4Licensing Corporation

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4Licensing Corporation
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StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Fondazione28 aprile 1970 a New York
Chiusura7 febbraio 2017
Sede principaleNew York
Sito webwww.4licensingcorp.com/

4Licensing Corporation (precedentemente conosciuta come 4Kids Entertainment) è stata un'azienda televisiva statunitense specializzata nell'acquisto, produzione e licenza dei programmi di intrattenimento per bambini nel mondo. Ha doppiato e trasmesso negli USA serie anime quali Pokémon, Yu-Gi-Oh! e One Piece[1]. Ha inoltre licenziato programmi per emittenti televisive.

Critiche[modifica | modifica wikitesto]

Logo della 4Kids Entertainment (dal 2005 al 2012)

La 4Kids Entertainment era stata oggetto di critiche da parte degli appassionati di animazione giapponese per via delle procedure pesanti di editing, censura e localizzazione di alcune serie da essa distribuite in occidente. Sull'argomento l'ex CEO Al Kahn dichiarò in un'occasione come l'azienda cercasse di "localizzare gli anime in modo che i bambini dei paesi anglosassoni possano comprenderli"[2] se tali cambiamenti sono necessari per rendere tali titoli redditizi[2].

Nella maggioranza dei casi, l'editing operato dalla casa di distribuzione riguardava il cambio di nomi di alcuni personaggi, la riscrittura dei dialoghi, l'adattamento di elementi nipponici estranei alla cultura occidentale (per esempio nelle serie dei Pokémon gli onigiri vengono spesso chiamati e poi sostituiti da cibi americani, per esempio ciambelle alla gelatina o sandwich)[3] oppure evitando stereotipi che potrebbero risultare offensivi per il pubblico statunitense (per esempio con la ricolorazione di Mr. Popo in Dragon Ball Kai[4] e di un personaggio di colore in One Piece, in modo da evitare che venissero considerati stereotipi blackface dagli afroamericani). L'azienda ha anche rimpiazzato tramite l'editing di alcune scene oggetti considerati "suggestivi" (in One Piece le sigarette sono state trasformate in lecca lecca[5]), così come molti riferimenti e simboli religiosi[6], così come altri contenuti ritenuti troppo violenti[5].

In risposta a tali critiche Al Kahn dichiarò nel 2005 che "se [i fan degli anime] vogliono che tali prodotti siano disponibili negli USA, allora devono accettare il fatto che siano disponibili in due versioni"[2]. Questo fu vero solo in parte, infatti la ditta pubblicò i primi nove episodi di Yu-Gi-Oh! in versione senza censura e ridoppiata completamente per l'home video[7], edizione che venne poi in seguito abbandonata dopo la terza uscita[8].

Altre critiche all'azienda sono invece pervenute da parte dei genitori per via della trasmissione americana di Shaman King, ritenuto troppo violento[9].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Scott Baird, 15 Shocking Ways 4Kids Entertainment Censored Their Shows, su Screen Rant, 8 agosto 2017. URL consultato il 9 dicembre 2019 (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2017).
  2. ^ a b c (EN) Steven Pennington, Alfred R. Kahn, su animenewsnetwork.com, Anime News Network, 24 aprile 2005. URL consultato il 4 gennaio 2019.
  3. ^ Pokémon negli USA, le censure più assurde, su animeclick.it, AnimeClick.it, 11 settembre 2018. URL consultato il 4 gennaio 2019.
  4. ^ (EN) Tristan Cooper, 5 Weird Ways Dragon Ball Has Been Censored, su Dorkly, 8 luglio 2015. URL consultato il 4 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 4 gennaio 2019).
  5. ^ a b Censure americane di One Piece, su Rolonoa Zoro One Piece Italia. URL consultato il 4 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  6. ^ Le Censure di YU-GI-OH - Premessa, su Il Bazar di Mari, 18 gennaio 2013. URL consultato il 4 gennaio 2019.
  7. ^ (EN) Yu-Gi-Oh! Duel Monsters - The Shadow Games Uncut (DVD/R1 1), su animenewsnetwork.com, Anime News Network. URL consultato il 4 gennaio 2019.
  8. ^ (EN) Yu-Gi-Oh! Duel Monsters - Uncut - Stolen: Blue-Eyes White Dragon (DVD/R1 3), su animenewsnetwork.com, Anime News Network. URL consultato il 4 gennaio 2019.
  9. ^ (EN) New PTC Study Finds More Violence on Children's TV than on Adult-Oriented TV, in Parents Television Council, 2 marzo 2006. URL consultato il 19 gennaio 2022 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2019).

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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