccesso di potere, quale figura sintomatica dell'annullabilità dei provvedimenti amministrativi.

Nel 1990[modifica | modifica wikitesto]

Nella riforma attuata con la legge 86/1990 fu estesa l'applicabilità della fattispecie da chi rivestiva la qualità di pubblico ufficiale anche a chi fosse incaricato di pubblico servizio[1], circoscrivendo la natura di "abuso innominato" precedentemente criticata dalla dottrina su testo del codice Rocco.

Nel 1997[modifica | modifica wikitesto]

La riforma del 1997 operata con la Legge 234/1997, ha prodotto due effetti:

  • in primo luogo, riducendo di un anno il limite massimo della pena originariamente previsto (portandolo da cinque a quattro anni, quando il fatto è commesso per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale), ha escluso la possibilità per il pubblico ministero di chiedere, nel corso delle indagini, intercettazioni telefoniche (infatti, ai sensi dell'art. 266, comma 1, lett. b) c.p.p., tale mezzo di ricerca della prova è consentito nei procedimenti per delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni);
  • in secondo luogo ha ridotto l'area del penalmente illecito: nella versione previgente, invero, era punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che avesse abusato del suo ufficio al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio, patrimoniale o non patrimoniale, o per arrecare ad altri un danno ingiusto (l'evento, dunque, si sostanziava nell'esercizio di prerogative secondo modalità difformi dal paradigma normativo); nella nuova previsione, è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o intenzionalmente arreca un danno ingiusto (l'evento è, quindi, il conseguimento di un vantaggio ingiusto o il prodursi di un danno ingiusto). L'elemento soggettivo richiesto è oggi il dolo intenzionale e non più il dolo specifico, quindi la fattispecie in questione non potrà essere realizzata con un dolo eventuale, così determinando difficoltà probatorie di non poco momento. Inoltre, è stato espunto il vantaggio non patrimoniale: ai fini dell'integrabilità del reato, il vantaggio deve essere "patrimoniale".

Nel 2012[modifica | modifica wikitesto]

La durata della pena è stata nuovamente modificata verso l'alto dalla legge 190/2012: i termini edittali minimi furono portati da sei mesi a un anno e quelli massimi da tre a quattro anni.

Nel 2020[modifica | modifica wikitesto]

L’articolo 23 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 è intervenuto sul codice penale (articolo 323) per modificare la disciplina del delitto di abuso di ufficio, con riferimento all’elemento oggettivo della fattispecie, ossia alla tipologia di violazioni - da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle sue funzioni - che determina l’integrazione del delitto stesso[2]. «Con le modifiche apportate dal decreto legge, l’ambito oggettivo di applicazione della fattispecie è circoscritto in quanto: non sono più sanzionati sul piano penale comportamenti in trasgressione di misure regolamentari, ma solo di "specifiche regole di condotta" previste da norma di rango primario (legge o atto avente forza di legge); ulteriore condizione per la configurazione del delitto è che le regole di condotta violate non contemplino margini di discrezionalità in sede applicativa. Vincolando l’abuso penalmente rilevante alla violazione di specifiche ed espresse regole di condotta la riforma mira dunque a ridurre l’area applicativa dell’incriminazione, escludendo che la violazione di principi generali possa integrare il delitto. Inoltre non integrerà l’abuso d’ufficio penalmente rilevante la violazione di una specifica ed espressa regola di condotta, caratterizzata però da margini di discrezionalità»[3].

Nel 2023[modifica | modifica wikitesto]

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia Carlo Nordio, nella seduta del 15 giugno, ha approvato un disegno di legge che prevede, tra l'altro, l'abrogazione di tale fattispecie[4].

Esempi[modifica | modifica wikitesto]

Commetterebbe tale reato ad esempio il dirigente comunale degli "Affari generali e personale" che adotta un atto amministrativo diretto all'assunzione temporanea della figlia per chiamata diretta presso il Corpo di Polizia Locale, quindi non astenendosi in una situazione di conflitto di interessi e per di più favorendo la figlia a discapito di terzi che possedevano più requisiti per l'assunzione[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

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