ʿAlī al-Riḍā

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Testo arabo con il nome di Ali ibn Musa e uno dei suoi titoli, "al-Rida"

Abū l-Ḥasan ʿAlī ibn Mūsā al-Riḍā o Imām ʿAlī al-Riḍā (in arabo أبو الحسن علي بن موسى الرضا), noto in Iran con il nome di ʿAli pesar Mūsā Reżā (persiano علی پسر موسی رضا) o Emām Reżā (Medina, 1º gennaio 766Tus vicino all'odierna Mashhad, 5 settembre 818[1]) è stato l'ottavo Imam sciita duodecimano e alauita.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Infanzia[modifica | modifica wikitesto]

ʿAlī al-Riḍā, figlio del settimo Imām Mūsā al-Kāẓim, venne alla luce un mese dopo la morte di suo nonno Jaʿfar al-Ṣādiq. Suo padre morì avvelenato in carcere per volere del Califfo abbaside Hārūn al-Rashīd nel 799, ʿAlī al-Riḍā aveva allora 35 anni.

Imamato[modifica | modifica wikitesto]

Come gli Imam precedenti ʿAlī al-Riḍā iniziò il suo imamato restando nell'ombra, impegnato negli studi religiosi e scientifici a Médina, per cautelarsi dalla repressione condotta contro l'Ahl al-Bayt degli Abbasidi. Hārūn al-Rashīd vietò, invano, ai medinesi si rendergli visita e di seguire il suo insegnamento.

Alla morte di Hārūn al-Rashīd i suoi due figli furono coinvolti in una sanguinosa guerra civile per il Califfato. Il primo, al-Amīn, figlio di Zubayda bint Jaʿfar, nipote del Califfo al-Mansūr, ebbe il sostegno degli Arabi; il secondo, al-Maʾmūn, figlio della schiava persiana Marājil, fruì dell'appoggio dei Persiani. Al-Amīn succedette regolarmente a suo padre nell'809 ma, per vari motivi (su cui si veda Guerra civile tra al-Amin e al-Ma'mun), scoppiò presto una guerra fratricida, conclusasi con l'affermazione di al-Maʾmūn e la morte di al-Amīn nell'813.[2]

Il nuovo Califfo abbaside al-Maʾmūn sembrò cambiare completamente orientamento nei confronti degli sciiti. Pensando che i suoi sostenitori persiani fossero favorevoli agli Hashemiti, chiese il sostegno di ʿAlī al-Riḍā e lo invitò a raggiungerlo nella sua capitale di Merv. Nell'818 ʿAlī al-Riḍā raggiunse al-Maʾmūn, lasciando a Medina solo suo figlio Muḥammad al-Taqī e sua moglie. Le dimostrazioni di considerazione riservategli dal Califfo suscitarono l'ostilità da parte dei notabili arabi.[3]

Al-Maʾmūn designò addirittura ʿAlī al-Riḍā come suo successore al Califfato, ricomponendo così la gravissima frattura prodottasi all'indomani della vittoria contro gli Omayyadi, quando gli Alidi rimasero profondamente delusi dall'assunzione del Califfato da parte dei loro parenti abbasidi. Tale successione fu suggellata da un matrimonio fra il figlio di ʿAlī al-Riḍā e la figlia di al-Maʾmūn, un cui figlio avrebbe potuto radunare le due anime del movimento che aveva portato alla fine la dinastia omayyade, in nome dei diritti della "Gente della Casa" (Ahl al-Bayt). Il colore cerimoniale abbaside (nero) fu di conseguenza cambiato nel verde tipico degli Alidi e tutto ciò non mancò di suscitare malumori e persino alcuni torbidi fra i sunniti filo-abbasidi.

Ma ʿAlī al-Riḍā era abbastanza più anziano del Califfo e morì, com'era prevedibile, prima di al-Maʾmūn, nella città di Tus, dove al-Maʾmūn s'era recato per rendere omaggio alla tomba del padre, morto lì mentre si recava con il figlio in Khorasan per reprimervi una rivolta.

La morte fu attribuita a una forma di dissenteria dopo che ʿAlī ebbe mangiato un'eccessiva quantità di uva ma su tale morte, secondo la consuetudine (abbastanza giustificata) degli sciiti, non mancarono i sospetti di un furbesco avvelenamento ordinato segretamente dal Califfo abbaside.[4] L'Imam fu inumato a fianco della tomba del Califfo Hārūn al-Rashīd, l'assassino di suo padre.

Dopo la morte[modifica | modifica wikitesto]

Gli sciiti edificarono un mausoleo per celebrare il martirio (in arabo مشهد?, mašhad[5] di ʿAlī al-Riḍā e tale santuario determinò il nome dell'attuale città iraniana di Mashhad, la nuova capitale della provincia del Khorasan. Il pellegrinaggio si guadagnò una fama straordinaria fra gli sciiti, dal momento che ʿAlī al-Riḍā è l'unico Imam inumato in territorio iranico, cosa ancor più rilevante dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, dal momento che agli sciiti iraniani fu vietato l'accesso in territorio iracheno per il pellegrinaggio alle Città Sante sciite di Najaf e di Kerbela (luoghi di sepoltura di ʿAlī e di al-Ḥusayn, oltre che ai Luoghi Santi sauditi di Mecca e Medina.

Fatima bint Musa, sorella di ʿAlī al-Riḍā è sepolta a Qom, fatto che rende questa città il secondo luogo di pellegrinaggio in Iran e il più importante centro di studi religioni di tutto lo sciismo iraniano.

Ibn Baṭṭūṭa racconta di una sua visita alla tomba di al-Riḍā:

«Il mausoleo venerato è sovrastato da un'alta cupola e si trova all'interno di un eremitaggio. Nelle sue vicinanze, vi è una madrasa e una moschea. Tutti questi edifici sono di elegante fattura e le loro mura sono ricoperte di ceramiche colorate. Sulla tomba vi è un podio di assi di legno, ricoperte da una lamina d'argento, e al di sopra della tomba sono sospese lampade dello stesso metallo. La porta da cui si accede alla cupola è in argento. La porta stessa è nascosta da un velo di broccato di seta intessuto con l'oro. Il pavimento è coperto da ogni sorta di tappeti. Di fronte alla tomba si vede quella dell'Amir al-Mu'minin, Hārūn al-Rashīd, sovrastata da un palco su cui sono posti candelabri, che gli abitanti del Maghreb chiamano al-hicec e al-manāʾir.[6] Quando un rafidita [termine spregiativo sunnita per indicare uno sciita N.d.T.] entra nel mausoleo per visitarlo, colpisce con il piede la tomba di Rashīd e benedice per contro il nome di Riḍā.[7]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nell'aprile 818 secondo Ṭabarī/Bal'ami, La Chronique (Volume II, L'âge d'or des Abbassides), p. 175.
  2. ^ Tabari/Balʿami, op. cit., pp. 154-157. ISBN 2-7427-3318-3.
  3. ^ Tabari/Balʿami, op. cit., pp. 167-168. ISBN 2-7427-3318-3.
  4. ^ Tabari/Balʿami, op. cit., pp. 174-175. ISBN 2-7427-3318-3.
  5. ^ Ossia il luogo dove è morto un martire, o shahīd.
  6. ^ Plurale di manār, che significa "minareto, faro, sorgente di luce".
  7. ^ Ibn Battuta (trad. C. Defremery, B. R. Sanguinetti), Voyages, vol. 2: De La Mecque aux steppes russes, 1858.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Gaston Weil, Geschichte der Caliphen, Mannheim, Rosserman, 1846-1862. Vol. II, pp.216 e segg.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Imam sciita duodecimano e alawita Successore
Mūsā al-Kāẓim (765 – 799) (799 – 818) Muhammad al-Jawād (818 – 835)
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