Enrico Berlinguer: differenze tra le versioni

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|Attività = politico
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|PostNazionalità = , [[segretario generale]] del [[Partito Comunista Italiano]] dal [[1972]] fino alla morte e principale esponente dell'[[eurocomunismo]]
|PostNazionalità = , [[segretario generale]] del [[Partito Comunista Italiano]] dal [[1972]] fino alla morte e principale esponente dell'[[eurocomunismo]]. Durante la sua segreteria avviò un processo di distanziamento dal [[Unione Sovietica|comunismo sovietico]]. Fu inoltre il fautore della questione morale e del [[Compromesso storico|Compromesso storico]]
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}}

== Biografia ==
=== L'adolescenza ===
[[File:GenitoriEnricoBerlinguer1930WP.jpg|thumb|left|I genitori di Enrico Berlinguer nel [[1930]]; Maria Loriga e [[Mario Berlinguer|Mario]].]]
[[File:GenitoriEnricoBerlinguer1930WP.jpg|thumb|left|I genitori di Enrico Berlinguer nel [[1930]]; Maria Loriga e [[Mario Berlinguer|Mario]].]]
==Biografia==
===Famiglia===
Il padre di Enrico Berlinguer era l'avvocato trentenne repubblicano [[Mario Berlinguer]], discendente da una nobile famiglia [[Catalani|catalana]] stabilitasi in [[Sardegna]] all'epoca della dominazione [[Corona d'Aragona|aragonese]], antifascista e vicino alla [[massoneria]] (come molti intellettuali laici dell'epoca),<ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/politica/2010/06/09/news/massoneria_pd-4683769/?ref=HREC2-1|titolo=I massoni di sinistra? Nelle logge sono 4mila|editore=''La Repubblica''|accesso=27 aprile 2014|autore=}}</ref> oltre ad aver combattuto da ufficiale nella grande guerra;<ref name="Francesco B." /> sua madre era Mariuccia Loriga,<ref name="Berlinguer Treccani">{{cite web|title=BERLINGUER, Enrico|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-berlinguer_(Dizionario-Biografico)/|publisher=Treccani|accesso=16 agosto 2016}}</ref> figlia di Giovanni;<ref name="Francesco B." /> medico igienista, autore di 120 pubblicazioni scientifiche in Italia e all'estero, studiò medicina e chirurgia all'[[Università di Roma]], conseguendo appunto la laurea.<ref name="Loriga">{{cite web|title=LORIGA, Giovanni|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-loriga_(Dizionario-Biografico)/|publisher=Treccani|accesso=16 agosto 2016}}</ref>


La nonna materna di Enrico, Giuseppina Satta-Branca, anch'ella di origini notevoli, era sorella di [[Pietro Satta Branca|Pietro]], sindaco repubblicano di Sassari nell'età giolittiana con un'amministrazione progressista dov'era assessore anche il nonno [[Enrico Berlinguer (senior)|Enrico]].<ref name="Francesco B." /> Egli nasce in una antica famiglia sarda di origine [[Catalogna|catalana]], con i titoli nobiliari di Cavaliere e Nobile con trattamento di Don e di Donna per concessione il 29 marzo [[1777]] a Giovanni e Angelo Ignazio da [[Vittorio Amedeo III]] [[Re di Sardegna]],<ref>Andrea Borella ''"Annuario della Nobiltà Italiana"'' Edizione XXXI Teglio (SO) 2010 S.A.G.I. Casa Editrice vol. 1 pag. 605</ref> iscritta negli "Stamenti nobiliari della Sardegna"<ref>Carlo Ricchini et al. (a cura di), ''Enrico Berlinguer'', Roma : L'Unità, 1985</ref> e legata da una fitta rete di parentele ad altre famiglie dell'aristocrazia e borghesia sarda,<ref name = craveri>P. Craveri, «BERLINGUER, Enrico». In : ''[[Dizionario Biografico degli Italiani]]'', Vol. XXXIV (Primo supplemento A-C), Roma : Istituto della Enciclopedia italiana, 1988 ([http://www.treccani.it/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/sites/default/BancaDati/Dizionario_Biografico_degli_Italiani/VOL34/DIZIONARIO_BIOGRAFICO_DEGLI_ITALIANI_Vol34_051635.xml on-line])</ref> che, escludendo l'attività politica, fondò il [[giornale]] ''[[La Nuova Sardegna]]'' (oltre ad aver avuto contatti con [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] e [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]]). Con la giovane Caterina Falco Segni ebbe otto figli. Enrico era inoltre parente di [[Francesco Cossiga]] (le rispettive madri erano cugine tra loro)<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1994/giugno/10/mio_cugino_Berlinguer_Cossiga_racconta_co_0_94061015242.shtml Mio cugino Berlinguer: Cossiga racconta un leader]</ref> – che fu [[presidente della Repubblica]] – ed entrambi erano parenti di [[Antonio Segni]], anch'egli Capo di Stato.
Enrico Berlinguer nacque a [[Sassari]] il 25 maggio del [[1922]]<ref>[http://storia.camera.it/deputato/enrico-berlinguer-19220525/ Enrico Berlinguer / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>Chiara Valentini, ''Enrico Berlinguer'', Milano, Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2014, p. 24</ref>, figlio di [[Mario Berlinguer]], un avvocato repubblicano, antifascista e vicino alla [[massoneria]] (come molti intellettuali laici dell'epoca<ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/politica/2010/06/09/news/massoneria_pd-4683769/?ref=HREC2-1|titolo=I massoni di sinistra? Nelle logge sono 4mila|editore=''La Repubblica''|accesso=27 aprile 2014|autore=}}</ref>), discendente da una nobile famiglia [[Catalani|catalana]] stabilitasi in [[Sardegna]] all'epoca della dominazione [[Corona d'Aragona|aragonese]], e di Maria Loriga. La famiglia portava i titoli nobiliari di Cavaliere, m., Nobile mf., con trattamento di Don e di Donna per concessione il 29 marzo [[1777]] a Giovanni e Angelo Ignazio da [[Vittorio Amedeo III]] [[Re di Sardegna]]<ref>Andrea Borella, ''Annuario della Nobiltà Italiana'' Edizione XXXI, Teglio (SO), 2010, S.A.G.I. Casa Editrice, vol. 1, pag. 605</ref>.


Nel 1924 nacque il fratello di Enrico, [[Giovanni Berlinguer|Giovanni]], scienziato ed autore di numerosi libri di divulgazione scientifica, parlamentare più volte, italiano ed europeo e candidato alla Segreteria dei Ds della sinistra interna, nel 2002. Il cugino [[Luigi Berlinguer|Luigi]] è stato [[Ministri della pubblica istruzione della Repubblica Italiana|Ministro della pubblica istruzione]], [[Ministri dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica della Repubblica Italiana|Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica]] e senatore tra le file dei [[Democratici di Sinistra]] nonché [[eurodeputato]] del [[Partito Democratico (Italia)|Partito Democratico]]. Il figlio [[Marco Berlinguer|Marco]] ha fatto parte del Comitato Politico Nazionale di [[Rifondazione Comunista]]. La figlia [[Bianca Berlinguer|Bianca]] è giornalista, direttrice del [[TG3]] dal [[2009]] al [[2016]], mentre l'altra figlia [[Laura Berlinguer|Laura]] lavora a [[TGcom24]] e il suo compagno è il giornalista [[Luca Telese]],<ref>{{cita web|url=http://www.lucatelese.it/?p=1649|titolo=“Diritto alle lacrime”. “Cronista piagnone”|sito=Sito ufficiale Luca Telese|accesso=22 maggio 2010}}</ref> dalla quale ha avuto un figlio di nome Enrico.<ref>{{cita web|url=http://www.lucatelese.it/?p=1190|titolo=Da Biancaneve al Sulcis|sito=Sito ufficiale Luca Telese|accesso=22 maggio 2010}}</ref> [[Maria Berlinguer|Maria]] è l'unica che fin da ragazzina si era iscritta al partito.<ref name="pdf">{{cite web|title=La vita di Enrico Berlinguer|url=http://www.pdcicagliari.altervista.org/Enrico_%20Berlinguer/La%20vita%20di%20Enrico%20Berlinguer.pdf|publisher=pdcicagliari.altervista.org|accesso=16 agosto 2016}}</ref>
Nel dopoguerra, Mario Berlinguer fu parlamentare socialista. Enrico crebbe quindi in un ambiente culturalmente assai evoluto (il nonno, [[Enrico Berlinguer (senior)|suo omonimo]], era stato il fondatore del [[giornale]] ''[[La Nuova Sardegna]]'', e aveva avuto contatti con [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] e [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]]) ed ebbe occasione di profittare di relazioni familiari e politiche che influenzarono notevolmente la sua [[ideologia]] e la carriera politica successiva. Era parente di [[Francesco Cossiga]] (le rispettive madri erano cugine tra loro)<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1994/giugno/10/mio_cugino_Berlinguer_Cossiga_racconta_co_0_94061015242.shtml Mio cugino Berlinguer: Cossiga racconta un leader]</ref> – che fu [[presidente della Repubblica]] – ed entrambi erano parenti di [[Antonio Segni]], anch'egli presidente presidente della Repubblica.
===Primi anni===
[[File:Fotothek df roe-neg 0006154 011 Demonstration.jpg|thumb|upright=1.2|L'effigie di un giovane Berlinguer durante una manifestazione comunista a [[Berlino Est]], nell'agosto del [[1951]].]]
Enrico Berlinguer è nato giovedì 25 maggio 1922 a [[Sassari]],<ref>[http://storia.camera.it/deputato/enrico-berlinguer-19220525/ Enrico Berlinguer / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>Chiara Valentini, ''Enrico Berlinguer'', Milano, Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2014, p. 24</ref> circa alle tre del mattino.<ref name="Francesco B.">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 9.</ref>
L'infanzia del giovane Enrico è segnata dal progredire di una malattia della madre, un’encefalite letargica, che le provoca deformazione fisica, distruzione del sistema nervoso, e confusione mentale.<ref name="Francesco Ba.">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 10.</ref> Ella morirà nel 1936, dopo un decennio dall'inizio delle sofferenze, quando Berlinguer aveva solo 14 anni.<ref name="Francesco Ba." />


Suo fratello Giovanni raccontò che Enrico in fase adolescenziale coltivava la passione per i libri di filosofia, affermazione confermata da egli stesso, quando durante un intervista del 1980 disse: "Se mi chiede che cosa volevo fare da ragazzo e cioè prima di darmi alla politica, le rispondo il filosofo".<ref name="Francesco Ba." /> Nel giugno 1940 si diploma, prendendo la maturità classica (per via della guerra non ci sono gli esami: il governo li ha sospesi). Voti: filosofia 8, storia 8, storia dell’arte 7. Nonostante i cattivi risultati dei precedenti trimestri, è stato ugualmente promosso: al primo 2 in matematica e 4 in scienze, greco e fisica; al secondo 5 in matematica, greco e fisica, 3 in scienze.<ref name="Cronologia">{{cite web|title=Enrico Berlinguer|url=http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=enricoberlinguer|publisher=[[Corriere della Sera]]|accesso=16 agosto 2016}}</ref>
Condotti gli studi liceali classici presso il [[Liceo classico Domenico Alberto Azuni|Liceo Azuni]] di Sassari, nel [[1943]] Berlinguer si iscrisse al [[Partito Comunista Italiano]] e ne organizzò la sezione sassarese, svolgendo un'intensa attività di propaganda. Nel gennaio del 1944 la fame spinse la popolazione a saccheggiare i forni della città e Berlinguer fu accusato di esserne stato uno degli istigatori. Fu quindi arrestato e trattenuto in carcere per tre mesi, dopo i quali fu prosciolto dalle accuse e liberato<ref>{{Cita|Valentini, 1985|p. 26}}.</ref>.


Appassionato di studi giuridici, il 5 novembre 1940 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza del [[Liceo classico Domenico Alberto Azuni]].<ref name="Pag. 11" /> Il 17 giugno 1981 affronta il suo primo esame: istituzioni di diritto romano, dove prende il voto di 30.<ref name="Cronologia" />
=== Il dirigente ===
Progettò di laurearsi con una tesi dal titolo "Filosofia del diritto: da Hegel a Croce e Gentile", anche se alla fine la laurea non arriva.<ref name="Pag. 11">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 11.</ref> Secondo la testimonianza del cugino [[Sergio Siglienti]], economico e banchiere, a metà agosto 1943 si dirigono in biciletta appena fuori Sassari, nella serra del comunista pistoiese Renato Bianchi.<ref name="Pag. 11" /> Fu proprio lì dove il 21enne Enrico si iscrisse da solo al [[Partito Comunista Italiano]]. Alla domanda di Sergio di potersi iscrivere anch'egli al partito, Enrico li disse di no, rispondendoli così: "Tua madre si arrabbierebbe troppo".<ref name="Sergio S.">Chiara Valentini, ''Il compagno Berlinguer'', p. 9.</ref> Le riunioni avvengono in una stalla, e sempre nell'estate dello stesso anno Berlinguer fondò e diresse come segretario la Gioventù comunista di Sassari; la sede provvisoria è il panificio del padre di uno degli iscritti.<ref name="Cronologia" /> L'inverno 1944 è molto duro in [[Sardegna]]. Non c'è da mangiare, soprattutto tra i ceti popolari: l'Italia è divisa in due, la parte occupata dai tedeschi, inclusa Roma, e il Mezzogiorno liberato dagli anglo-americani; la Sardegna è separata dagli uni e dagli altri. Chiusi i traffici, non c'era nessun approvvigionamento.<ref name="Pag. 3">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 3.</ref>
{{Citazione|Si iscrisse giovanissimo alla direzione del PCI.|[[Giancarlo Pajetta]]<ref>La spiritosa definizione, molto diffusa, si trova, fra gli altri, in [[Indro Montanelli]], [[Mario Cervi]], ''L'Italia degli anni di piombo'', Rizzoli, 1991</ref>}}


Nella sera di mercoledì 12 gennaio 1944 Enrico, insieme a una ventina di giovani compagni comunisti organizza una manifestazione per chiedere pane, pasta e zucchero.<ref name="Pag. 12">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 12.</ref> Il giorno seguente altri manifestanti, circa cinquecento, entrano in contatto coi carabinieri a cavallo davanti al Palazzo del governo, anche se la protesta viene sciolta rapidamente.<ref name="Pag. 12" /> Il venerdì 14 seguente una folla composta da circa duemila persone, soprattutto donne, assaltano e saccheggiano forni, magazzini di grano, farina e pasta, frantoi.<ref name="Pag. 12" /> I disordini cominciarono alle 7:30, quando due commessi di panificio furono assaliti e depredati di 80 kg di pane che stavano portando alle rivendite.<ref name="Pag. 6">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 6.</ref> In serata arriva secca la sconfessione da parte dei partiti della Concentrazione antifascista, tra cui il PCI e il [[Partito d'Azione]] di [[Mario Berlinguer]],<ref name="Pag. 6" /> che disse: "I disordini ed i torbidi non rispondono ad alcuna iniziativa né finalità di partiti politici, che apertamente li sconfessano".<ref>''Ordine del giorno della Concentrazione antifascista'', [[L'Isola]], 15 gennaio 1944.</ref> Le località particolarmente investite da questi moti, oltre a Sassari, furono [[Ozieri]] e [[Oniferi]].<ref name="Pag. 12a.g.">Adriano Guerra, ''La solitudine di Berlinguer. Governo, etica e politica. Dal no a Mosca alla questione morale'', p. 12.</ref>
Dopo la sua scarcerazione, il padre lo portò a [[Salerno]], luogo in cui la [[Casa Savoia|famiglia reale]] e il [[governo]] di [[Pietro Badoglio|Badoglio]] avevano trovato rifugio dopo l'[[armistizio di Cassibile]] fra l'[[Italia]] e gli [[Alleati della seconda guerra mondiale|alleati]]. Nella città campana il padre lo presentò a [[Palmiro Togliatti]], che era stato suo compagno di scuola a Sassari. Berlinguer destò una buona impressione<ref>{{Cita|Fiori|pp. 22 e 24}}.</ref> e perciò dapprima fece per qualche mese le esperienze iniziali di funzionario dirigente del lavoro giovanile nella Federazione romana del PCI<ref>Antonio Roasio, ''Figlio della classe operaia'', Vangelista, Milano, 1977, p. 286.</ref> e in seguito, a metà del 1945, fu inviato a Milano, dove collaborò con [[Luigi Longo]] e [[Giancarlo Pajetta]], fino alla sua elezione nel Comitato Centrale come “membro candidato” avvenuta al V congresso nazionale<ref>{{Cita|Fiori|pp. 55-64}}.</ref>.

[[File:Fotothek df roe-neg 0006154 011 Demonstration.jpg|thumb|upright=1.2|L'effigie di un giovane Berlinguer durante una manifestazione comunista a [[Berlino Est]], nell'agosto del [[1951]].]]
Nell'estate del 1946 Berlinguer fu il capo della delegazione di quindici elementi appartenenti al [[Fronte della gioventù per l'indipendenza nazionale e per la libertà|Fronte della Gioventù]] (di cui era segretario) che visitò l'[[Unione Sovietica]], e in quell'occasione fu ricevuto in un breve incontro da [[Stalin]]<ref>{{Cita|Valentini, 1985|p. 57-60}}.</ref>. Allora il viaggio in Unione Sovietica era considerato un doveroso passaggio per tutti i giovani dirigenti del PCI, ma nel 1957 fu proprio Berlinguer ad abolire l'obbligatorietà di tale visita<ref>{{Cita|Valentini, 1985|p. 122}}.</ref>.
Nominato nel 1949 segretario della rinata [[Federazione Giovanile Comunista Italiana]]<ref>{{Cita|Fiori|p. 76}}.</ref>, carica che avrebbe mantenuto sino al [[1956]], l'anno seguente divenne segretario della [[Federazione Mondiale della Gioventù Democratica]], l'associazione internazionale dei giovani comunisti. Come segretario della FGCI era membro di diritto della Direzione del PCI, e si trovò a meno di trent'anni seduto fra i massimi esponenti della storia del comunismo italiano, da Togliatti a [[Girolamo Li Causi|Li Causi]], da [[Celeste Negarville|Negarville]] a [[Giuseppe Di Vittorio|Di Vittorio]], da [[Giorgio Amendola|Amendola]] a [[Mauro Scoccimarro|Scoccimarro]] a Pajetta<ref>{{Cita|Valentini, 1985|p. 79}}.</ref>.

Nel 1956, esaurita non senza amarezza l'esperienza nella FGCI, dovette affrontare le ripercussioni del [[XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica|XX congresso del PCUS]], del processo di destalinizzazione, e dell'[[Rivoluzione ungherese del 1956|invasione dell'Ungheria da parte dell'Armata Rossa]]; e all'VIII congresso del PCI scelse una posizione defilata e dimessa, omettendo riferimenti all'URSS e concentrandosi nella convinta difesa della politica postbellica dei comunisti italiani. Ma, nonostante il diffuso giudizio sulla sua statura politica, in quei mesi la sua stella era in declino e Berlinguer venne spostato a un incarico secondario divenendo nel 1957 il responsabile delle [[Istituto di studi comunisti|Frattocchie]], la scuola dei quadri del partito<ref>{{Cita|Valentini, 1985|pp. 109-118}}.</ref>, per essere poco dopo richiamato alla vita attiva di partito e mandato a ricoprire il ruolo di vicesegretario regionale del PCI in Sardegna<ref>{{Cita|Fiori|p. 106-7}}.</ref>, dove si trasferì accompagnato da Letizia Laurenti, che aveva sposato il 26 settembre 1957<ref>{{Cita|Fiori|p. 106}}.</ref>.


La polizia non crede all'innocenza dei comunisti: in tutto gli arrestati furono 43,<ref name="Pag. 7">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 7.</ref> tra cui lo stesso Enrico. Verso le 10 mattutine di lunedì 17 gennaio 1944 egli viene ammanettato e portato inizialmente nella caserma intitolata al suo avo<ref name="Pag. 7" /> [[Gerolamo Berlinguer]], militare italiano, capitano dell'[[Arma dei Carabinieri]], insignito di [[medaglia d'oro al valor militare]].<ref>{{cita web|url=http://www.carabinieri.it/arma/oggi/medagliere/decorazioni-individuali/medaglia-d'oro-al-valor-militare/Berlinguer-Gerolamo|titolo=Berlinguer Gerolamo|accesso=8 febbraio 2016}}</ref> In seguito viene incarcerato nella prigione di San Sebastiano, dove resterà per oltre tre mesi.<ref name="Cronologia" /> Domenica 23 aprile Berlinguer viene liberato dal penitenziario dove viene prosciolto in istruttoria dalle accuse.<ref name="Cronologia" /> Circa quarant'anni dopo Berlinguer dirà che "la galera era stata formativa".<ref>A. Statera, ''É giunto il momento di una nuova autonomia'', in "[[La Nuova Sardegna]]", 15 gennaio 1984.</ref>
===Carriera giovanile===
[[File:Berlinguer ad un comizio.jpg|thumb|upright=1.2|left|Enrico Berlinguer durante un comizio a [[Borgo San Lorenzo]], [[1952]].]]
[[File:Berlinguer ad un comizio.jpg|thumb|upright=1.2|left|Enrico Berlinguer durante un comizio a [[Borgo San Lorenzo]], [[1952]].]]
Nel periodo successivo alla [[Svolta di Salerno]] (aprile [[1944]]) e la composizione di un governo transitorio con la partecipazione dei rappresentanti del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]] ([[governo Badoglio II|secondo governo Badoglio]]), Mario Berlinguer fu per brevissimo tempo (dal 2 al 16 giugno 1944, entrambi dei venerdì, quindi per due settimane precise<ref>{{cita web|url=http://calendario.eugeniosongia.com/calendarioperpetuo.htm|titolo=CALENDARIO PERPETUO MENSILE dall'anno 15 al 4099|accesso=16 agosto 2016}}</ref>) commissario aggiunto all'[[Commissione di epurazione|epurazione]]<ref>Francesco Bartolotta, ''Parlamenti e Governi d'Italia, Vol. II'', Vito Bianco Editore, Roma, 1971, pagg. 191-192</ref>. A fine giugno, il 23, in uno dei suoi tragitti verso [[Salerno]] (dove appunto si riunisce il governo) per incontrare [[Palmiro Togliatti]], porta con se il figlio Enrico, e lo presenta al politico genovese.<ref name="Pag. 13" /> Mario e Togliatti in passato frequentarono insieme il [[Liceo classico Domenico Alberto Azuni]], dove quest'ultimo risultò, insieme alla sorella, il migliore dell'Istituto, ottenendo così entrambi la « licenza d'onore », che li esonerava dall'obbligo di sostenere l'esame finale di [[Esame di maturità|maturità]].<ref>G. M. Cerchi, ''Togliatti studente a Sassari nel 1908''; ''Togliatti inedito'', in «Rinascita sarda», 1-15 aprile 1971 e [[Aldo Agosti|A. Agosti]], ''Togliatti'', 2003, p. 6.</ref> Il giovane Enrico destò una buona impressione.<ref name="Pag. 13">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 13.</ref>
Dopo un anno e mezzo di incarichi periferici, Berlinguer tornò a Roma, cooptato nella Segreteria nazionale e successivamente dirottato all'organizzazione subentrando ad Amendola<ref>{{Cita|Fiori|p. 108-10}}.</ref>. In quegli anni Berlinguer fu giornalmente a contatto con gli uomini più carismatici del partito, ed ebbe modo di conoscere anche una nuova leva di dirigenti, fra i quali [[Armando Cossutta|Cossutta]], [[Emanuele Macaluso|Macaluso]] e [[Luciano Barca|Barca]]<ref>{{Cita|Fiori|pp. 110-11}}.</ref>. Queste frequentazioni lo fecero crescere e maturare politicamente e gli permisero, assieme al carattere schivo, di tenere una posizione equidistante fra la generazione resistenziale da un lato e [[Pietro Ingrao|Ingrao]] col suo seguito di giovani dirigenti dall'altro, specialmente nel clima di lotta intestina seguita alla morte di Togliatti nel 1964<ref>{{Cita|Fiori|p. 148}}.</ref>, muovendosi talvolta come un'«eminenza grigia», in altre circostanze come mediatore di grande diplomazia<ref>{{Cita|Valentini, 1985|pp. 141 e 183}}.</ref>; e di compiere i primi passi verso un rapporto autonomo dall'Unione Sovietica<ref>{{Cita|Valentini, 1985|p. 165}}.</ref>.


Il primo impiego che li affidarono fu quello di funzionario dirigente del lavoro giovanile nella Federazione romana del PCI, a 400 lire al mese.<ref name="Pag. 52">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 52.</ref> Enrico si trasferì a Roma insieme al fratello Giovanni e al padre.<ref name="Pag. 15" /> Il giovane Enrico arrivò nella sede della Direzione del movimento, situato in due appartamenti in via Nazionale 243, una mattina di novembre 1944.<ref name="Pag. 52" /> Ai tempi dirigevano il tunisino 27enne Michelino Rossi e l'abruzzese di due anni più giovane Giulio Spallone.<ref name="Pag. 51">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 51.</ref> Prima svolge il suo ruolo nel lavoro sindacale, poi diventa vicepresidente nazionale del movimento giovanile.<ref name="Pag. 15" /> Nel giugno 1945 [[Pietro Secchia]] da Milano si trasferisce a Roma per sostituire Berlinguer nella dirigenza dell'organizzazione del partito: Berlinguer, infatti, viene inviato da Togliatti a Milano, per cercare di convincere i giovani compagni (quasi tutti partigiani) ad abbandonare le armi e a cessare le violenze e le vendette politiche.<ref name="Pag. 15">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 15.</ref> Ad aspettarlo ci sono [[Luigi Longo]], [[Giancarlo Pajetta]], ed [[Eugenio Curiel]].<ref name="Pag. 15" /> Un anno più tardi, al V congresso nazionale, tra il dicembre 1945 e il gennaio 1946, è eletto nel comitato centrale di 70 membri.<ref name="Pag. 16">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 16.</ref> Si trattava, come ricordò [[Pietro Secchia]], della leva più recente insieme a [[Mario Alicata]].<ref name="P.Secchia">[[Pietro Secchia]], ''Promemoria Autobiografico'', p. 196.</ref> Tra luglio e agosto 1946 Berlinguer fu il capo della delegazione di quindici elementi (tra cui i partigiani [[Marisa Musu]] e [[Vito D'Amico]]) appartenenti al [[Fronte della gioventù per l'indipendenza nazionale e per la libertà|Fronte della Gioventù]] (di cui era appunto segretario) che visitò l'[[Unione Sovietica]], e in quell'occasione fu ricevuto in un breve incontro da [[Stalin]].<ref name="Pag. 57-60">Chiara Valentini, ''Il compagno Berlinguer'', p. 57-60.</ref> Dopo il suo ritorno in Italia continua a lavorare a Roma insieme a Togliatti.<ref name="Pag. 18">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 18.</ref> Venerdì 23 maggio 1947, Berlinguer organizza la prima Conferenza nazionale giovanile del PCI, dove Palmiro si congratula così: «Un progresso vi è senza dubbio nella formazione dei quadri giovanili. Faccio in proposito soltanto il nome del compagno Enrico Berlinguer, che nel rapporto introduttivo ai lavori di questa riunione ha dato prova di una maturità politica che ritengo non sia soltanto dote sua personale ma riflesso della maturità di un movimento in sviluppo».<ref name="Cronologia" /> Nel 1948, tra il 4 e il 10 gennaio,<ref name="4-10">{{cite web|title=VI Congresso Milano, 4-10 gennaio 1948|url=https://dellarepubblica.it/congressi-pci/vi-congresso-milano-4-10-gennaio-1948|publisher=dellaRepubblica|accesso=16 agosto 2016}}</ref> si svolge a Milano il VI congresso del PCI: è proprio qui dove Enrico entra, come responsabile del movimento giovanile, nel massimo organismo del PCI, la direzione composta di ventuno membri.<ref name="Pag. 19">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 19.</ref>
Nonostante il paziente lavoro interno di cucitura, nel 1966 Berlinguer venne allontanato dal centro del Partito Comunista e mandato nell'apparato periferico diventando il responsabile regionale del partito nel Lazio<ref>{{Cita|Valentini, 1985|p. 184}}.</ref>. Tra la fine del 1966 e il 1968, Berlinguer ebbe occasione di sviluppare l'esperienza internazionale attraverso alcune missioni per conto del PCI in Vietnam, Cina, Corea del Nord e di nuovo a Mosca<ref>{{Cita|Fiori|pp. 154-161}}.</ref>.
[[File:FoscariniBerlinguerGallipoli.PNG|thumb|upright=1.2|right|Enrico Berlinguer con il sindaco di Gallipoli [[Mario Foscarini]]]]
A fine marzo 1949 il comitato centrale decide di ricostruire la [[Federazione Giovanile Comunista Italiana]]. Enrico diventa responsabile del comitato costitutivo della FGCI e dopo il congresso (il XII) di questa, tenuto a [[Livorno]] (29 marzo-2 aprile 1949), ne assumeva la segreteria generale.<ref name="Berlinguer Treccani" /> Insieme al settimanale con una tiratura di centomila copie, [[Pattuglia (periodico)|Pattuglia]], dall'estate 1949 esce il mensile ''Gioventù nuova''. Direttore del nuovo organo di stampa è lo stesso Enrico, che riceve il sostegno di [[Ugo Pecchioli]]. Intendeva essere "strumento e guida allo studio del marxismo-leninismo", e diffondere ventimila copie.<ref name="Pag. 22">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 22.</ref> Nel 1950 diventa segretario della [[Federazione Mondiale della Gioventù Democratica]], l'associazione internazionale dei giovani comunisti. In origine i sovietici avevano intenzione di far trasferire Berlinguer a [[Budapest]], sede della federazione, ma alla fine Enrico trascorrerà nella capitale ungherese solo 10 giorni al mese.<ref name="Pag. 78-79">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 78-79.</ref> Lo assistono Hu Yaobangf, futuro segretario del [[Partito Comunista Cinese]], ed Erich Honecker, futuro presidente della [[Repubblica Democratica Tedesca]].<ref name="Pag. 78-79" /> Contemporaneamente il fratello Giovanni è segretario dell'Unione internazionale degli studenti, che ha sede a [[Praga]].<ref name="Pag. 23">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 23.</ref> Il suo ruolo si conclude nel 1952, dopo il Festival mondiale della gioventù di [[Berlino Est]], svoltosi nell'agosto del 1951.<ref name="Berlinguer Treccani" /> In seguitò continuò a militare nell'organizzazione come responsabile giovanile.<ref name="Berlinguer Treccani" />
===Formazione politica===
Nel settembre 1956, esaurita non senza amarezza l'esperienza nella FGCI, dovette affrontare le ripercussioni del [[XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica|XX congresso del PCUS]], del processo di destalinizzazione, e dell'[[Rivoluzione ungherese del 1956|invasione dell'Ungheria da parte dell'Armata Rossa]]; e all'VIII congresso del PCI scelse una posizione defilata e dimessa, omettendo riferimenti all'URSS e concentrandosi nella convinta difesa della politica postbellica dei comunisti italiani.<ref name="Berlinguer Treccani" /> I tesserati al movimento giovanile nel 1955 sono diminuiti, rispetto al 1954, di 36.594 unità.<ref name="Berlinguer Treccani" /> Nel 1956 un’ulteriore perdita rispetto all’anno precedente: meno 36.188 iscritti.<ref name="Berlinguer Treccani" /> Il posto di Enrico non viene assunto da [[Giuseppe D'Alema]], com'era stato originariamente previsto, ma dal 30enne livornese Renzo Trivelli.<ref name="Pag. 95">,Giuseppe Fiori ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 95.</ref> Ma, nonostante il diffuso giudizio sulla statura politica di Berlinguer, in quei mesi la sua stella era in declino ed Enrico venne spostato a un incarico secondario divenendo nel 1957 il responsabile delle [[Istituto di studi comunisti|Frattocchie]] (con il sostegno di [[Alessandro Natta]]), la scuola dei quadri del partito.<ref name="Pag. 109-118v">Chiara Valentini, ''Il compagno Berlinguer'', pp. 109-118.</ref> Il 26 settembre 1957 Enrico, ormai trentacinquenne, sposa Letizia Laurenti, 6 anni più giovane di lui. La cerimonia si svolge in [[Campidoglio]], col solo rito civile, dove come testimoni di lui ci sono il fratello Giovanni e la seconda moglie del padre; dal matrimonio nasceranno quattro figli: Bianca, Marco, Maria e Laura.<ref name="Pag. 31">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 31.</ref> Berlinguer, diretto a [[Cagliari]] insieme a Letizia per la luna di miele, è scelto come vicesegretario regionale del PCI in Sardegna.<ref name="Berlinguer Treccani" /> Hanno affittato due stanze ammobiliate in un palazzo tra le ferrovie e il porto, all’inizio di viale Bonaria.<ref name="Cronologia" /> Il motivo della promozione di Enrico a vicesegretario, ruolo esercitato precedentemente da [[Velio Spano]], è il disastroso risultato comunista nelle [[Elezioni regionali in Sardegna del 1957]], dove prese solo il 17,6% dei voti, a favore del PMP ([[Partito Monarchico Popolare]]) di [[Achille Lauro]].<ref name="Pag. 31" /> Nei pochi mesi di permanenza in Sardegna estende l'organizzazione del partito con la costituzione della Federazione della Gallura, sede a Tempio Pausania,<ref name="Pag. 32">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 32.</ref> e si occupa dell'ediziona isolana dell'[[Unità]].<ref name="Pag. 63 di Manca E.">E. Manca, ''Breve ritorno in Sardegna'', l'Unità, Roma 1985, p. 63.</ref>


Nell'estate 1958 Berlinguer torna insieme a sua moglie a Roma;<ref name="Berlinguer Treccani" /> a metà luglio Togliatti e Longo decidono di chiamarlo nella segreteria del partito con l'incarico di collaborare col vicesegretario nella direzione dell'ufficio di segreteria.<ref name="Pag. 32" /> Enrico ha come collaboratore il 48enne di 12 anni più anziano Salvatore Cacciapuoti, operaio metallurgico, già segretario della federazione napoletana, condannato dal Tribunale speciale il 3 novembre 1938 a nove anni e quattro mesi, alla sollevazione di Napoli contro i tedeschi, ora nel comitato centrale.<ref name="anpi">{{cite web|title=Donne e Uomini della Resistenza: Salvatore Cacciapuoti|url=http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2297/salvatore-cacciapuoti|publisher=[[Associazione Nazionale Partigiani d'Italia]]|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Mercoledì 9 dicembre 1959 nasce [[Bianca Berlinguer|Bianca]], la prima figlia di Enrico Berlinguer. Scelgono il nome della nonna materna.<ref name="Cronologia" /> Al IX congresso del partito (svoltosi a Roma tra il 30 gennaio e il 4 febbraio 1960)<ref name="IX Congresso">{{cite web|title=IX Congresso Roma, 30 gennaio - 4 febbraio 1960|url=http://www.dellarepubblica.it/congressi-pci/ix-congresso-roma-30-gennaio-4-febbraio-1960|publisher=dellarepubblica.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Amendola viene sostituito. Togliatti e Longo scelgono come suo successore Enrico, 38 anni, a cui viene affidata la più importante responsabilità operativa all'interno del partito: fa infatti il suo ingresso a pieno titolo in direzione ed assume l'incarico dell'organizzazione.<ref name="Pag. 104">Giuseppe Fiori, ''Enrico Berlinguer'', p. 104.</ref> Insieme a lui oltre ai già citati Togliatti, Longo e Amendola, sono presenti anche [[Gian Carlo Pajetta]], [[Pietro Ingrao]], ed [[Enrico Bonazzi]].<ref name="Cronologia" /> Dal 17 al 31 ottobre 1961 si svolge a [[Mosca]] il XXII congresso del PCUS,<ref name="InStoria">{{cite web|title=IL XXII CONGRESSO DEL PCUS|url=http://www.instoria.it/home/XXII_congresso_pcus.htm|publisher=InStoria|accesso=16 agosto 2016}}</ref> ed è proprio qui dove [[Nikita Sergeevič Chruščёv|Chruščёv]], davanti ad un numero altissimo di delegati (4800),<ref name="InStoria" /> inaspettatamente accentua nuovamente i toni, riaprendo e aggravando il processo a Stalin, allargandolo stavolta al "gruppo antipartito", composto da [[Vjačeslav Michajlovič Molotov|Molotov]], [[Georgij Maksimilianovič Malenkov|Malenkov]], [[Lazar' Moiseevič Kaganovič|Kaganovič]], [[Kliment Efremovič Vorošilov|Vorošilov]], [[Nikolaj Aleksandrovič Bulganin|Bulganin]], [[Maksim Saburov|Saburov]], [[Mikhail Pervukhin|Pervukhin]], [[Dmitrij Trofimovič Šepilov|Šepilov]].<ref name="Pag. 109">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 109.</ref> Togliatti, come ricorderà Carlo Galluzzi, nonostante apprezzasse il coraggio, la forza e la giustezza della denuncia di Chruščёv, non era contento dell'esibizionismo praticone, la superficialità e l'eccessiva tendenza a personalizzare, che erano i tratti caratteristici di Nikita.<ref name="Pag. 35">Francesco Barbagallo,''Enrico Berlinguer'', p. 109.</ref> Palmiro presenta un rapporto al Comitato centrale e alla Commissione centrale di controllo del Pci riguardante il Congresso, dal titolo ''Avanti, verso il comunismo, liberandosi dalle scorie del passato''.
=== Leader di partito ===
Giovedì 16 novembre 1961 nasce la secondogenita di Berlinguer; le viene dato il nome della nonna paterna, Maria.<ref name="Pag. 112">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 112.</ref> Da mercoledì 20 a sabato 23 dicembre 1961 si svolge una riunione del comitato centrale. Enrico, ben noto dentro il partito ma praticamente sconosciuto all'esterno di esso, viene designato come relatore dell'assemblea, dove legge un rapporto per rivendicare l’autonomia del Pci dal Pcus, dal titolo "''La forza, lo sviluppo e i compiti del Pci nel momento presente. Rapporto e intervento alla sessione del Comitato centrale e della Commissione centrale di controllo del Pci del 20-23 dicembre 1961''".<ref name="Cronologia" />
[[File:FoscariniBerlinguerGallipoli.PNG|miniatura|sinistra|Enrico Berlinguer con il sindaco di Gallipoli [[Mario Foscarini]]]]
Nel X congresso (svoltosi a [[Roma]] tra il 2 e l'8 dicembre 1962) Enrico compie un altro passo in avanti nella dirigenza del partito: diventa infatti membro della direzione e della segreteria e responsabile dell'ufficio di segreteria. Quest'ultimo incarico, che tiene fino al gennaio 1966, fa di lui il diretto esecutore di tutte le risoluzioni prese dalla segreteria. Assume inoltre l'importante ufficio delle relazioni estere.<ref name="Berlinguer Treccani" /> Lunedì 7 gennaio 1963 nasce [[Marco Berlinguer]].
Venne eletto per la prima volta [[deputato]] nel [[1968]], per il [[collegio elettorale]] di Roma<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-berlinguer_res-3d19e898-87e9-11dc-8e9d-0016357eee51_(Enciclopedia-Italiana)/|titolo=Berlinguer, Enrico|editore=''treccani.it''|accesso=26 maggio 2014|autore=Antonello Biagini}}</ref>. Al XII Congresso svoltosi nel 1969 a Bologna, a seguito del peggiorare delle condizioni di salute di [[Luigi Longo|Longo]], si pose il problema di affiancare all'anziano leader un vicesegretario che subentrasse gradatamente alla guida dell'organizzazione politica. Furono sondati i membri della Direzione a cui fu chiesto di esprimere una preferenza fra Berlinguer e [[Giorgio Napolitano]], e la larga maggioranza del gruppo dirigente scelse il primo<ref>{{Cita|Terracini|pp. 174-5}}.</ref>.
[[File:Berlinguer with Fidel Castro.JPG|thumb|left|upright=1.2|Enrico Berlinguer durante l'incontro con [[Fidel Castro]], [[1981]].]]
Chruščëv si trovò in grandi difficoltà all'interno del suo partito dopo l'insuccesso nella gestione della [[crisi di Cuba]], in seguito alla quale la flotta russa che trasportava missili per il governo filosovietico di Cuba dovette fare un rapido dietro-front di fronte al blocco navale imposto dagli Stati Uniti.<ref name="Nikita treccani3">{{cite web|title=Chruščëv, Nikita Sergeevič|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/nikita-sergeevic-chruscev_%28Dizionario-di-Storia%29/|publisher=Treccani.it (''dizionario di storia'')|accesso=16 agosto 2016}}</ref> La sua caduta fu apparentemente il risultato di una cospirazione da parte dei capi del partito, irritati dalla sua politica estera che mise in imbarazzo il partito e l'URSS stessa nello scenario internazionale. Il [[PCUS]] accusò Chruščëv di aver commesso errori politici durante la [[crisi dei missili di Cuba]] nel [[1962]] e di aver organizzato male l'economia sovietica,<ref name="Nikita treccani2">{{cite web|title=Chruščëv, Nikita Sergeevič|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/nikita-sergeevic-chruscev/|publisher=Treccani.it (''enciclopedia on line'')|accesso=16 agosto 2016}}</ref> soprattutto nel settore agricolo. Inoltre un episodio che non poté passare inosservato fu la visita, da parte della figlia e del genero di Chruščëv, a [[papa Giovanni XXIII]] a [[Città del Vaticano]], forse avvenuta senza aver consultato il partito. Tale iniziativa poteva essere considerata un cedimento nella dottrina comunista dell'epoca.<ref name="Nikita treccani">{{cite web|title=Chruščëv, Nikita Sergeevič|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/nikita-sergeevic-chruscev_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/|publisher=Treccani.it (''enciclopedia dei ragazzi'')|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Togliatti, nell'estate del [[1964]] si recò a [[Jalta]], località della [[Penisola di Crimea|Crimea]], in [[Unione Sovietica|URSS]], sul [[mar Nero]] per trascorrere una breve vacanza con la compagna [[Nilde Iotti]]<ref name=Jalta/>, subito dopo un viaggio a Mosca dove aveva discusso con [[Leonid Il'ič Brežnev|Brežnev]] (allora numero due del Cremlino, ma che stava per deporre Chruščёv, che Togliatti cercava inutilmente, in quei giorni, di incontrare personalmente) circa l'opportunità di una conferenza internazionale comunista per ricucire i rapporti con la [[Cina]] di [[Mao Zedong]], deteriorati da [[Nikita Sergeevič Chruščёv|Chruščёv]]. Mentre si trovava nella cittadina sovietica, Togliatti venne colpito da un grave [[ictus]] e da una successiva [[emorragia cerebrale]], non riprendendo più conoscenza: morì alcuni giorni dopo nello stesso luogo. Aveva 71 anni.<ref name=Jalta>[http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerGiorno.php?year=1964&month=08&day=21 ''La morte di Palmiro Togliatti. Il leader del partito comunista si spegne a Yalta'']</ref>
I cospiratori, guidati da [[Leonid Brežnev]], [[Aleksandr Šelepin]] e dal capo del [[KGB]] [[Vladimir Semičastny]], portarono alla deposizione di Chruščёv mercoledì 14 ottobre [[1964]], quando si trovava a [[Pitsunda]]. Motivo ufficiale: la cattiva salute.<ref name="sapere.it">{{cite web|title=Chruščëv, Nikita Sergeevič|url=http://www.sapere.it/enciclopedia/Chru%C5%A1%C4%8D%C3%ABv%2C+Nikita+Sergeevi%C4%8D.html|publisher=Sapere.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Lo susseguì come [[Segretario generale del PCUS]] Brežnev, mentre [[Aleksej Nikolaevič Kosygin|Kosygin]] diventa [[Primi ministri dell'Unione Sovietica#Presidenti del Consiglio dei ministri dell'Unione Sovietica|Presidente del Consiglio dei ministri]] (ricoprì questo ruolo dal 15 ottobre 1964 al 23 ottobre 1980).


Berlinguer viene scelto come guida della delegazione verso Mosca per avere un chiarimento sulla destituzione di Chruščёv. Insieme ai compagni del partito [[Paolo Bufalini]] ed [[Emilio Sereni]] parte da [[Fiumicino]] martedì 27 ottobre 1964 alle 10:25.<ref name="Pag. 127-128" /> Atterrano all'aeroporto di Sceremietevo a sera inoltrata, dove li accolgono [[:en:Andrei Kirilenko (politician)|Andrej Kirilenko]] e [[Boris Nikolaevič Ponomarëv]].<ref name="Pag. 127-128" /> Stanziano per loro richiesta all'"''Oktiabraskaia''", un albergo a facciata concava poco distante dalla vecchia Arbat Stari, la via degli antiquari.<ref name="Pag. 127-128">Giuseppe Fiori, '' Vita di Enrico Berlinguer'', p. 127-128.</ref> Iniziano solo il 30 ottobre i colloqui, sulle rive della Moscova.<ref name="Pag. 127-128" /> In rappresentanza del PCUS ci sono [[Michail Suslov]], della [[Segretario generale del PCUS|segreteria]] e del ''[[Praesidium|praesidium]]'', [[Nikolaj Viktorovič Podgornyj]], presidente del ''praesidium'', e [[Boris Nikolaevič Ponomarëv]], definito da [[Vittorio Gorresio]] "il cane da guardia messo dal Cremlino a sorvegliare il grande gregge dei partiti comunisti non al potere".<ref name="Pag. 115G">Vittorio Gorresio, ''Berlinguer'', cit., p. 115.</ref> Qui spiega che il Pci è perplesso per quanto riguarda i metodi e le posizioni attuali del Pcus, incluso il modo dell’allontanamento di Chruščёv, che ha sollevato nel partito italiano "riserve, perplessità e interrogativi".<ref name="l'Unità:8/11">[[l'Unità]], ''Domande sui colloqui di Mosca'', 8 novembre 1964.</ref> Berlinguer nota inoltre che bisogna "liberarsi da ogni nostalgia" e trovare "una unità che riconosca come inevitabili ed ammetta le differenze, senza che questo debba dar luogo a condanne".<ref name="l'Unità:15/11">[[l'Unità]], 15 novembre 1964.</ref>
Nello stesso anno guidò una delegazione del partito ai lavori della conferenza internazionale dei partiti comunisti che si tenne a Mosca; in tale occasione, trovandosi in disaccordo con la "linea" sovietica, nonostante le pressioni sovietiche rifiutò di sottoscrivere la relazione finale. La presa di posizione, allora "scandalosa", fu memorabile: tenne il discorso decisamente più critico in assoluto fra quelli che mai leader comunisti abbiano tenuto a Mosca<ref>Così in ''Berlinguer, un'idea'', di [[Giorgio Galli]] et al., Mondadori, 1984.</ref><ref>«È il più duro discorso mai pronunziato a Mosca da un dirigente straniero: un momento di svolta nei rapporti fra il Pci e il Pcus», {{Cita|Fiori|p. 188}}.</ref>, rifiutando la "scomunica" dei comunisti cinesi e rinfacciando a [[Leonid Brežnev]] che l'invasione sovietica della [[Cecoslovacchia]] aveva solo evidenziato le radicali divergenze affioranti nel movimento comunista su temi fondamentali come la [[sovranità]] nazionale, la democrazia [[socialismo|socialista]] e la libertà di cultura<ref>{{Cita|Fiori|pp. 188-91}}.</ref>.
La mattina seguente, quella di domenica, viene all'incontro anche Brežnev.<ref name="Pag. 129">Giuseppe Fiori, '' Vita di Enrico Berlinguer'', p. 129.</ref> Si tratta di una breve seduta per la stesura di un comunicato neutro.<ref name="Pag. 129" /> Lunedì la delegazione italiana si limita a visitare la capitale.<ref name="Pag. 129" /> Il ritorno in patria avviene martedì 3 novembre.<ref name="Cronologia" /> Quando arriva all'aeroporto di Fiumicino legge un appunto ai giornalisti che lo attendono: «Nel corso delle conversazioni, come potete immaginare, abbiamo informato ampiamente i compagni sovietici delle reazioni e preoccupazioni che ha suscitato nell’opinione pubblica del nostro paese la sostituzione del compagno Chruščёv. Con grande franchezza abbiamo inoltre esposto ai compagni del Pcus le perplessità e le riserve che il modo in cui i mutamenti sono stati annunciati e presentati ha sollevato nel nostro partito».<ref name="l'Unità:4/11">[[l'Unità]], ''Dichiarazioni di Berlinguer sui colloqui di Mosca'', 4 novembre 1964.</ref>


Dal 25 al 31 gennaio 1966 si svolge a Roma l'XI Congresso del PCI, dove si riaffermano i temi della lotta per la pace, la distensione, la coesistenza pacifica e il disarmo.<ref name="storiaxxisecolo" /> L'obiettivo prioritario è l'organizzazione di un grande movimento unitario.<ref name="storiaxxisecolo">{{cite web|title=Il Partito Comunista Italiano (1921-1998)|url=http://www.storiaxxisecolo.it/larepubblica/repubblicapartiti1a.htm|publisher=storiaxxisecolo.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Si tratta del primo dopo la morte di Togliatti e si svolge in un contesto di grave tensione internazionale (Vietnam), mentre la fase "riformatrice" del centro sinistra appare esaurita.<ref name="storiapci">{{cite web|title=Storia del PCI|url=http://web.tiscali.it/pdciformia/principale/mostra/mostra2/mostra2.htm|publisher=|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Al termine dell'incontro Berlinguer non è riammesso alla segreteria del partito e diventa segretario regionale del Lazio.<ref name="Pag. 184va">Chiara Valentini, ''Il compagno Berlinguer'', p. 184.</ref> È invece nel nuovo organismo voluto da Longo, l’ufficio politico, intermedio tra la segreteria e la direzione.<ref name="Cronologia" /> A metà novembre svolge una visita ufficiale in Vietnam.<ref name="Berlinguer Treccani" /> In seguito, fino al 1968, ha l'occasione di sviluppare l'esperienza internazionale attraverso alcune missioni per conto del PCI in Cina, Corea del Nord e di nuovo a Mosca.<ref name="Pag. 154-161f">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 154-161.</ref>
Nel [[1970]] Berlinguer proclamò un'altrettanto inattesa apertura verso il mondo dell'industria: dichiarando che il PCI guardava con favore a un nuovo modello di sviluppo, inseriva il partito in un vasto dibattito sulle sorti politico-economiche dell'Italia, alle prese con stagnazione ed inflazione, dopo le crisi petrolifere.


=== La segreteria ===
===Leader di partito===
Alle elezioni politiche del 19 e 20 maggio 1968 la direzione del PCI decide di candidare Berlinguer capolista nel Lazio (a verbale risulta il suo unico voto contrario alla candidatura).<ref name="Cronologia" /> Si tratta di un decisivo successo elettorale comunista e la sconfitta secca del [[PSI-PSDI Unificati|Partito socialista unificato]]: infatti il partito guidato da Longo riesce a vincere 11 seggi in più rispetto alle [[Elezioni politiche italiane del 1963|elezioni precedenti]], mentre i socialisti ne perdono 29. Bene anche la [[Democrazia Cristiana]] che porta a casa sei seggi in più rispetto a 5 anni prima.<ref name="interno">{{cite web|title=Archivio Storico delle Elezioni - Camera del 19 Maggio 1968|url=http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=C&dtel=19/05/1968&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S|publisher=Ministero dell'Interno|accesso=16 agosto 2016}}</ref> É proprio in questa consultazione elettorale che Enrico diventa per la prima volta deputato, per il [[collegio elettorale]] di Roma.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-berlinguer_res-3d19e898-87e9-11dc-8e9d-0016357eee51_(Enciclopedia-Italiana)/|titolo=Berlinguer, Enrico|editore=''treccani.it''|accesso=26 maggio 2014|autore=Antonello Biagini}}</ref> Domenica 10 novembre 1968 il PCUS invita i comunisti italiani a [[Mosca]]; il partito sceglie Berlinguer come guida della delegazione.<ref name="Pag. 163gp">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 163.</ref> Quest'ultimo parte il lunedì successivo insieme a [[Paolo Bufalini|Bufalini]], [[Arturo Colombi]], [[Armando Cossutta|Cossutta]] e [[Carlo Alberto Galluzzi|Galluzzi]].<ref name="Pag. 163gp" /> Quest'ultime scrive: "Il mandato che ricevemmo dalla Direzione del partito per quel difficile confronto era preciso: discutere con il Pcus non soltanto della Conferenza mondiale dei partiti comunisti ma anche della Cecoslovacchia, evitando, se possibile, un ulteriore inasprimento dei rapporti, ma senza recedere di un pollice dalle nostre posizioni."<ref name="Pag. 211cit">[[Carlo Alberto Galluzzi]], ''La svolta'', cit., p. 211.</ref> Ritornano in Italia il 15 novembre.<ref name="Cronologia" /> Brežnev è assente, a causa di una visita ufficiale in [[Varsavia]], e a capeggiare quindi la delegazione sovietica c'è l'ucraino Andrej Kirilenko.<ref name="Pag. 163gp" />

Al XII Congresso svoltosi nel febbraio 1969 a Bologna, a seguito del peggiorare delle condizioni di salute del sessantottenne [[Luigi Longo|Longo]], parzialmente invalido, si pone il problema di affiancare all'anziano leader un vicesegretario che subentrasse gradatamente alla guida dell'organizzazione politica. Sono sondati i membri della Direzione a cui è chiesto di esprimere una preferenza fra Berlinguer e [[Giorgio Napolitano]]. L'incarico del sondaggio è affidato al segretario generale della [[Confederazione Generale Italiana del Lavoro|CGIL]] [[Agostino Novella]] e al responsabile dell'Ufficio di segreteria [[Armando Cossutta|Cossutta]].<ref name="Pag. 167gp">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 167.</ref>
Eletto segretario nazionale del PCI, nelle condizioni di emergenza per la malattia di Longo, che dovette prima delegare e poi definitivamente dimettersi nel [[1972]], la sua segreteria fu caratterizzata da un lato dal tentativo di collaborare con la [[Democrazia Cristiana|DC]] nella prospettiva di realizzare riforme sociali ed economiche che considerava indispensabili<ref>{{Cita|Fiori|pp. 216-7}}.</ref>, dall'altro dalla convinzione della necessità di rappresentare un nuovo comunismo indipendente dall'[[Unione Sovietica|URSS]] (chiamato "[[eurocomunismo]]").
La larga maggioranza del gruppo dirigente sceglie il primo.<ref name="Pag. 174-175t">Umberto Terracini, ''Intervista sul comunismo difficile'', p. 174-175.</ref>
La proposta politica del "compromesso storico" sviluppava il tradizionale indirizzo di Togliatti, nella Resistenza e nel dopoguerra, rivolto a realizzare una stabile alleanza di governo fra le grandi forze popolari: DC, PCI e PSI. Ma non mancavano novità: la volontà di reagire ad una tensione internazionale drammatica che aveva portato all'appoggio americano al cruento colpo di Stato in Cile ed insieme la prima ricerca di elementi programmatici nuovi da ascrivere al "compromesso", come l'"austerità" nel consumo, in risposta all'emergere della questione ecologica.

Negli anni in cui Berlinguer fu segretario il PCI raggiunse il suo massimo storico, il 34,4% del 1976. Il PCI raccolse, dopo anni di lotte sociali, dal '68-'69, il frutto di uno spostamento a sinistra del paese ed insieme il consenso, per la linea politica ispirata al dialogo con tutte le grandi forze, di vasti strati dell'elettorato prima distanti. Furono anni di particolare e diffuso apprezzamento per il carisma "mite" e la capacità di ispirare fiducia di Berlinguer. Ma, dopo avere toccato il proprio massimo storico, il Partito Comunista iniziò una fase di progressivo declino, per il contrasto fra attese di cambiamenti generali e le reali scelte di "solidarietà nazionale", approdate all'appoggio al Governo Andreotti, durante il rapimento di Aldo Moro. Così, nelle elezioni politiche del [[Elezioni politiche italiane del 1976|20 giugno 1976]] il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] ottenne da solo il 34,4% dei voti e 227 seggi alla [[Camera dei deputati]] e il 33,8% dei suffragi con 116 seggi al [[Senato della Repubblica]]: la differenza rispetto ai voti ottenuti dalla DC era di pochi punti percentuali, molti di meno rispetto alle precedenti votazioni, avvicinando il PCI ad una quota di elettorato che poteva eventualmente ambire anche alla maggioranza relativa. Molti incominciarono perciò rispettivamente a sperare e temere un possibile "sorpasso".

Va comunque ricordato che la maggioranza assoluta era molto lontana dalle possibilità del PCI, mentre nei principali partiti necessari al PCI per la formazione di un eventuale governo (DC e Partito Socialista) rimanevano forti resistenze alla partecipazione dei comunisti all'esecutivo per le caratteristiche da molti giudicate antidemocratiche del partito comunista. Inoltre, nello stesso partito comunista esistevano resistenze ideologiche dell'elettorato verso vari aspetti delle tradizionali politiche di governo, destinate ad emergere durante l'esperienza del "compromesso storico" e a sfociare in varie forme di voto di protesta, fra le quali particolarmente importanti le vicende del '77 a Bologna. Il PSI guidato da [[Bettino Craxi]] scelse di ritrovare una funzione egemone isolando il PCI, che aveva, dopo aver fatto cadere Andreotti, cambiato la propria strategia annunciando la necessità di una "alternativa" nel governo e nella storia d'Italia. La stagione del conflitto sociale aperta dalla Fiat con i licenziamenti di Torino vide Berlinguer protagonista e, nello stesso tempo, sconfitto con il movimento sindacale. Può dirsi che sia i migliori risultati elettorali del Partito Comunista, sia i suoi successivi insuccessi elettorali - che a partire dagli anni ottanta si sarebbero ripetuti - rispondessero in realtà a fenomeni di ampio respiro e a condizioni profonde della società italiana che l'azione politica di Berlinguer cercò di interpretare, con intelligenza e creatività ma pure con difficoltà irrisolte.

=== Il partito in movimento ===
[[File:BerlinguerXIIIcongresso.jpg|thumb|upright=1.2|Berlinguer a [[Milano]] nel [[1972]], al XIII Congresso del [[Partito Comunista Italiano]].]]
[[File:BerlinguerXIIIcongresso.jpg|thumb|upright=1.2|Berlinguer a [[Milano]] nel [[1972]], al XIII Congresso del [[Partito Comunista Italiano]].]]
La sera di mercoledì 4 giugno 1969 arrivano a Mosca [[Paolo Bufalini|Bufalini]], [[Armando Cossutta|Cossutta]], [[Carlo Alberto Galluzzi|Galluzzi]], Rossi, Boffa, Mechini, guidati dal vicesegretario Berlinguer: è proprio nella capitale sovietica che si svolge la conferenza internazionale dei partiti comunisti.<ref name="Pag. 176gp">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 176.</ref>

La conferenza si apre il giorno seguente; il numero massimo di delegati per una delegazione è 3 (per l'Italia sono presenti Berlinguer, Cossutta, e Bufalini).<ref name="Pag. 177gp">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 177.</ref> Il primo a parlare è Brežnev, mentre Enrico si esprime mercoledì 11.<ref name="Pag. 177gp" /> Prima di lui avevano già parlato i rappresentanti di 35 partiti , praticamente tutti appiattiti sulla posizione sovietica. Proprio in questa mattina Berlinguer pronuncia il più duro discorso mai pronunziato a Mosca da un dirigente straniero.<ref>Così in ''Berlinguer, un'idea'', di [[Giorgio Galli]] et al., Mondadori, 1984.</ref><ref>«È il più duro discorso mai pronunziato a Mosca da un dirigente straniero: un momento di svolta nei rapporti fra il Pci e il Pcus», {{Cita|Giuseppe Fiori|p. 188}}.</ref> Una parte del discorso di Enrico recita: "noi respingiamo il concetto che possa esservi un modello di società socialista unico e valido per tutte le situazioni. In verità le stesse leggi generali di sviluppo della società non esistono mai allo stato puro, ma sempre e solo in realtà particolari, storicamente determinate e irripetibili. Contrapporre questi due aspetti è schematico e scolastico e significa negare la sostanza stessa del marxismo".<ref name="Pag. 42-62">Antonio Tatò, ''La «questione comunista»'', p. 42-62.</ref> Domenica 6 luglio 1969 muore il padre di Enrico, Mario, a 78 anni. Lunedì 5 aprile 1971 nasce Lauretta, la quarta figlia di Enrico. Nello stesso giorno muore lo zio Stefano Siglienti, cui Berlinguer è legatissimo.<ref name="Cronologia" />
Nel [[1973]] si verificarono alcuni avvenimenti che avrebbero segnato profondamente le scelte del PCI nel successivo decennio. L'11 settembre, in Cile, un colpo di Stato spazzò via il Governo di sinistra guidato da [[Salvador Allende]], sostituendolo con una giunta militare capeggiata dal generale [[Augusto Pinochet]].
===La segreteria===
Il 3 ottobre [[1973]], al termine di una visita ufficiale a [[Sofia]], la [[limousine]] su cui viaggiava Berlinguer, una [[Gor'kovskij Avtomobil'nyj Zavod|GAZ-13 Čaika]], fu investita da un camion militare. Berlinguer si salvò miracolosamente, l'interprete ufficiale morì e gli altri due passeggeri (esponenti della dissidenza nel Partito Comunista Bulgaro) rimasero gravemente feriti. All'epoca dei fatti né Berlinguer né alcun altro dirigente comunista disse pubblicamente di sospettare che l'incidente fosse in realtà un attentato.

Nel 1991 [[Emanuele Macaluso]], senatore del [[Partito Democratico della Sinistra]] ed ex dirigente comunista, rilasciò un'intervista al settimanale ''[[Panorama (rivista)|Panorama]]'' dichiarando che il segretario del PCI, appena rientrato a Botteghe Oscure, gli avrebbe rivelato il sospetto che si fosse trattato in realtà di un "falso incidente", orchestrato ad arte dal KGB e dai servizi segreti bulgari per porre fine allo scomodo alleato italiano<ref>{{cita web|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/10/27/anche-berlinguer-sospetto-attentato.html|titolo=Anche Berlinguer sospettò l'attentato|editore=''La Repubblica''|accesso=27 aprile 2014|autore=}}</ref>. Dopo la convalescenza seguita alle ferite riportate, Berlinguer scrisse per ''[[Rinascita (rivista)|Rinascita]]'' tre famosi articoli intitolati "Riflessioni sull'Italia", "Dopo i fatti del [[Cile]]" e "Dopo il [[golpe]] del Cile", in cui sviluppava alcuni temi che abbozzavano la proposta del "[[compromesso storico]]" come possibile soluzione preventiva dinanzi a quanto riteneva fosse una deriva istituzionale che lasciava paventare possibili soluzioni di stile sud-americano<ref>{{Cita|Magri|pp. 275-82}}.</ref>.

L'anno successivo Berlinguer principiò a [[Belgrado]] una sorta di campagna di sensibilizzazione internazionale degli altri movimenti e partiti comunisti, incontrando per primo il maresciallo [[Josip Broz Tito|Tito]]; molti incontri di funzionari minori del partito con omologhi dei partiti comunisti di altri stati, preparavano frattanto la strada [[diplomazia|diplomatica]] per relazioni privilegiate con alcuni di essi.

Nel marzo 1975 durante il 14º congresso del Partito Comunista Berlinguer espresse il pieno sostegno dei comunisti italiani "agli eroici combattenti del Vietnam e della Cambogia".

Nel [[1976]] in occasione di un congresso a Mosca dinanzi a {{formatnum:5000}} delegati provenienti da tutto il mondo Berlinguer parlò in aperto contrasto con le posizioni "ufficiali" di "sistema pluralistico" (che l'interprete simultaneo coscienziosamente rese come "sistema multiforme") e descrisse l'intenzione del PCI di costruire un socialismo "che riteniamo necessario e possibile solo in Italia".
Da parte del [[Cremlino]] si replicò che essendo l'Italia sotto un marcato controllo della [[NATO]], si era costretti a concludere che l'unica interferenza davvero sgradita ai comunisti italiani fosse quella sovietica. Berlinguer, del resto, avrebbe loro risposto, attraverso un'intervista rilasciata a [[Giampaolo Pansa]] per il ''[[Corriere della Sera]]'', definendo il Patto Atlantico «uno scudo utile per la costruzione del socialismo nella libertà, un motivo di stabilità sul piano geopolitico ed un fattore di sicurezza per l'Italia»<ref>G. Pansa, Berlinguer conta "anche" sulla NATO per mantenere l'autonomia da Mosca, ''Corriere della Sera'', 15 giugno 1976</ref>. Peraltro all'apertura di Berlinguer nei confronti della NATO non corrispose un'analoga apertura della NATO nei confronti del Partito Comunista Italiano, che i leader politici dei paesi membri della NATO non consideravano un partito democratico e non giudicavano adatto a governare l'Italia o a fornire ministri ad un governo democristiano. È nota ad esempio la posizione di netta condanna nei confronti del Partito Comunista Italiano emersa nel vertice G7 tenutosi a Portorico nel 1976.

=== La ricerca del consenso ===
Il programma seguito dal sempre più dinamico segretario intendeva aprire al partito strade nuove per allargare il consenso. L'ampio seguito elettorale non era infatti, da sé, sufficiente a consentire che il PCI potesse contribuire alla vita democratica del Paese attraverso la partecipazione diretta al governo; vi erano diversi motivi di esclusione, che il segretario si propose di abbattere.
[[File:Enrico Berlinguer a Crotone, 5 giugno 1983.jpg|thumb|upright=1.2|left|Enrico Berlinguer durante un comizio a [[Crotone]], 5 giugno [[1983]].]]
I comunisti, [[Scomunica ai comunisti|scomunicati]] da [[Papa Pio XII|Papa Pacelli]] dopo le [[Elezioni politiche italiane del 1948|elezioni politiche del 1948]], cercavano intanto di uscire da un isolamento ideologico che nel propugnare idee di tutela del ceto [[proletariato|proletario]], e nel volerne rappresentare gli interessi, li aveva in pratica relegati a questa sola funzione politica. Sostenitori inoltre della dottrina marxista (come, peraltro, sempre meno visibilmente erano gli altri movimenti della sinistra, da tempo in verità assai occupati a diluirne le asperità), erano fisiologicamente invisi all'elettorato cattolico come a quello dei ceti più elevati e le vicinanze "pre-strappo" con la [[Russia]], avversaria del [[Patto Atlantico]] nella [[guerra fredda]], destavano più di un'inquietudine fra coloro che ne sostenevano la fazione occidentale.

Con sagace scelta di tempi, Berlinguer rese di pubblica notorietà una sua privata corrispondenza con il [[vescovo]] di [[Ivrea]], Mons. [[Luigi Bettazzi]], che avrebbe dovuto testimoniare della "possibilità" di un [[dialogo]] intellettuale e sociale (e poi, certo, anche politico) fra cattolici e comunisti.

Al contempo, però, montavano le tragiche proporzioni del [[terrorismo]], che cresceva di "qualità" e di quantità di vittime, all'inizio di un periodo che sarebbe poi stato definito degli "[[anni di piombo]]". In una prima fase il Partito Comunista non si accorse della drammatica importanza del fenomeno e assunse un atteggiamento non univoco nei confronti dei terroristi, di cui addirittura veniva negata l'esistenza. Il quotidiano l'Unità ad esempio, che era l'organo di stampa ufficiale del Partito Comunista, fece proprie le tesi della propaganda vicina ai gruppi terroristici in varie occasioni: la morte di [[Giangiacomo Feltrinelli]], che fu attribuita ad un presunto complotto; l'[[Attacco alla sede del Movimento Sociale Italiano di Padova|assassinio dei militanti dell'MSI Mazzola e Giralucci]] a Padova, che fu attribuito a presunte faide interne tra gruppi neofascisti invece che alle [[Brigate Rosse]], e così via. In seguito il Partito Comunista assunse una posizione sempre più netta di distanza dalle Brigate Rosse e di adesione alla "linea della fermezza", specie a partire dal momento in cui alcuni militanti comunisti o di simpatie comuniste divennero bersagli delle formazioni terroristiche di estrema sinistra.
Anzi si può dire che la "linea della fermezza" divenne la linea propria del PCI, e che la lotta al terrorismo, soprattutto dopo la metà degli anni settanta, fu una delle emergenze democratiche individuate dal partito, che rischierò militanti e strutture a tale scopo, provocando anche rotture e strappi con tutti i movimenti che stavano alla sinistra del PCI, in particolare a favore del Partito Radicale di Pannella che si opponeva alla linea della fermezza in materia di terrorismo e che lo rese un osservato speciale della questura. Queste rotture culminarono con la cacciata di [[Luciano Lama]] dalla Sapienza occupata e dagli [[Fatti di Bologna dell'11 marzo 1977|incidenti di Bologna]] (1977) e da una concomitante campagna delle BR contro PCI e CGIL, indicati come "traditori del proletariato".
Il PCI fu, inoltre, uno dei protagonisti, durante il [[Caso Moro|sequestro Moro]], della "linea delle fermezza", sofferta da ampi settori della DC e contestata dal PSI di Craxi.
[[File:Napolitano Berlinguer.jpg|thumb|upright=1.2|[[Giorgio Napolitano]] con Berlinguer]]
Fin dai tempi del voto a favore dell'articolo 7 della Costituzione il PCI aveva cercato di evitare che questioni di carattere religioso diventassero motivo di scontro sociale, e a tal fine cercò fino all'ultimo di trovare una soluzione parlamentare per evitare il referendum popolare per l'abolizione del divorzio introdotto in Italia dalla legge Fortuna-Baslini. {{Citazione necessaria|È molto probabile che lo scarso impegno divorzista del PCI derivasse anche da una valutazione gravemente errata dei rapporti forza politici sul tema (comune del resto a vari altri partiti, divorzisti e antidivorzisti).}} E Berlinguer era profondamente scettico sulle possibilità dei divorzisti di vincere una consultazione referandaria sul divorzio. Tuttavia quando il ricorso alle urne fu inevitabile si schierò a favore del NO all'abrogazione della legge e il contributo del PCI alla campagna referendaria fu decisivo per una vittoria – più larga di qualsiasi aspettativa – contro gli abrogazionisti impersonati dall'allora segretario della DC [[Amintore Fanfani]]<ref>{{Cita|Magri|p. 273}}.</ref>.

{{Citazione necessaria|Alcuni a questo riguardo affermano che la politica del compromesso storico delineata da Moro prima della sua morte e attuata da Andreotti durante il governo cosiddetto della "non sfiducia" per i democristiani non fosse un'autentica strategia di governo comune con il PCI}} ma una sorta di espediente tattico di breve termine. Una volta che il PCI fosse entrato nell'area di governo, senza parteciparvi direttamente, sarebbe stato costretto ad assumersi responsabilità che gli avrebbero alienato il consenso di significative componenti del suo elettorato nel momento del suo massimo storico, in attesa che i mutamenti sociali ne determinassero il declino elettorale e l'inutilità come alleato per la formazione di altri governi, come in effetti sarebbe accaduto a partire dalla fine degli [[Anni 1970|anni settanta]].

=== PCI: Partito Comunista Italiano ===
Forte delle posizioni acquisite in patria, il PCI intensificò le sue attività internazionali.
L'invocato progetto per un [[eurocomunismo]] prese corpo a [[Madrid]] l'anno successivo, durante un incontro con [[Santiago Carrillo]], ''leader'' dei comunisti di [[Spagna]], e [[Georges Marchais]], condottiero di quelli di [[Francia]]. I tre esponenti, parzialmente seguiti anche, sebbene in forme meno espansive, da omologhi ''leader'' di altri paesi, sostennero la necessità di affrancamento dal costante controllo sovietico, in favore della libera ricerca delle vie più opportune, paese per paese, per costruire il socialismo; corollario di questa istanza ''grosso modo'' autonomista, era il valore positivo attribuito al rispetto per le libertà religiose e di cultura, [[dogma]]ticamente bollate come eretiche dalla dottrina e dalla prassi moscovita.
[[File:Berlinguer with Fidel Castro.JPG|thumb|left|upright=1.2|Enrico Berlinguer durante l'incontro con [[Fidel Castro]], [[1981]].]]
Proprio a Mosca Berlinguer sarebbe andato ancora una volta pochi mesi dopo, nuovamente per tenervi un discorso profondamente sgradito, al punto che stavolta il testo fu addirittura [[censura]]to dalla [[Pravda]], organo ufficiale del [[PCUS]]. Berlinguer espose le nuove teorie eurocomuniste, sottolineando l'opportunità di concorrere per l'accesso al governo dei rispettivi paesi usando tutte le regole del metodo democratico esprimendo implicitamente la necessità di rinunciare a pratiche più spicce, come suggerito e talvolta applicato dalla dirigenza centrale ed enunciò una serie di principi in netto contrasto con valori dati per assodati ed immutabili dalla storia e dalla tradizione dell'Internazionale, come la rinuncia alla pretesa del partito unico.

Si è variamente interpretato questo viaggio di Berlinguer, ed oltre al prevedibile, ma labile, sospetto che potesse trattarsi di manovrina a fini elettorali nazionali (quantunque la posizione di supremazia sovietica non fosse solo basata sul prestigio della primogenitura, ma anche, più concretamente, sul supporto economico e militare, che per alcuni dei paesi satelliti era più che vitale - e malgrado talune posizioni degli eurocomunisti andassero nel senso di deprivare di significato l'Internazionale).

La frattura (o meglio il suo aggravio) sarebbe servita, secondo questa visione, a provare la possibilità concreta di rompere il vincolo di dipendenza con il PCUS; il progetto di alleanza con le forze marxiste asiatiche (cinesi in testa) avrebbe potuto, in questo senso, spostare l'asse intorno al quale si aggregavano i comunisti di tutti i paesi, alternativamente verso l'eclettico e raffinato PCI, ovvero verso il radicale e concreto PCC ([[Partito Comunista Cinese]]).

Secondo invece altri osservatori, Berlinguer con l'indubbia capacità politica che lo contraddistinse, aveva colto in pieno la contraddizione del comunismo sovietico, e l'assoluta necessità di smarcarsi dal modello sovietico, addivenendo ad un modello di società più giusta che contemperasse il valore della libertà individuale e di impresa.

=== La questione morale ===
{{Citazione|La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico.|Enrico Berlinguer, da un'intervista a ''[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]'' del 28 luglio 1981}}

Se l'Italia repubblicana era stata ornata di un ingente quantitativo di scandali di corruttela e malversazione, molti dei quali degni di attenzione giudiziaria, il PCI restava relativamente nitido quanto a correttezza di gestione politica (perché - obiettavano dalla maggioranza - non aveva mai messo le mani sul governo). Questa sorta di fedina penale pulita consentì a Berlinguer di lanciare, dal gennaio del [[1977]], una campagna moralizzatrice (del resto non nuova, essendosi già prodotti gli esperimenti del [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]]) che puntava il dito contro il cattivo uso (e spesso l'abuso) della cosa pubblica.

La questione morale divenne centrale nella [[propaganda]] del PCI e trovò una singolare sintonia di fatto con analoghe posizioni puriste del [[Movimento Sociale Italiano]], per una volta coincidente nell'indirizzo critico verso la DC, che deteneva il potere stabilmente dai tempi dell'attentato a Togliatti. Da entrambi i partiti stabilmente d'opposizione si parlava intuibilmente di "regime", intendendo che la DC avesse blindato i meccanismi di perpetuazione del suo potere in spregio della correttezza (e talvolta della legalità).

[[File:Berlinguer Ingrao.jpg|thumb|upright=1.2|Berlinguer in primo piano; alle sue spalle [[Pietro Ingrao]] e [[Giancarlo Pajetta]].]]
[[File:Berlinguer Ingrao.jpg|thumb|upright=1.2|Berlinguer in primo piano; alle sue spalle [[Pietro Ingrao]] e [[Giancarlo Pajetta]].]]
Lunedì 13 marzo 1972 alle 8 del mattino il PCI presenta tempestivamente le sue liste in tutte le circoscrizioni, e alle 15, al Palaido di Milano si svolge il XIII congresso nazionale.<ref name="Pag. 204gp">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 204.</ref> Lo stesso giorno è Berlinguer a leggere la relazione introduttiva ai 1.043 delegati che rappresentano 1.521.028 iscritti.<ref name="Pag. 164">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 164.</ref> Al termine del congresso viene eletto segretario nazionale del partito, dopo aver messo subito le cose in chiaro, affermando: «Compagni, non sarò né Togliatti né Longo».<ref name="e.berlinguer.biogr">{{cite web|title=Enrico Berlinguer cosa ha fatto? Biografia, pensiero e opere del leader del PCI|url=http://www.nanopress.it/politica/2014/06/11/enrico-berlinguer-cosa-ha-fatto-biografia-pensiero-e-opere-del-leader-del-pci/15757/|publisher=nanopress.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Domenica 7 maggio 1972 durante le elezioni politiche Berlinguer, capolista a Roma, è rieletto deputato con 230.000 preferenze (80.000 in più rispetto alla prima volta, nel 1968).<ref name="Pag. 179pf">Pietro Folena, ''I ragazzi di Berlinguer. Viaggio nella cultura politica di una generazione'', p. 179.</ref> Enrico a inizio ottobre 1973 si trova in Bulgaria per incontrare [[Teodor Jikov]], segretario del partito e presidente del Consiglio di Stato. I colloqui non vanno benissimo, ed Enrico decide di accorciare la permanenza.<ref name="Pag. 9-10" /> Mercoledì 3 ottobre si dirige con una limousine, per la precisione una [[Gor'kovskij Avtomobil'nyj Zavod|GAZ-13 Čaika]], verso l'aeroporto di Sofia; insieme a lui viaggiavano nell'auto due alti funzionari del [[Partito Comunista Bulgaro]], un autista, e un interprete.<ref name="Pag. 9-10" /> Li precedevano una scorta di polizia e li succedeva una terza macchina con a bordo i dirigenti del Pci che avevano accompagnato il segretario.<ref name="Pag. 9-10" /> All'improvviso la macchina dove viaggiavano Berlinguer e i suoi accompagnatori fu investita da un camion militare. A causa di questo incidente (considerato in realtà da molti come un vero e proprio attentato)<ref name="Pag. 9-10" /> il suo interprete muore e due dirigenti del Partito Comunista bulgaro rimangono gravemente feriti. Il segretario del Pci si salva per miracolo.<ref name="Pag. 9-10">[[Giovanni Fasanella]] e Corrado Incerti, ''Sofia 1973: Berlinguer deve morire'', p. 9-10.</ref> L’11 settembre del 1973, è svegliato nel cuore della notte da una bruttissima notizia per tutti gli antifascisti europei: in Cile, infatti, il governo di sinistra di [[Salvatore Allende]] (eletto democraticamente), è rovesciato da un [[Golpe cileno del 1973|colpo di Stato fascista]] ad opera del generale [[Augusto Pinochet]]. Nel 1991 [[Emanuele Macaluso]], senatore del [[Partito Democratico della Sinistra]] ed ex dirigente comunista, rilasciò un'intervista al settimanale ''[[Panorama (rivista)|Panorama]]'' dichiarando che il segretario del PCI, appena rientrato a Botteghe Oscure, gli avrebbe rivelato il sospetto che si fosse trattato in realtà di un "falso incidente", orchestrato ad arte dal KGB e dai servizi segreti bulgari per porre fine allo scomodo alleato italiano.<ref>{{cita web|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/10/27/anche-berlinguer-sospetto-attentato.html|titolo=Anche Berlinguer sospettò l'attentato|editore=''La Repubblica''|accesso=27 aprile 2014|autore=}}</ref>
L'accostamento coi [[Movimento Sociale Italiano|missini]], però, quantunque non ricercato, consentì agli avversari di marcare la campagna come becero strumento propagandistico da parte di soggetti per volontà dell'elettorato non ammessi a gestire la cosa pubblica; l'obiezione (in fondo l'unica opposta di una qualche serietà) riuscì a rinfrancare l'elettorato di maggioranza, non provocando grossi scossoni, sebbene il tarlo della diffidenza avesse cominciato a logorarne alcune certezze.
====Compromesso storico ed eurocomunismo====

[[File:Enrico Berlinguer + Aldo Moro.jpg|thumb|upright=1.2|Una stretta di mano tra Berlinguer e il leader democristiano [[Aldo Moro]], tra i maggiori fautori del [[compromesso storico]].]]
La spinta etica berlingueriana gli sarebbe sopravvissuta, conducendo tempo dopo al vibrato coinvolgimento delle sinistre nel dibattito politico<ref>[[Rino Formica]] rileva che si trattò di una strada che portava "ad un cortocircuito
Dopo la convalescenza seguita alle ferite riportate, Berlinguer scrive per ''[[Rinascita (rivista)|Rinascita]]'' (un mensile politico-culturale del Partito Comunista Italiano fondato da Togliatti nel 1944) tre famosi articoli intitolati "Riflessioni sull'Italia", "Dopo i fatti del [[Cile]]" e "Dopo il [[golpe]] del Cile", in cui sviluppava alcuni temi che abbozzavano la proposta del "[[compromesso storico]]" come possibile soluzione preventiva dinanzi a quanto riteneva fosse una deriva istituzionale che lasciava paventare possibili soluzioni di stile sud-americano.<ref>{{Cita|Magri|pp. 275-82}}.</ref>
tra diversità, questione morale e giustizialismo": Lettera-recensione al libro di Macaluso, ''Comunisti e riformisti. Togliatti e la via italiana al socialismo'', Feltrinelli, 2013. pubblicata su L’Unità del 28 novembre 2013.</ref> susseguente allo scandalo di [[Tangentopoli]].
Venerdì 12 ottobre 1973 [[Rinascita (rivista)|Rinascita]], pubblica appunto la terza ed ultima parte delle riflessioni scritte da Berlinguer, che recitano: «Sarebbe del tutto illusorio pensare che, anche se i partiti e le forze di sinistra riuscissero a raggiungere il 51 per cento dei voti e della rappresentanza parlamentare (…), questo fatto garantirebbe la sopravvivenza e l’opera di un governo che fosse l’espressione di tale 51 per cento. Ecco perché noi parliamo non di una “alternativa di sinistra” ma di una “alternativa democratica”, e cioè della prospettiva politica di una collaborazione e di una intesa delle forze popolari d’ispirazione comunista e socialista con le forze popolari di ispirazione cattolica, oltre che con formazioni di altro orientamento democratico. (…) La gravità dei problemi del paese, le minacce sempre incombenti di avventure reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una sicura via di sviluppo economico, di rinnovamento sociale e di progresso democratico rendono sempre più urgente e maturo che si giunga a quello che può essere definito il nuovo grande “compromesso storico” tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano».<ref name="Cronologia" /> Iniziano quindi a delinearsi le caratteristiche della sua segreteria: da un lato il tentativo di collaborare con la [[Democrazia Cristiana|DC]] nella prospettiva di realizzare riforme sociali ed economiche che considerava indispensabili<ref>{{Cita|Fiori|pp. 216-7}}.</ref>, dall'altro dalla convinzione della necessità di rappresentare un nuovo comunismo indipendente dall'[[Unione Sovietica|URSS]] (chiamato "[[eurocomunismo]]"). Con questo termine si intende il rapporto che ebbero il Partito Comunista italiano, [[Partito Comunista Francese|francese]] e [[Partito Comunista di Spagna|spagnolo]] dal 1975 in poi con l’obiettivo appunto di distanziarsi dal sistema sovietico e rivendicare più autonomia da Mosca.<ref name="binstoria">{{cite web|title=Enrico Berlinguer. Il più amato|url=http://www.instoria.it/home/enrico_berlinguer.htm|publisher=InStoria.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref>

=== Le rivolte ===
La seconda metà degli anni settanta si spendeva con un certo affanno fra problemi di capitale importanza: la crisi economica-energetica, la [[disoccupazione]], gli scioperi, il [[terrorismo]]. Si suole indicare nel [[1977]] l'''annus horribilis'' (secondo alcuni punti di vista) delle rivolte: echi [[sessantotto|sessantottini]] vibravano di nuovo con forza fra gli studenti, riverberi della [[lotta di classe]] animavano il "confronto", cioè il conflitto, fra i sindacati e le imprese, molti estremisti provenienti da classi sociali diverse si rivoltavano in armi contro avversari politici ed istituzioni e la sinistra stessa era soggetta a dispute interne.

Berlinguer si rivoltò contro la pregiudiziale anticomunista che impediva al suo partito di accostarsi alla gestione del Paese. Mandò avanti [[Giorgio Amendola]], rappresentante (anche per [[Giovanni Amendola|tradizione familiare]]) dell'ala moderata del partito e uomo ritenuto capace di dialogare coi non comunisti, che proclamò che l'ora era suonata per "far parte a pieno titolo del governo". Esattamente il giorno successivo alla sortita, gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] sostituirono il loro [[ambasciatore]] a Roma [[John Volpe]], con [[Richard Newton Gardner]] e, sempre lo stesso giorno, oltreoceano iniziò una campagna di stampa con cui si sosteneva che impedire l'accesso ai governi europei dei partiti comunisti fosse un dovere costituzionale americano. A pochissime ore di distanza, Berlinguer volava in [[Romania]] per incontrare il presidente [[Nicolae Ceaușescu]] che cercava di mantenere una posizione autonoma da Mosca.

Pochi giorni ancora e ''[[l'Unità]]'' avrebbe iniziato a parlare dell'ancora segreta loggia [[P2]]. Ancora un brevissimo intervallo e si ebbe la visita in Italia del vicepresidente americano [[Walter Mondale]].

Non restava immobile l'Unione Sovietica, che attraverso la ''Pravda'' si scagliò contro il movimento dissidente cecoslovacco "[[Charta 77]]", provocando un'immediata reazione di protesta da parte dei partiti comunisti avvicinatisi alle posizioni berlingueriane, ed ovviamente dello stesso leader. Il crescere della distanza PCI - PCUS, però non impedì che proprio in questa fase dalla [[URSS|Unione Sovietica]] giungessero al PCI finanziamenti di importo rilevante: 4 milioni di [[dollaro|dollari]] a titolo di "fondo di assistenza" stanziati dal [[Politburo]] da essere versati in 4 rate trimestrali ciascuna di 1 milione di dollari tramite il KGB (e altri {{formatnum:30000}} dollari per il Partito Comunista Sammarinese)"<ref name =cip>Fonte: Archivi Fondazione Cipriani, [http://www.fondazionecipriani.it/Kronologia/prova.php?DAANNO=1977&AANNO=1978].</ref>.

Nel febbraio 1975 fu [[Ugo La Malfa]] a dichiarare per primo, pubblicamente, la necessità di un governo di emergenza comprendente i comunisti, ma la proposta fallì per il dissenso democristiano e socialdemocratico.

Sempre in febbraio, Berlinguer, durante un dibattito televisivo, discutendo sull'autonomia del PCI ed i legami con gli altri partiti comunisti dichiarava: "Non vedo perché dovremmo troncare questi rapporti né perché questa rottura dovrebbe essere considerata, da chi non saprei, prova del carattere democratico del nostro partito"<ref name =cip/>

Nell'aprile successivo, l'ambasciatore statunitense Gardner incontrò Eugenio Scalfari, il quale gli avrebbe confidato la sua impressione che "''soltanto quando Berlinguer assumerà il controllo della polizia ci sarà pace civile in Italia''"; Gardner raccontò poi di analoghe indicazioni ricevute da [[Leopoldo Pirelli]] ed altri esponenti del mondo economico, mentre [[Giulio Andreotti]] gli avrebbe dichiarato che credeva nella sincerità della svolta occidentalista della dirigenza comunista, ma nutriva dubbi sul sostegno a questa svolta da parte della base del partito<ref name =cip/>.


La proposta politica del "compromesso storico" sviluppava il tradizionale indirizzo di Togliatti, nella Resistenza e nel dopoguerra, rivolto a realizzare una stabile alleanza di governo fra le grandi forze popolari: DC, PCI e PSI.<ref name="compromesso storico2">{{cite web|title=Compromesso storico|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/compromesso-storico/|publisher=Treccani ''(Enciclopedia on line)''|accesso=16 agosto 2016}}</ref>
Ma non mancavano novità: la volontà di reagire ad una tensione internazionale drammatica che aveva portato all'appoggio americano al cruento colpo di Stato in Cile ed insieme la prima ricerca di elementi programmatici nuovi da ascrivere al "compromesso", come l' "austerità" nel consumo, in risposta all'emergere della questione ecologica.<ref name="compromesso storico">{{cite web|title=Compromesso storico|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/compromesso-storico_(Dizionario-di-Storia)/|publisher=Treccani ''(Dizionario di Storia)''|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Dal 18 al 23 marzo 1975 si svolge al Palaeur di Roma il XIV Congresso del Pci (chiamato dai giornali il "congresso del compromesso storico").<ref name="xivcongresso">{{cite web|title=XIV Congresso - Roma, 18-23 marzo 1975|url=http://www.dellarepubblica.it/congressi-pci/xiv-congresso-roma-18-23-marzo-1975|publisher=dellarepubblica.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Nella seconda giornata dell'assemblea, ovvero martedì, Fanfani ritira la delegazione Dc dal congresso.<ref name="Pag. 240-241" /> Il motivo: le ingerenze del Pci nelle elezioni portoghesi (dove il consiglio militare della rivoluzione, di sinistra, aveva escluso dalle elezioni il partito democratico cristiano che era stato responsabile di un tentato golpe: dietro la decisione dell’esclusione c’era stata appunto l’ingerenza del Pci).<ref name="Pag. 240-241">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 240-241.</ref> Domenica 15 e lunedì 16 giugno si svolgono le elezioni amministrative, sovraccariche di significato politico: sono infatti quaranta milioni gli italiani alle urne per rinnovare i consigli di 6.345 città, 86 province, 15 regioni a statuto ordinario. Inoltre, per la prima volta, voteranno anche i diciottenni.<ref name="l'unità1975">{{cite web|title=Quelle elezioni del 1975- Storia & antistoria|url=http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/165000/162406.xml|publisher=[[l'Unità]]|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Si tratta di una sostanziale vittoria delle sinistre, in particolare dei comunisti che raggiungono, da soli, il 48,3% dei suffragi in Emilia Romagna, il 46,5 in Toscana, il 46,1 in Umbria, il 38,4 in Liguria, il 36,9 nelle Marche, il 33,9 in Piemonte, il 33,5 nel Lazio, il 30,4 in Lombardia, il 30,3 in Abruzzo. La media nazionale è del 33,4%. La Dc, raggiunge il 35,4%, il Psi il 12%, mentre il Msi, invece, arretra rispetto al buon risultato del 1972 e si attesta sul 6,4%.<ref name="l'unità1975" /> Martedì 3 febbraio 1976 durante un'intervista a cura di [[Carlo Casalegno]] per alcuni importanti quotidiani europei ([[La Stampa]], [[Die Welt]], [[Le Monde]], [[Times]]), ribadisce la scelta democratica e la autonomia della politica del Pci.<ref name="cronologiadell'unità">{{cite web|title=Berlinguer, la cronologia|url=http://www.unita.it/politica/berlinguer-enrico-cronologia-biografia-film-veltroni-sky-comunista-pci-segretario-partito-1.558210|publisher=[[l'Unità]]|accesso=16 agosto 2016}}</ref> In un'intervista a cura di [[Gianpaolo Pansa]] sul [[Corriere della Sera]] (15 giugno) precisa il rapporto tra l’Italia e la [[Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord|Nato]] e l’atteggiamento dei comunisti verso l’Alleanza Atlantica.<ref name="cronologiadell'unità" /> Dopo il XXV congresso del Pcus, il 3 giugno 1976 Berlinguer incontra in Francia [[Georges Marchais]], segretario appunto del [[Partito Comunista Francese|PCF]].<ref name="Pag. 258f" /> É proprio qui che Berlinguer nomina per la prima volta l'eurocomunismo.<ref name="Pag. 258f">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 258.</ref>
[[File:Fabio Mussi + Enrico Berlinguer.jpg|thumb|left|upright=1.2|Enrico Berlinguer a colloquio con [[Fabio Mussi]], 15 marzo [[1978]].]]
[[File:Fabio Mussi + Enrico Berlinguer.jpg|thumb|left|upright=1.2|Enrico Berlinguer a colloquio con [[Fabio Mussi]], 15 marzo [[1978]].]]
Alle [[Elezioni politiche italiane del 1976|Elezioni politiche]] svoltesi domenica 20 e lunedì 21 giugno 1976<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0004_01_1976_0143_0001_15912854/|titolo=Si è conclusa senza incidenti una campagna tesa e breve|pubblicazione=''[[La Stampa]]''|data=19 giugno 1976|accesso=20 giugno 2016}}</ref> escono vincitori (in termine unicamente della variazione dei voti) sia la Dc che il Pci: i primi infatti riescono a portare a casa 1.297.000 voti in più rispetto alle [[Elezioni politiche italiane del 1972|elezioni precedenti]], mentre i comunisti 3.545.000 in più rispetto a quattro anni prima. I voti dei socialisti restano invece sostanziale invariati.<ref name="elezioni1976interno">{{cite web|title=Archivio Storico delle Elezioni - Camera del 20 Giugno 1976|url=http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=C&dtel=20/06/1976&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S|publisher=[[Ministero dell'Interno]]|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Venerdì 14 ottobre 1977 Enrico comincia ad aprire il dialogo con il mondo della chiesa, quando scrive al monsignor [[Luigi Bettazzi]], vescovo di [[Diocesi di Ivrea|Ivrea]] il seguente testo: «Nel Pci esiste ed opera la volontà non solo di costruire e di far vivere qui in Italia un partito laico e democratico, come tale non teista, non ateista, non antiteista, ma di volere anche, per diretta conseguenza, uno Stato laico e democratico, anch’esso dunque non teista, non ateista, non antiteista».<ref name="Cronologia" /> A Mosca nel frattempo si annunciano grandiose le celebrazioni per il 60° anniversario della [[Rivoluzione d'Ottobre]]. Proprio per questo avvenimento Berlinguer e una delegazione del Pci (composta da [[Antonio Rubbi]], [[Nilde Jotti]], [[Antonio Roasio]] e [[Luciano Guerzoni]])<ref name="Pag. 311f" /> lunedì 31 ottobre atterrano nella capitale sovietica; non sono però gli unici: sono infatti 123 le delegazioni di partiti comunisti, di partiti socialisti, di movimenti di liberazione, di sindacati, di stati, che partecipano all'importante avvenimento.<ref name="Pag. 311f" /> Inizialmente il segretario del Pci viene rassicurato del fatto che il suo discorso potrà occupare fino a 12 o 15 minuti della riunione, mentre in seguito lo avvisano che lo spazio che poteva occupare era di soli 7 minuti.<ref name="Cronologia" /> Berlinguer deve quindi tagliare alcune parti del suo discorso; un passo di esso recita: «L’esperienza compiuta ci ha portato alla conclusione che la democrazia è oggi non soltanto il terreno sul quale l’avversario di classe è costretto a retrocedere, ma è anche il valore storicamente universale sul quale fondare un’originale società socialista. Ecco perché la nostra lotta unitaria (che cerca costantemente l’intesa con altre forze d’ispirazione socialista e cristiana in Italia e in Europa occidentale) è rivolta a realizzare una società nuova – socialista – che garantisca tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, il carattere non ideologico dello Stato, la possibilità dell’esistenza di diversi partiti, il pluralismo della vita sociale, culturale, ideale». Assente nell'assemblea [[Georges Marchais]] (segretario del [[Partito Comunista Francese]]), che viene quindi sostituito da Paul Laurent e Jean Kanapa.<ref name="Pag. 311f">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 311.</ref>
Nonostante la grande avanzata del P.C.I. nelle elezioni del 1976, non erano seguite riforme o almeno segnali di cambio di rotta da parte della classe politica e soprattutto del governo. La stessa [[sinistra extraparlamentare]] era interessata da grandissime crisi al suo interno, come risultato alcune formazioni politiche, come [[Lotta Continua]] si sciolsero. Nel [[1977]] scoppiò la rivolta chiamata del [[Movimento del '77]] che nacque all'interno delle università, ma che ben presto si allargò alla società civile, in conflitto con il vecchio modo di fare politica, portando nuove istanze di riscatto sociale e di liberazione. Alla nuda e cruda [[lotta di classe]], che ormai non era più esauriente si proponevano le lotte per i [[diritti civili]], [[diritti umani]], dalla lotta contro l'[[autoritarismo]], a quelle del movimento di liberazione omosessuale e l'[[antiproibizionismo]], ecc. Questo [[Movimento del '77|movimento]] fu avversato apertamente dal P.C.I. e da una parte dei sindacati, non si cercò un dialogo con il movimento; si privilegiò lo scontro con l'ala violenta, che tuttavia rappresentava una minoranza all'interno del movimento, e non si diede ascolto alle numerose e innovative istanze che questo propugnava.
All'inizio del 1978 viene programmato un viaggio negli Stati Uniti per il mese di maggio, anche se alla fine non avrà luogo.<ref>Il progetto di una visita di Berlinguer negli Stati Uniti, su invito della New York University, viene menzionato da Norman Birnbaum in una lettera a Segre dell'8 febbraio 1978.</ref><ref name="Pag. 135p">Silvio Pons, ''Berlinguer e la fine del comunismo'', p. 135.</ref> Nell'ottobre dello stesso anno una delegazione del Pci guidata da Berlinguer si reca a Parigi, a Mosca, e infine a Belgrado.<ref name="Pag. 135p" />
[[File:Napolitano Berlinguer.jpg|thumb|upright=1.2|[[Giorgio Napolitano]] con Berlinguer]]
Il 5 gennaio 1978 Enrico, accompagnato da [[Luciano Barca]], incontra per la seconda volta [[Aldo Moro]] in casa di [[Tullio Ancora]], consigliere di Moro.<ref name="Cronologia" /> Il 26 gennaio il Comitato centrale del partito sottolinea l’esigenza di una partecipazione diretta del Pci al governo del paese, posizione ribadita da Berlinguer nei successivi incontri per la formazione del governo.<ref name="cronologiadell'unità" /> Al terzo incontro tra i due segretari, svoltosi il 16 febbraio, Moro afferma che avrebbe sostenuto nei gruppi parlamentari democristiani la necessità dell’ingresso a pieno titolo del Pci nella maggioranza governativa.<ref name="Cronologia" /> Il 16 marzo 1978, la [[Fiat 130]] che trasportava Moro, dalla sua abitazione nel quartiere [[Trionfale]] zona [[Monte Mario]] di [[Roma]] alla Camera dei deputati, fu intercettata da un commando delle [[Brigate Rosse]] all'incrocio tra via Mario Fani e via Stresa. Gli uomini delle Brigate Rosse [[agguato di via Fani|uccisero, in pochi secondi, i cinque uomini della scorta]] (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi) e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana. Berlinguer commenterà questo fatto così:«Il momento è tale che tutte le energie devono essere unite e raccolte perché l’attacco eversivo sia respinto: con saldezza di nervi, non perdendo la calma, ma anche adottando tutte le iniziative e tutte le misure opportune per salvare le istituzioni e per garantire la sicurezza e l’ordine democratico». Gli viene inoltre affidata una scorta.<ref name="Cronologia" /> Dopo una prigionia di 55 giorni, il 9 maggio viene ucciso l’onorevole Moro. A causa dello [[Scandalo Lockheed]] il 15 giugno il Presidente della Repubblica [[Giovanni Leone]] è costretto a dimettersi. Viene sostituito l’8 luglio, quando viene eletto [[Sandro Pertini]].<ref name="cronologiadell'unità" />


Il 24 gennaio 1979 alle 6:35 del mattino, [[Guido Rossa]], sindacalista della Flm e militante del Pci, esce dalla sua casa in via Ischia 4 a Genova per recarsi al lavoro con la sua Fiat 850. Ad attenderlo su un furgone Fiat 238 parcheggiato dietro c'è un commando composto da Riccardo Dura, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi. I brigatisti gli sparano contro uccidendolo.<ref name="guidorossa">{{cite web|title=Guido Rossa|url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/biografie/guido-rossa/13/default.aspx|publisher=La Storia siamo noi|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Il 26 marzo muore a causa di una emorragia cerebrale [[Ugo la Malfa]]. Dal 30 marzo al 3 aprile si svolge a Roma il XV congresso nazionale del Pci.<ref name="xvcongressopci">{{cite web|title=XV Congresso Roma, 30 marzo - 3 aprile 1979|url=http://www.dellarepubblica.it/congressi-pci/xv-congresso-roma-30-marzo-3-aprile-1979|publisher=dellarepubblica.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref>
Nel settembre 1977, nel pieno degli scontri di Bologna che avvennero in quel mese, Berlinguer accusò gli [[Autonomia Operaia|autonomi]] e parte dei movimenti giovanili di "essere fascisti". A quest'affermazione rispose [[Norberto Bobbio]] sulle pagine de ''[[La Stampa]]''<ref>Norberto Bobbio, Un dialogo per Bologna, La Stampa, 22 settembre 1977</ref>, affermando che: "l'accusa generalizzata di fascismo a tutti i movimenti alla sinistra del partito comunista è storicamente scorretta". Berlinguer, con una lettera inviata allo stesso giornale e pubblicata il giorno seguente, ribatté che le persone aventi "come bersaglio principale il movimento operaio e il Pci" erano per lui "lucidi organizzatori di un nuovo squadrismo" e "non sono definibili con altro termine se non quello di nuovi fascisti".
Le [[Elezioni politiche italiane del 1979|elezioni politiche]] (anticipate a causa delle dimissioni di Andreotti) svoltesi domenica 3 e lunedì 4 giugno infliggono al Pci una durissima sconfitta: il partito infatti scende dal 34,4 al 30,4 per cento dei voti. Alla [[Camera dei deputati|camera]] i democristiani raggiungono il 38,3%, i socialisti al 9,8, mentre i fascisti del Msi non vanno oltre al 5,3%.<ref name="Risultati ufficiali">{{cita web|url=http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=C&dtel=03/06/1979&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S|titolo=Elezioni 1979 risultati Camera dei Deputati|editore=[[Ministero dell'Interno]]|accesso=16 aprile 2013}}</ref> I comunisti perdono la gran parte dei voti dei giovani, dei ceti professionali e degli strati sociali disagiati.<ref name="Pag. 349f">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 349.</ref>
Berlinguer viene eletto a Roma con oltre 238.000 preferenze.<ref name="Pag. 189pf">Pietro Folena, ''I ragazzi di Berlinguer. Viaggio nella cultura politica di una generazione'', p. 189.</ref> Solo una settimana dopo le elezioni politiche si svolgono quelle [[Elezioni europee del 1979 (Italia)|europee]], dove il Pci subisce un leggerissimo calo (perde infatti meno di 1 punto percentuale, fermandosi al 29,5%); i democristiani perdono due punti (36.4%), mentre i socialisti ne vincono poco più di uno (11,0%).<ref name="elezionieuropee1979">{{cite web|title=Archivio Storico delle Elezioni
- Europee del 10 Giugno 1979|url=http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=E&dtel=10/06/1979&tpa=Y&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S|publisher=[[Ministero dell'Interno]]|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Il 3 gennaio 1980 viene intervistato al Tg3 sull’intervento sovietico in Afghanistan.<ref name="cronologiadell'unità" /> Il 6 gennaio la Direzione del Pci condanna l’iniziativa dell’Urss; inoltre Enrico afferma che l’Unione sovietica è una potenza imperialista alla pari degli Stati Uniti.<ref name="Cronologia" />


Domenica 8 e lunedì 9 giugno si svolgono le elezioni amministrative in 15 regioni a statuto ordinario, in 86 province e in più di 6.000 comuni. Si tratta di una vittoria schiacciante per il Psi, che raggiunge il 13,3 % dei voti, mentre i democristiani scendono al 36%. Stabile il Pci (31,1 %).<ref name="Pag. 398gf">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 398.</ref> Il 5 settembre 1980 la [[FIAT]] annuncia diciotto mesi di [[cassa integrazione]] per {{formatnum:24000}} dipendenti, {{formatnum:22000}} dei quali operai; successivamente, a fronte di trattative sindacali molto difficili, l'11 settembre vengono annunciati {{formatnum:14469}} licenziamenti.<ref name="giornodeiquarantamila" /> Il consiglio di fabbrica della casa automobilistica proclama immediatamente lo sciopero, e tutti i cancelli di [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]] sono bloccati da picchetti operai che impediscono a chiunque di entrare, anche con forme di violenza.<ref name="giornodeiquarantamila" /> L'apice della lotta è raggiunto quando Berlinguer, parlando il 26 settembre di fronte ai cancelli, promette un appoggio del Partito Comunista Italiano anche qualora fosse occupata la fabbrica.<ref name="giornodeiquarantamila" /> Il 27 settembre, a fronte della caduta del [[governo Cossiga II]], la FIAT sospende i licenziamenti; a fine mese l'azienda pone in cassa integrazione a zero ore i {{formatnum:24000}} lavoratori in eccesso.<ref name="giornodeiquarantamila" /> Riprende lo sciopero e riprendono i picchetti nella loro forma più violenta. Il 14 ottobre viene convocata un'assemblea dal "Coordinamento dei capi e quadri FIAT" presso il Teatro Nuovo di Torino, sotto la leadership di Luigi Arisio.<ref name="giornodeiquarantamila" /> Dopo l'assemblea [[Marcia dei quarantamila|un corteo di migliaia di persone]], che si ingrossava sempre di più man mano che procedeva, percorse silenziosamente le vie cittadine. Immediatamente i sindacati, incapaci di comprendere che lo sciopero può essere vittorioso anche se condotto dai soli operai, sono costretti al compromesso che viene chiuso il 17 ottobre.<ref name="giornodeiquarantamila">{{cite web|title=Il giorno dei quarantamila
Nell'ottobre 1977, Berlinguer, proseguendo le manovre per raggiungere il compromesso storico, cercando di dissipare le paure dei cattolici italiani, apre un dialogo con l'allora vescovo di [[Ivrea]] [[Luigi Bettazzi]], tramite la pubblicazione sulla rivista Rinascita, di lettere scambiatisi in cui afferma di volere "realizzare una società che, senza essere cristiana, cioè legata integralisticamente a un dato ideologico, si organizzi in maniera tale da essere sempre più aperta e accogliente verso i valori cristiani"; le lettere sono pubblicate sotto il titolo comune significativo di "Comunisti e cattolici: chiarezza di principi e base di un'intesa".
|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/10/14/il-giorno-dei-quarantamila.html|publisher=Repubblica.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref>


Berlinguer a novembre, dopo il terremoto in Irpinia, a Salerno, espone la nuova proposta politica comunista dell’alternativa democratica, che pare un completo rovesciamento del compromesso storico, e che preconizza un governo senza i democristiani.<ref name="Berlinguer Treccani" /> In seguito all'arresto avvenuto il 27 novembre a [[Casale Monferrato]], dell’ex comandante generale della Guardia di Finanza, Raffaele Giudice, viene a galla una prolungata truffa petrolifera che, secondo alcuni calcoli, ha fruttato agli associati 2.500 miliardi di lire).<ref name="Pag. 403gf">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 403.</ref> Collusi col sistema alcuni politici democristiani, socialdemocratici e socialisti. É proprio qui che Berlinguer lascia la linea della solidarietà nazionale.<ref name="Cronologia" />
=== "''Berlinguer non è la Madonna''" ===
Il 27 febbraio 1981 Pajetta al XXVI Congresso del Pcus condanna, a nome di tutto il partito, la politica di Breznev in Afghanistan: gli viene di conseguenza impedito di leggere un comunicato ufficiale.<ref name="Pag. 192pf">Pietro Folena, ''I ragazzi di Berlinguer. Viaggio nella cultura politica di una generazione'', p. 192.</ref> In un intervista concessa ad [[Eugenio Scalfari]] di [[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]] martedì 28 luglio Berlinguer critica la corruzione e il malcostume che dominano i partiti di governo. Un breve spezzone della sua intervista recita: «I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela. I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali».<ref name="intervista28luglio">{{cite web|title=Marziani o missionari ?|url=http://www.cinquantamila.it/storyTellerArticolo.php?storyId=4e3122387a67f|publisher=cinquantamila.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Il 12 ottobre incontra [[Fidel Castro]]; il colloquio dura sette ore. Il leader cubano si conferma alleato fidato dell'Unione Sovietica, ostile alla Cina, «passata dalla parte dell'imperialismo, ha una posizione controrivoluzionaria».<ref name="Pag. 402f">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 402.</ref>
L'inconsueta rivelazione campeggiò a firma di [[Eugenio Scalfari]] sulla prima pagina de ''[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]'', al culmine di una serie di processi dialettici rotanti intorno a un nascente "culto" del ''leader sardo'', culto che si impennò dopo lo "strappo" e del quale [[Indro Montanelli|Montanelli]]<ref>Che peraltro questa rivelazione avrebbe definito rilasciata "con piena ragione''".</ref> commentò che andava "assumendo connotati quasi sacrali, e a volte grotteschi".<ref>[[Giulio Angioni]], ''Moro e Berlinguer: un santo in cielo e uno sulla terra?'', in "Quaderni bolotanesi", n. 5, Sassari, 1979, 15-24</ref><ref>[http://ricerca.gelocal.it/lanuovasardegna/archivio/lanuovasardegna/2014/03/21/NZ_11_04.html?ref=search 21 marzo 2014 in "La Nuova Sardegna"]</ref>

Il tutto, facendo un passo indietro, era nato il 2 dicembre [[1977]] a Roma, dove [[Pierre Carniti]] aveva condotto un'affollatissima manifestazione di operai metalmeccanici durante la quale aveva messo in mora governo e "padroni", agitando lo spettro di uno sciopero generale e di una lotta sindacale durissima nel caso le sue richieste non fossero state esaudite. Dal momento che il PCI seguiva i delicati negoziati per l'avvicinamento al compromesso storico,<ref>Il giorno precedente, primo dicembre, Berlinguer firmò una dichiarazione comune, con gli altri partiti dell'arco costituzionale, che ribadiva la NATO e la CEE cardini della politica estera italiana.</ref> e che la dirigenza comunista - forse anche per questo - era rimasta silente riguardo alla questione (per la delusione dei metalmeccanici), su ''la Repubblica'' apparve una delle più note vignette satiriche di [[Giorgio Forattini]], che disegnava un borghesissimo Berlinguer in vestaglia intento a sorseggiare un tè sotto un ritratto di Marx, mentre dalla finestra aperta di questo suo salotto penetravano gli echi fastidiosi della manifestazione.

La vignetta suscitò animate reazioni e dal PCI si tuonò contro Forattini e contro la testata. [[Paolo Spriano]] scrisse una nota fiammeggiante in cui esaltò la "''vita di sacrificio, di passione rivoluzionaria, di tensione politica e morale di un dirigente comunista come Berlinguer''"<ref>La sollevazione di Spriano, inoltre, è nota per l'analisi che ebbe a darne il vignettista [[Sergio Staino]], il quale vi vide il riconoscimento dialettico del genere della vignetta come forma di comunicazione politica allegorica.</ref>. In questo clima di ormai scoperte celebrazioni, [[Vittorio Gorresio]] solo l'anno prima aveva pubblicato una [[biografia]] del segretario<ref>Vittorio Gorresio, ''Berlinguer'', Feltrinelli, 1976</ref> in cui gli aveva attribuito la partecipazione ad una protesta su questioni di servizi locali nella località di [[Stintino]]<ref>Località balneare alla moda, al tempo assai esclusiva e dove secondo [[Chiara Sottocorona]] (in ''Berlinguer, un'idea'', cit.) i Berlinguer passavano le vacanze da generazioni.</ref> alla strabiliante età di 8 anni, lasciando a Montanelli agio di definire sarcasticamente Berlinguer "''Un [[Wolfgang Amadeus Mozart|Mozart]] della rivolta sociale''".

Spriano, la cui reazione alla vignetta era diventato un caso politico, aveva rivolto il suo attacco anche contro la testata, Scalfari pubblicò perciò un articolo nel quale il ''leader'' sardo veniva reinquadrato in una visione più realistica ed al quale diede il suggestivo titolo prima detto.

=== Il 1978 ===
[[File:Enrico Berlinguer + Aldo Moro.jpg|thumb|upright=1.2|Una stretta di mano tra Berlinguer e il leader democristiano [[Aldo Moro]], tra i maggiori fautori del [[compromesso storico]].]]

Il [[1978]] fu un anno decisivo per le sorti del PCI.

S'iniziò presto, con un incontro subito dopo [[Capodanno]], fra Berlinguer e [[Bettino Craxi]], al termine del quale fu rilasciata una nota indicativa di ufficiale "identità di vedute", espressione tradotta dagli analisti come una sorta di "via libera" (o di "''non nocet''") del [[Partito Socialista Italiano|PSI]] alle manovre del segretario comunista. Delle quali, già cominciate da molti mesi, si poteva ora parlare anche pubblicamente.

Dopo una paziente opera di ricerca di possibili strategie di accesso pur parziale al governo, Berlinguer pareva aver individuato in [[Aldo Moro]] l'interlocutore più adatto alla costruzione di un progetto concreto.

Moro era il presidente della DC, e condivideva con il leader comunista alcune caratteristiche personali che avrebbero potuto essere utili per poter intraprendere un dialogo potenzialmente proficuo: erano entrambi sottili intellettuali, lungimiranti politici e abili nonché pazienti strateghi. Fu Moro a parlare per primo di possibili "[[convergenze parallele]]", sebbene non propriamente in relazione ai ''desiderata'' del politico sardo, ma fu lo stesso Moro a mobilitare l'apparato democristiano per verificare la possibilità di convertire a utile accordo la sterile distanza che sino ad allora aveva diviso DC e PCI.

Dai clandestini iniziali contatti, sinché possibile per interposta persona, si passò in seguito a una minima frequentazione diretta nella quale andava assumendo forma e contenuti il progetto del [[compromesso storico]].

Moro individuava nel fino ad allora demonizzato avversario un possibile alleato che gli avrebbe consentito di superare il momento di gravissima crisi istituzionale e di credibilità dello stesso apparato democratico repubblicano (screditato anche dalla corruzione dilagante evidenziata anche dalle campagne comuniste sulla questione morale), coinvolgendo l'opposizione nel governo e dunque assicurando il minimo necessario di consenso perché il Paese potesse sopravvivere a se stesso in simili ambasce. Nella collaborazione con DC, Berlinguer vedeva invece primariamente la possibilità di accedere finalmente alla responsabilità di governo. {{citazione necessaria|Entrambi, è stato sostenuto, potevano aver condiviso il timore che la crisi in cui versava il Paese potesse dar adito a soluzioni di tipo cileno}}, come già anni prima paventato dallo stesso Berlinguer. Il compromesso storico, in quest'ottica, poteva porre il Paese al riparo da eventuali azioni golpiste.
Delle tante motivazioni addotte per spiegare le ragioni di un simile passo, la più elegante vuole che due grandi politici (il termine statisti non è per cause di fatto applicabile anche a Berlinguer) abbiano rispettivamente cercato interlocutori di pari calibro, forse stanchi di almanaccare possibili machiavelliche composizioni di coalizione con soggetti non casualmente di minor peso specifico.

Ad ogni buon conto, Berlinguer fu intanto ammesso, primo comunista italiano, a lavori para-governativi, come le riunioni dei segretari dei partiti della maggioranza, in qualità di esterno interessato.


====Lo strappo con l'Urss====
[[File:Enrico Berlinguer a Crotone, 5 giugno 1983.jpg|thumb|upright=1.2|left|Enrico Berlinguer durante un comizio a [[Crotone]], 5 giugno [[1983]].]]
Martedì 15 dicembre 1981 avviene lo strappo con l'Unione Sovietica. Due giorni prima il generale [[Wojciech Jaruzelski]] limita drasticamente la vita quotidiana con l'introduzione della [[Legge marziale in Polonia|legge marziale]], nel tentativo di schiacciare l'opposizione politica, guidata dal movimento di [[Solidarność]]. Migliaia di attivisti dell'opposizione vengono internati senza accuse formali, e fino a 100 persone vengono uccise.<ref name="LeggeMarzialePolonia">{{cite web|title=Poland marks communist crackdown|url=http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6175517.stm|publisher=BBC News|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Proprio martedì Enrico partecipa alla rubrica televisiva [[Tribuna politica]], dove, rispondendo alle domande dei giornalisti, consuma lo strappo con l’Urss. Una parte del suo discorso recita:
''«Ciò che è avvenuto in Polonia ci induce a considerare che effettivamente la capacità propulsiva di rinnovamento delle società che si sono create nell’Est europeo è venuta esaurendosi. Parlo di una spinta propulsiva che si è manifestata per lunghi periodi e che ha la sua data d’inizio nella Rivoluzione socialista dell’Ottobre. Oggi siamo giunti a un punto in cui quella fase si chiude. Noi pensiamo che gli insegnamenti fondamentali che ci ha trasmesso prima di tutto Marx e alcune delle lezioni di Lenin conservino una loro validità; e che d’altra parte vi sia tutto un patrimonio e tutta una parte di questo insegnamento che sono ormai caduti e debbono essere abbandonati e del resto sono stati da noi stessi abbandonati con gli sviluppi nuovi che abbiamo dato alla nostra elaborazione, centrata su un tema che non era centrale in Lenin. Il tema su cui noi ci concentriamo è quello dei modi e delle forme della costruzione socialista in società economicamente sviluppate e con tradizioni democratiche, quali sono le società dell’occidente europeo. Da questo punto di vista, noi consideriamo l’esperienza storica del movimento socialista nelle due fasi fondamentali: quella socialdemocratica e quella dei paesi dove il socialismo è stato avviato sotto la direzione di partiti comunisti. Entrambe vanno superate criticamente con nuove soluzioni, cioè con quella che noi chiamiamo la terza via, terza rispetto alle vie tradizionali della socialdemocrazia e ai modelli dell’Est europeo».''<ref name="Cronologia" /> Il 29 dicembre al Comitato centrale del Pci Enrico ribadisce le ragioni dell'autonomia da Mosca e le critiche ai Paesi del socialismo reale.<ref name="Pag. 193pf">Pietro Folena, ''I ragazzi di Berlinguer. Viaggio nella cultura politica di una generazione'', p. 193.</ref>
[[File:Enrico Berlinguer + Roberto Benigni.jpg|thumb|upright=1.2|left|Enrico Berlinguer a una manifestazione della [[Federazione Giovanile Comunista Italiana|FGCI]] il 16 giugno [[1983]], durante il famoso incontro con [[Roberto Benigni]]<ref>{{cita web|url=http://www.ilpost.it/2012/05/25/la-storia-della-foto-di-benigni-e-berlinguer/|titolo=La storia della foto di Benigni e Berlinguer|editore=ilpost.it|data=25 maggio 2012}}</ref>.]]
[[File:Enrico Berlinguer + Roberto Benigni.jpg|thumb|upright=1.2|left|Enrico Berlinguer a una manifestazione della [[Federazione Giovanile Comunista Italiana|FGCI]] il 16 giugno [[1983]], durante il famoso incontro con [[Roberto Benigni]]<ref>{{cita web|url=http://www.ilpost.it/2012/05/25/la-storia-della-foto-di-benigni-e-berlinguer/|titolo=La storia della foto di Benigni e Berlinguer|editore=ilpost.it|data=25 maggio 2012}}</ref>.]]
Il 12 gennaio 1982 al Comitato centrale del Pci Cossutta attacca lo "strappo" di Berlinguer da Mosca.<ref name="Pag. 194pf">Pietro Folena, ''I ragazzi di Berlinguer. Viaggio nella cultura politica di una generazione'', p. 194.</ref> Domenica 24 gennaio arrivano durissimi gli attacchi verso i comunisti italiani dal [[Rudé právo]], l'organo ufficiale del [[Partito Comunista di Cecoslovacchia]]).<ref name="Pag. 436gf">Giuseppe Fiori, ''Vita di Enrico Berlinguer'', p. 436.</ref> [[Pravda]], che era invece l'organo ufficiale del Pcus, pubblica una specie di "scomunica" verso il Pci sotto forma di un lungo articolo dal titolo "Contro gli interessi della pace e del socialismo".<ref name="Pag. 409f">Francesco Barbagallo, ''Enrico Berlinguer'', p. 409.</ref> Una piccola parte del testo recita: «Nessuna persona onesta al mondo può considerare senza sdegno le dichiarazioni dei dirigenti del Pci in cui si parla dei tentativi del nostro Paese di imporre la propria volontà ad altri popoli».<ref name="l'Unità25Gennaio">[[l'Unità]], ''Questo il testo integrale dell'articolo della Pravda'', 25 gennaio 1982.</ref> Il 30 aprile viene ucciso dalla mafia il palermitano [[Pio La Torre]], politico e sindacalista comunista. Al funerale prendono parte centomila persone tra cui Enrico, il quale legge un discorso in cui illustra le proposte del Pci per evitare l’installazione dei [[Missile da crociera|missili Cruise]].<ref name="lodato">{{cita libro|cognome=Lodato |nome=Saverio |wkautore=Saverio Lodato |titolo=[[Trent'anni di mafia]] |annooriginale=2008 |editore=Rizzoli |isbn=978-88-17-01136-5 |pp=81-89 |capitolo= Quel tremendo '82}}</ref> Il 10 novembre muore Brežnev; il suo posto come segretario generale del Pcus viene quindi assunto due giorni dopo da [[Jurij Vladimirovič Andropov|Andropov]].
Mentre Moro veniva definitivamente prosciolto dagli addebiti giudiziari in relazione allo [[scandalo Lockheed]], che lo aveva infastidito sin da quando aveva cominciato a guardare a una possibile intesa coi comunisti, si preparava nel marzo del 1978 il governo [[Giulio Andreotti|Andreotti]], cui il PCI avrebbe dovuto fornire l'appoggio esterno (avrebbe cioè dovuto garantire astensione o favore, ma non opposizione), in attesa di una fase successiva nella quale ammetterlo definitivamente e a pieno titolo nelle coalizioni. Nasceva, questo governo, con alcuni membri assolutamente sgraditi al PCI, come [[Antonio Bisaglia]] e [[Gaetano Stammati]], la cui inclusione nella compagine ministeriale era stata operata da Andreotti giusto la notte precedente la presentazione alle Camere; insieme con [[Alessandro Natta]], capogruppo alla Camera, Berlinguer dovette perciò sveltamente decidere di ritirare l'appoggio al governo, rinunciando alla partecipazione del PCI alla maggioranza.
Durante l'XVI Congresso del Pci, svoltosi a Milano dal 2 al 6 marzo 1983 viene rieletto Segretario generale del partito.<ref name="Pag. 195pf">Pietro Folena, ''I ragazzi di Berlinguer. Viaggio nella cultura politica di una generazione'', p. 195.</ref> Mercoledì 27 aprile 1983 Berlinguer viene intervistato da [[Gianni Minoli]] a [[Mixer (programma televisivo)|Mixer]], su [[Rai 2]].<ref name="intervistaRai2">{{cite web|title=Intervista a Enrico Berlinguer su Mixer|url=http://www.cinquantamila.it/storyTellerArticolo.php?storyId=4e30630f43038|publisher=cinquantamila.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Giovedì 16 giugno 1983 ad una manifestazione per la pace della FGCI romana (allora guidata da [[Walter Veltroni]]) si svolge alla [[Pincio|Terrazza del Pincio]]; proprio durante questo comizio [[Roberto Benigni]] prende in braccio Berlinguer. Questa famosa scena si pensa spesso erroneamente abbia avuto luogo alla Festa Nazionale de l’Unità a Reggio Emilia, di fronte a 2 milioni di persone, nel settembre del 1983.<ref name="abbraccioBenigni">{{cite web|title=Benigni non prese in braccio Berlinguer a Reggio Emilia|url=http://www.qualcosadisinistra.it/2012/08/28/benigni-non-prese-in-braccio-berlinguer-a-reggio-emilia/|publisher=Qualcosa di Sinistra|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Le [[Elezioni politiche italiane del 1983|elezioni politiche]] svoltesi domenica 26 e lunedì 27 giugno si rivelano una vera e propria sconfitta per i democristiani, che perdono due milioni di elettori e quasi 6 punti percentuali, oltre a 37 seggi alla Camera e 18 al Senato. Restano invece stabili i comunisti con quasi il 30% dei voti. I veri vincitori sono quindi i socialisti, che dal 9.8% delle [[Elezioni politiche italiane del 1979|elezioni precedenti]] riescono ad arrivare all'11,4%.<ref name="elezionipolitiche1983">{{cite web|title=

Archivio Storico delle Elezioni - Camera del 26 Giugno 1983|url=http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=C&dtel=26/06/1983&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S|publisher=[[Ministero dell'Interno]]|accesso=16 agosto 2016}}</ref> Berlinguer viene inoltre rieletto per la quarta volta a Roma con oltre 221.000 preferenze<ref name="Pag. 196pf">Pietro Folena, ''I ragazzi di Berlinguer. Viaggio nella cultura politica di una generazione'', p. 196.</ref>
La stessa mattina del 16 marzo, giorno previsto per la presentazione parlamentare del governo faticosamente messo insieme, avvenne il drammatico [[agguato di via Fani]]: Moro fu rapito (e sarebbe poi stato ucciso) dalle [[Brigate Rosse]]. Berlinguer ritenne subito che si trattasse di un attacco calcolato premeditatamente per mandare in crisi tutto il lavoro occorso per raggiungere la "solidarietà nazionale" e propose con grande senso di responsabilità di concedere a questo pur non accetto governo la [[fiducia parlamentare|fiducia]] nel più breve tempo possibile, per potergli assicurare pienezza di funzioni in un momento cruciale della [[democrazia]] italiana. La fiducia fu dunque data, ma non senza che Berlinguer precisasse per bene che l'espediente di Andreotti, che suonava di repentina modifica unilaterale di accordi lungamente elaborati, era stato soltanto "superato dagli eventi", la questione non era in realtà affatto chiusa, solo rinviata. Se Moro non fosse stato rapito, il PCI avrebbe dato battaglia ad Andreotti, ma questo, "''sia pure faticosamente e in modo non pienamente adeguato alla situazione''", gli fu risparmiato.

Durante il sequestro Moro, Berlinguer prese posizione insieme al cosiddetto "fronte della fermezza", del tutto contrario a qualsiasi tipo di trattativa con i terroristi, i quali avevano chiesto la liberazione di alcuni detenuti in cambio di quella dello statista. Dalla detenzione, Moro scrisse una frase che secondo alcuni era forse diretta al segretario comunista e ad Andreotti: "''Il governo è in piedi e questa è la riconoscenza che mi viene tributata per questa come per tante altre imprese''".

=== Il ritorno all'opposizione ===
Dopo il tragico epilogo della vicenda di Moro, l'unico effetto di rilievo sulla DC parvero le dimissioni di Cossiga, che era ministro dell'interno. Il PCI restava fuori della maggioranza, Berlinguer non partecipava più alle riunioni a 6, insieme ai segretari del "pentapartito", il governo Andreotti restava dov'era, sempre con Bisaglia e Stammati a bordo.

Fu nel giugno del 1978, un mese dopo la morte di Moro, che esplose con inaudita virulenza il caso del [[presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] [[Giovanni Leone]], che, grazie ad una campagna cui il PCI aveva già dato un contributo fondamentale (e che a questo punto certo non ritirò), fu costretto alle dimissioni. Oltre al rancore verso Andreotti, cui si doveva un governo diverso da quello concordato (e che avrebbe dovuto presentare dimissioni almeno di cortesia, in caso di elezione di un nuovo capo dello stato), si è supposto che la campagna scandalistica sia stata ulteriormente indurita da Berlinguer per poter insediare al [[Presidente della Repubblica Italiana|Quirinale]] qualcuno meno avvinto dalla pregiudiziale anticomunista di quanto non fossero stati i presidenti precedenti.

Quando si cominciò a parlare di [[Sandro Pertini]] come di un possibile candidato, si disse che Berlinguer avrebbe regalato uno dei suoi rari (almeno in pubblico) sorrisi: l'anziano esponente partigiano, sanguigno quanto radicale nei suoi modi, e non meno deciso nei suoi indirizzi, poteva sembrare davvero immune dalla voga anticomunista e lo si sospettava, lui, assai distante da certe cerchie di intricati interessi di potere. Poteva essere, stimarono i comunisti, il momento di contare i voti delle sinistre, per verificare la possibilità di un "governo delle sinistre".

L'elezione di Pertini, in realtà, piaceva a molti settori della politica. Da parte dei socialisti, nel cui partito militava, vi era ovviamente la soddisfazione per la nomina di una figura amica, che avrebbe potuto accrescere la capacità di influenza del partito. Da parte democristiana (dalla quale si era barattata la candidatura con la persistenza al governo), Pertini era ritenuto poco pericoloso, almeno fintantoché fossero proseguiti i buoni rapporti con il Garofano. Ed anche i post-risorgimentali [[Partito Repubblicano Italiano|repubblicani]], guardavano a possibili riprese di prestigio (e di influenza politica) con un nuovo scenario che premiava con la carica uno degli storici partiti italiani.

L'entusiasmo di Berlinguer fu però di breve durata, poiché non solo Andreotti non si dimise, ma addirittura successe a sé stesso, con l'''Andreotti quinquies'', sul principio dell'anno successivo.

Il PCI fu quindi escluso dalle relazioni fra i partiti della maggioranza, e si apprestò a tornare al suo ruolo di opposizione.

=== La marcia dei quarantamila ===
Il 5 settembre 1980 la [[FIAT]] annunciò diciotto mesi di [[cassa integrazione]] per {{formatnum:24000}} dipendenti, {{formatnum:22000}} dei quali operai; successivamente, a fronte di trattative sindacali molto difficili, l'11 settembre vennero annunciati {{formatnum:14469}} licenziamenti. Il consiglio di fabbrica della casa automobilistica proclamò immediatamente lo sciopero, e tutti i cancelli di [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]] furono bloccati da picchetti operai che impedivano a chiunque di entrare, anche con forme di violenza. L'apice della lotta fu raggiunto quando Enrico Berlinguer, parlando il 26 settembre di fronte ai cancelli, promise un appoggio del Partito Comunista Italiano anche qualora fosse stata occupata la fabbrica.

Il 27 settembre, a fronte della caduta del [[governo Cossiga II]], la FIAT sospese i licenziamenti; a fine mese l'azienda pose in cassa integrazione a zero ore i {{formatnum:24000}} lavoratori in eccesso. Riprese lo sciopero e ripresero i picchetti nella loro forma più violenta. Il 14 ottobre venne convocata un'assemblea dal "Coordinamento dei capi e quadri FIAT" presso il Teatro Nuovo di Torino, sotto la leadership di Luigi Arisio. Dopo l'assemblea [[Marcia dei quarantamila|un corteo di migliaia di persone]], che si ingrossava sempre di più man mano che procedeva, percorse silenziosamente le vie cittadine. Immediatamente i sindacati, {{chiarire|incapaci di comprendere che lo sciopero poteva essere vittorioso anche se condotto dai soli operai,|in che modo?}} furono costretti al compromesso che verrà chiuso il 17 ottobre.


=== La morte a Padova ===
=== La morte a Padova ===
[[File:Sandro Pertini funerale Berlinguer.jpg|thumb|left|upright=0.8|[[Sandro Pertini]] ai funerali di Berlinguer, 13 giugno [[1984]].]]
[[File:Funerali di Berlinguer.jpg|thumb|''[[l'Unità (quotidiano)|l'Unità]]'' riporta la notizia della morte del leader comunista]]
[[File:Funerali di Berlinguer.jpg|thumb|''[[l'Unità (quotidiano)|l'Unità]]'' riporta la notizia della morte del leader comunista]]
Dopo una legislatura da [[Parlamento Europeo|parlamentare europeo]] (eletto nel [[elezioni europee del 1979|1979]] per le liste del PCI), in vista delle successive [[elezioni europee del 1984|elezioni del 1984]] Berlinguer si recò a [[Padova]] il 7 giugno, sul palco di [[Piazza della Frutta]], dove svolse un comizio. Mentre si apprestava a pronunciare la frase "''Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda''" venne colpito da un [[ictus]]. Si accasciò in diretta televisiva, terreo in volto e tuttavia, palesemente provato dal malore, continuò il discorso fino alla fine<ref>[http://www.youtube.com/watch?v=6udt2ZZinGI L'ultimo comizio di Berlinguer, parte I], filmato su [[YouTube]]</ref><ref>[http://www.youtube.com/watch?v=HibUr1KMeUE L'ultimo comizio di Berlinguer, parte II], filmato su [[YouTube]]</ref>, nonostante anche la folla, dopo i cori di sostegno, urlasse: "''Basta, Enrico''!". Alla fine del comizio rientrò in [[albergo]]<ref>Marco Albeltaro, ''Storia segreta di idiozie lapalissiane'', in ''Historia Magistra'' 12, 2, 2013, p. 163, Milano, Franco Angeli, 2013: "''Berlinguer non fu portato subito in ospedale perché dopo aver vomitato disse di sentirsi meglio e attribuì il suo stato ad una specie di congestione. Sappiamo anche che il battito cardiaco era normale e che soltanto più tardi le sue condizioni sarebbero peggiorate tanto da rendere necessario il ricovero immediato''".</ref>, dove si addormentò sul letto della sua stanza, entrando subito in [[coma]]. Dopo il consulto con un medico, venne trasportato all'[[ospedale]] Giustinianeo e ricoverato in condizioni drammatiche. Morì l'11 giugno, a causa di un'[[emorragia cerebrale]]. Il comunicato del sovrintendente sanitario affermò che il politico sardo era venuto a morire alle 12:45.<ref name="morteBerlinguerRai">{{cite web|title=Muore a Padova Enrico Berlinguer|url=http://www.raistoria.rai.it/articoli/muore-a-padova-enrico-berlinguer/13313/default.aspx|publisher=Rai Storia|accesso=16 agosto 2016}}</ref>


Il [[Presidente della Repubblica]] [[Sandro Pertini]], che si trovava già a Padova per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni di Berlinguer. Fece in tempo a entrare in stanza per vederlo e baciarlo sulla fronte. Poche ore dopo il decesso, si impose per trasportare la salma sull'aereo presidenziale, citando la frase: "''Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta''".<ref name="morteBerlinguerRai" /> Commovente fu il suo saluto al funerale (13 giugno), al quale partecipò circa un milione di persone<ref>[http://www.corriere.it/Rubriche/Infografiche/flash/funerali.swf Funerale Berlinguer]</ref>, dove si chinò con la testa sopra la bara, baciandola tra gli applausi dei presenti.<ref>[http://www.youtube.com/watch?v=Jrn1d1ppgWg Funerale di Berlinguer con l'omaggio di Pertini], filmato su [[YouTube]]</ref> Sonori fischi, che ricambiavano quelli subiti da Berlinguer al congresso socialista, si levarono quando Nilde Iotti citò il presidente del consiglio Craxi.
Dopo una legislatura da [[Parlamento Europeo|parlamentare europeo]] (eletto nel [[elezioni europee del 1979|1979]] per le liste del PCI), in vista delle successive [[elezioni europee del 1984|elezioni del 1984]] Berlinguer si recò a [[Padova]] il 7 giugno, sul palco di [[Piazza della Frutta]], dove svolse un comizio. Mentre si apprestava a pronunciare la frase "''Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda''" venne colpito da un [[ictus]]. Si accasciò in diretta televisiva, terreo in volto e tuttavia, palesemente provato dal malore, continuò il discorso fino alla fine<ref>[http://www.youtube.com/watch?v=6udt2ZZinGI L'ultimo comizio di Berlinguer, parte I], filmato su [[YouTube]]</ref><ref>[http://www.youtube.com/watch?v=HibUr1KMeUE L'ultimo comizio di Berlinguer, parte II], filmato su [[YouTube]]</ref>, nonostante anche la folla, dopo i cori di sostegno, urlasse: "''Basta, Enrico''!". Alla fine del comizio rientrò in [[albergo]]<ref>Marco Albeltaro, ''Storia segreta di idiozie lapalissiane'', in ''Historia Magistra'' 12, 2, 2013, p. 163, Milano, Franco Angeli, 2013: "''Berlinguer non fu portato subito in ospedale perché dopo aver vomitato disse di sentirsi meglio e attribuì il suo stato ad una specie di congestione. Sappiamo anche che il battito cardiaco era normale e che soltanto più tardi le sue condizioni sarebbero peggiorate tanto da rendere necessario il ricovero immediato''".</ref>, dove si addormentò sul letto della sua stanza, entrando subito in [[coma]]. Dopo il consulto con un medico, venne trasportato all'[[ospedale]] Giustinianeo e ricoverato in condizioni drammatiche. Morì l'11 giugno, a causa di un'[[emorragia cerebrale]]. Il comunicato del sovrintendente sanitario affermò che il politico sardo era venuto a morire alle 12:45.

Il [[Presidente della Repubblica]] [[Sandro Pertini]], che si trovava già a Padova per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni di Berlinguer. Fece in tempo a entrare in stanza per vederlo e baciarlo sulla fronte. Poche ore dopo il decesso, si impose per trasportare la salma sull'aereo presidenziale, citando la frase: "''Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta''". Commovente fu il suo saluto al funerale (13 giugno), al quale partecipò circa un milione di persone<ref>[http://www.corriere.it/Rubriche/Infografiche/flash/funerali.swf Funerale Berlinguer]</ref>, dove si chinò con la testa sopra la bara, baciandola tra gli applausi dei presenti.<ref>[http://www.youtube.com/watch?v=Jrn1d1ppgWg Funerale di Berlinguer con l'omaggio di Pertini], filmato su [[YouTube]]</ref> Sonori fischi, che ricambiavano quelli subiti da Berlinguer al congresso socialista, si levarono quando Nilde Iotti citò il presidente del consiglio Craxi.

[[File:Sandro Pertini funerale Berlinguer.jpg|thumb|left|upright=0.8|[[Sandro Pertini]] ai funerali di Berlinguer, 13 giugno [[1984]].]]


Il corteo con la bara, accompagnato dalla musica dell'''[[Adagio in sol minore]]'' di [[Remo Giazotto]] sfilò dalla sede del PCI, in via delle Botteghe Oscure, a piazza San Giovanni<ref>[http://www.youtube.com/watch?v=zwNlU28BsNs Il feretro di Berlinguer arriva in piazza San Giovanni], filmato su [[YouTube]]</ref>, rendendo così palese l'ammirazione che una larga parte dell'opinione pubblica [[italia]]na aveva nei suoi confronti. Persino il segretario del [[Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale|MSI]] [[Giorgio Almirante]] si recò a rendere omaggio al feretro dell'avversario, suscitando lo stupore della folla in coda per entrare nella camera ardente<ref>{{cita web|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/06/13/almirante-va-botteghe-oscure-si-inchina-davanti.html|titolo=Almirante va a Botteghe Oscure e si inchina davanti alla bara|editore=''La Repubblica''|accesso=27 aprile 2014|autore=Alberto Stabile}}</ref>. A ricevere Almirante fu [[Giancarlo Pajetta]], al quale venne dato l'incarico di pronunciare l'orazione funebre di Berlinguer.
Il corteo con la bara, accompagnato dalla musica dell'''[[Adagio in sol minore]]'' di [[Remo Giazotto]] sfilò dalla sede del PCI, in via delle Botteghe Oscure, a piazza San Giovanni<ref>[http://www.youtube.com/watch?v=zwNlU28BsNs Il feretro di Berlinguer arriva in piazza San Giovanni], filmato su [[YouTube]]</ref>, rendendo così palese l'ammirazione che una larga parte dell'opinione pubblica [[italia]]na aveva nei suoi confronti. Persino il segretario del [[Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale|MSI]] [[Giorgio Almirante]] si recò a rendere omaggio al feretro dell'avversario, suscitando lo stupore della folla in coda per entrare nella camera ardente<ref>{{cita web|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/06/13/almirante-va-botteghe-oscure-si-inchina-davanti.html|titolo=Almirante va a Botteghe Oscure e si inchina davanti alla bara|editore=''La Repubblica''|accesso=27 aprile 2014|autore=Alberto Stabile}}</ref>. A ricevere Almirante fu [[Giancarlo Pajetta]], al quale venne dato l'incarico di pronunciare l'orazione funebre di Berlinguer.
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Il giorno delle elezioni europee, il 17 giugno 1984 il [[Partito Comunista Italiano|PCI]], nonostante la scomparsa di Berlinguer, decise di lasciare il suo segretario capolista e chiese di votarlo in modo [[Plebiscito|plebiscitario]]. Le elezioni, forse anche per gli eventi precedenti, decretarono la vittoria del PCI che, per la prima e unica volta nella storia, sorpassò seppur di poco la DC, affermandosi come primo partito italiano (33,3% contro il 33,0%): questo "sorpasso" è ricordato come dovuto all'"effetto Berlinguer". Precedentemente, con Berlinguer, il PCI nel 1976 aveva toccato il massimo storico dei suoi voti, col 34,4%.
Il giorno delle elezioni europee, il 17 giugno 1984 il [[Partito Comunista Italiano|PCI]], nonostante la scomparsa di Berlinguer, decise di lasciare il suo segretario capolista e chiese di votarlo in modo [[Plebiscito|plebiscitario]]. Le elezioni, forse anche per gli eventi precedenti, decretarono la vittoria del PCI che, per la prima e unica volta nella storia, sorpassò seppur di poco la DC, affermandosi come primo partito italiano (33,3% contro il 33,0%): questo "sorpasso" è ricordato come dovuto all'"effetto Berlinguer". Precedentemente, con Berlinguer, il PCI nel 1976 aveva toccato il massimo storico dei suoi voti, col 34,4%.


Per decisione della famiglia, seguendo la volontà che avrebbe espresso alla moglie, Berlinguer è stato sepolto a [[Roma]] nel [[Cimitero di Prima Porta]], nonostante il Partito desiderasse che fosse tumulato al [[Cimitero del Verano]], nel [[Mausoleo]] dove riposano i grandi dirigenti comunisti [[Palmiro Togliatti]], [[Giuseppe Di Vittorio]], [[Luigi Longo]], e dove nel [[1999]] fu sepolta anche [[Nilde Iotti]].
Per decisione della famiglia, seguendo la volontà che avrebbe espresso alla moglie, Berlinguer è stato sepolto a [[Roma]] nel [[Cimitero di Prima Porta]],<ref name="cimiteroBerlinguer">{{cite web|title=Cimitero Flaminio - Prima Porta|url=http://www.cimitericapitolini.it/cimiteri-di-roma/elenco-cimiteri/9-cimitero-flaminio-prima-porta.html|publisher=cimitericapitolini.it|accesso=16 agosto 2016}}</ref> nonostante il Partito desiderasse che fosse tumulato al [[Cimitero del Verano]], nel [[Mausoleo]] dove riposano i grandi dirigenti comunisti [[Palmiro Togliatti]], [[Giuseppe Di Vittorio]], [[Luigi Longo]], e dove nel [[1999]] fu sepolta anche [[Nilde Iotti]].


Soprannominato subito "il più amato" (a differenza di [[Palmiro Togliatti]] che era "il migliore"), Berlinguer fu seguito alla guida del PCI da [[Alessandro Natta]]; il suo posto alla Camera dei Deputati fu preso dal sindaco di [[Marino (Italia)|Marino]], [[Lorenzo Ciocci]].
Soprannominato subito "il più amato" (a differenza di [[Palmiro Togliatti]] che era "il migliore"), Berlinguer fu seguito alla guida del PCI da [[Alessandro Natta]]; il suo posto alla Camera dei Deputati fu preso dal sindaco di [[Marino (Italia)|Marino]], [[Lorenzo Ciocci]].<ref name="lorenzoCiocci">{{cite web|title=In ricordo di Lorenzo Ciocci|url=http://www.puntoacapo.info/?p=6068|publisher=puntoacapo.info|accesso=16 agosto 2016}}</ref>

=== I familiari ===
* Il fratello [[Giovanni Berlinguer|Giovanni]] scienziato ed autore di numerosi libri di divulgazione scientifica è stato parlamentare più volte, italiano ed europeo e candidato alla Segreteria dei Ds della sinistra interna, nel 2002.
* Il cugino [[Luigi Berlinguer|Luigi]] è stato [[Ministri della pubblica istruzione della Repubblica Italiana|Ministro della pubblica istruzione]], [[Ministri dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica della Repubblica Italiana|Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica]] e senatore tra le file dei [[Democratici di Sinistra]] nonché [[eurodeputato]] del [[Partito Democratico (Italia)|Partito Democratico]].
* Il figlio [[Marco Berlinguer|Marco]] ha fatto parte del Comitato Politico Nazionale di [[Rifondazione Comunista]].
* La figlia [[Bianca Berlinguer|Bianca]] è giornalista, direttrice del [[TG3]] dal [[2009]] al [[2016]].
* La figlia [[Laura Berlinguer|Laura]] lavora a [[Studio Aperto]] e il suo compagno è il giornalista [[Luca Telese]].


== Enrico Berlinguer nella cultura di massa ==
* [[Modena City Ramblers]]: ''I funerali di Berlinguer''.<ref>{{YouTube|autore =[[Modena City Ramblers]] |id =TqGs751Q_II|titolo = I funerali di Berlinguer |minuto = |secondo = |produttore = |lingua = italiano|data =10 ottobre 2016}}</ref>
* [[Antonello Venditti]]: ''Dolce Enrico''.<ref>{{YouTube|autore =[[Antonello Venditti ]] |id =AigNESiKsUw|titolo = Dolce Enrico |minuto = |secondo = |produttore = |lingua = italiano|data =16 agosto 2016}}</ref>
* ''[[Berlinguer ti voglio bene]]'' è il titolo di un film del 1977 diretto da [[Giuseppe Bertolucci]] e interpretato da [[Roberto Benigni]].
* ''[[L'addio a Enrico Berlinguer]]'' è il titolo di un film documentario del 1984 diretto da registi vari.
* [[Ansano Giannarelli]], ''Berlinguer - la sua stagione'' - 1988.
* ''[[Quando c'era Berlinguer]]'' è il titolo di un film documentario del 2014 diretto da [[Walter Veltroni]].
* I [[CCCP Fedeli alla linea]] citano Berlinguer nel loro brano ''Svegliami''.<ref>{{YouTube|autore =[[CCCP Fedeli alla linea]] |id =aYIKuLLIi74|titolo = Svegliami |minuto = 00|secondo =31 |produttore = |lingua = italiano|data =16 agosto 2016}}</ref>
* Gli [[Offlaga Disco Pax]] nella canzone ''Robespierre'' citano Berlinguer.<ref>{{YouTube|autore =[[Offlaga Disco Pax]] |id =LUI22cBa418|titolo = Robespierre |minuto = 01|secondo =11 |produttore = |lingua = italiano|data =16 agosto 2016}}</ref>
* Il cantautore italiano [[Andrea Appino|Appino]] nella canzone ''Tropico del Cancro'' cita Berlinguer.<ref>{{YouTube|autore =[[Andrea Appino]] |id =Lzu4Z89NIK8|titolo = Tropico del cancro |minuto = 03|secondo =07 |produttore = |lingua = italiano|data =16 agosto 2016}}</ref>
* Il rapper [[Salmo (rapper)|Salmo]] nella canzone ''1984'' cita Berlinguer.<ref>{{YouTube|autore =[[Salmo (rapper)|Salmo]] |id =tyU_n_5tQww |titolo = 1984 |minuto = 00|secondo =27 |produttore = |lingua = italiano|data =16 agosto 2016}}</ref>
==Note==
{{references}}
== Opere ==
== Opere ==
* Guido Liguori, Paolo Ciofi, ''Enrico Berlinguer. Un'altra idea del mondo. Antologia (1969-1984)'', Roma, Editori Riuniti University Press, 2014.
* Guido Liguori, Paolo Ciofi, ''Enrico Berlinguer. Un'altra idea del mondo. Antologia (1969-1984)'', Roma, Editori Riuniti University Press, 2014.
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* Enrico Berlinguer, ''Discorsi parlamentari (1968-1984)'', Roma, Camera dei deputati, 2001.
* Enrico Berlinguer, ''Discorsi parlamentari (1968-1984)'', Roma, Camera dei deputati, 2001.
* Pio La Torre, ''Comunisti e movimento contadino in Sicilia'', Roma, Editori riuniti, 2002, in appendice: Il testo del discorso funebre per Pio La Torre e Rosario Di Salvo pronunciato da Enrico Berlinguer.
* Pio La Torre, ''Comunisti e movimento contadino in Sicilia'', Roma, Editori riuniti, 2002, in appendice: Il testo del discorso funebre per Pio La Torre e Rosario Di Salvo pronunciato da Enrico Berlinguer.

== Enrico Berlinguer nella cultura di massa ==
* [[Modena City Ramblers]]: ''I funerali di Berlinguer''.
* [[Antonello Venditti]]: ''Dolce Enrico''.
* ''[[Berlinguer ti voglio bene]]'' è il titolo di un film del 1977 diretto da [[Giuseppe Bertolucci]] e interpretato da [[Roberto Benigni]].
* ''[[L'addio a Enrico Berlinguer]]'' è il titolo di un film documentario del 1984 diretto da registi vari.
* [[Ansano Giannarelli]], ''Berlinguer - la sua stagione'' - 1988.
* ''[[Quando c'era Berlinguer]]'' è il titolo di un film documentario del 2014 diretto da [[Walter Veltroni]].
* I [[CCCP Fedeli alla linea]] citano Berlinguer nel loro brano ''Svegliami''.
* Gli [[Offlaga Disco Pax]] nella canzone ''Robespierre'' citano Berlinguer
* Il cantautore italiano [[Andrea Appino|Appino]] nella canzone ''Tropico del Cancro'' cita Berlinguer.
* Il rapper [[Salmo (rapper)|Salmo]] nella canzone ''1984'' cita Berlinguer.<ref>{{YouTube|autore =[[Salmo (rapper)|Salmo]] |id =tyU_n_5tQww |titolo =1984 |minuto = 00|secondo =27 |produttore = |lingua = |data =16 agosto 2016}}</ref>

== Note ==
{{references}}


== Bibliografia ==
== Bibliografia ==
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* [[Walter Veltroni]] (a cura di), ''La sfida interrotta. Le idee di Enrico Berlinguer'', Milano, Baldini & Castoldi, 1994.
* [[Walter Veltroni]] (a cura di), ''La sfida interrotta. Le idee di Enrico Berlinguer'', Milano, Baldini & Castoldi, 1994.
* Walter Veltroni (a cura di), ''Quando c'era Berlinguer'', Milano, Rizzoli, 2014.
* Walter Veltroni (a cura di), ''Quando c'era Berlinguer'', Milano, Rizzoli, 2014.
==Voci correlate==

* [[Partito Comunista Italiano]]
== Voci correlate ==
* [[Aldo Moro]]
* [[Aldo Moro]]
* [[Compromesso storico]]
* [[Compromesso storico]]
* [[Elezioni europee del 1979]]
* [[Elezioni europee del 1979 (Italia)]]
* [[Eurocomunismo]]
* [[Eurocomunismo]]
* [[Federazione Giovanile Comunista Italiana]]
* [[Federazione Giovanile Comunista Italiana]]
* [[Georges Marchais]]
* [[Georges Marchais]]
* [[Partito Comunista Italiano]]
* [[Iosif Stalin]]
* [[Santiago Carrillo]]
* [[Lenin]]
* [[Leonid Il'ič Brežnev]]

* [[Mario Berlinguer]]
* [[Antonio Gramsci]]
== Altri progetti ==
== Altri progetti ==
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Versione delle 21:20, 24 ott 2016

Disambiguazione – Se stai cercando il fondatore della Nuova Sardegna, vedi Enrico Berlinguer (senior).
Enrico Berlinguer

Segretario generale del
Partito Comunista Italiano
Durata mandato17 marzo 1972 –
11 giugno 1984
PredecessoreLuigi Longo
SuccessoreAlessandro Natta

Segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana
Durata mandato12 aprile 1949 –
14 marzo 1956
PredecessoreAgostino Novella
SuccessoreRenzo Trivelli

Dati generali
Partito politicoPartito Comunista Italiano
FirmaFirma di Enrico Berlinguer

Template:Membro delle istituzioni italiane Template:Membro delle istituzioni europee Enrico Berlinguer[1] (Sassari, 25 maggio 1922Padova, 11 giugno 1984) è stato un politico italiano, segretario generale del Partito Comunista Italiano dal 1972 fino alla morte e principale esponente dell'eurocomunismo. Durante la sua segreteria avviò un processo di distanziamento dal comunismo sovietico. Fu inoltre il fautore della questione morale e del Compromesso storico.

I genitori di Enrico Berlinguer nel 1930; Maria Loriga e Mario.

Biografia

Famiglia

Il padre di Enrico Berlinguer era l'avvocato trentenne repubblicano Mario Berlinguer, discendente da una nobile famiglia catalana stabilitasi in Sardegna all'epoca della dominazione aragonese, antifascista e vicino alla massoneria (come molti intellettuali laici dell'epoca),[2] oltre ad aver combattuto da ufficiale nella grande guerra;[3] sua madre era Mariuccia Loriga,[4] figlia di Giovanni;[3] medico igienista, autore di 120 pubblicazioni scientifiche in Italia e all'estero, studiò medicina e chirurgia all'Università di Roma, conseguendo appunto la laurea.[5]

La nonna materna di Enrico, Giuseppina Satta-Branca, anch'ella di origini notevoli, era sorella di Pietro, sindaco repubblicano di Sassari nell'età giolittiana con un'amministrazione progressista dov'era assessore anche il nonno Enrico.[3] Egli nasce in una antica famiglia sarda di origine catalana, con i titoli nobiliari di Cavaliere e Nobile con trattamento di Don e di Donna per concessione il 29 marzo 1777 a Giovanni e Angelo Ignazio da Vittorio Amedeo III Re di Sardegna,[6] iscritta negli "Stamenti nobiliari della Sardegna"[7] e legata da una fitta rete di parentele ad altre famiglie dell'aristocrazia e borghesia sarda,[8] che, escludendo l'attività politica, fondò il giornale La Nuova Sardegna (oltre ad aver avuto contatti con Garibaldi e Mazzini). Con la giovane Caterina Falco Segni ebbe otto figli. Enrico era inoltre parente di Francesco Cossiga (le rispettive madri erano cugine tra loro)[9] – che fu presidente della Repubblica – ed entrambi erano parenti di Antonio Segni, anch'egli Capo di Stato.

Nel 1924 nacque il fratello di Enrico, Giovanni, scienziato ed autore di numerosi libri di divulgazione scientifica, parlamentare più volte, italiano ed europeo e candidato alla Segreteria dei Ds della sinistra interna, nel 2002. Il cugino Luigi è stato Ministro della pubblica istruzione, Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e senatore tra le file dei Democratici di Sinistra nonché eurodeputato del Partito Democratico. Il figlio Marco ha fatto parte del Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista. La figlia Bianca è giornalista, direttrice del TG3 dal 2009 al 2016, mentre l'altra figlia Laura lavora a TGcom24 e il suo compagno è il giornalista Luca Telese,[10] dalla quale ha avuto un figlio di nome Enrico.[11] Maria è l'unica che fin da ragazzina si era iscritta al partito.[12]

Primi anni

L'effigie di un giovane Berlinguer durante una manifestazione comunista a Berlino Est, nell'agosto del 1951.

Enrico Berlinguer è nato giovedì 25 maggio 1922 a Sassari,[13][14] circa alle tre del mattino.[3] L'infanzia del giovane Enrico è segnata dal progredire di una malattia della madre, un’encefalite letargica, che le provoca deformazione fisica, distruzione del sistema nervoso, e confusione mentale.[15] Ella morirà nel 1936, dopo un decennio dall'inizio delle sofferenze, quando Berlinguer aveva solo 14 anni.[15]

Suo fratello Giovanni raccontò che Enrico in fase adolescenziale coltivava la passione per i libri di filosofia, affermazione confermata da egli stesso, quando durante un intervista del 1980 disse: "Se mi chiede che cosa volevo fare da ragazzo e cioè prima di darmi alla politica, le rispondo il filosofo".[15] Nel giugno 1940 si diploma, prendendo la maturità classica (per via della guerra non ci sono gli esami: il governo li ha sospesi). Voti: filosofia 8, storia 8, storia dell’arte 7. Nonostante i cattivi risultati dei precedenti trimestri, è stato ugualmente promosso: al primo 2 in matematica e 4 in scienze, greco e fisica; al secondo 5 in matematica, greco e fisica, 3 in scienze.[16]

Appassionato di studi giuridici, il 5 novembre 1940 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza del Liceo classico Domenico Alberto Azuni.[17] Il 17 giugno 1981 affronta il suo primo esame: istituzioni di diritto romano, dove prende il voto di 30.[16] Progettò di laurearsi con una tesi dal titolo "Filosofia del diritto: da Hegel a Croce e Gentile", anche se alla fine la laurea non arriva.[17] Secondo la testimonianza del cugino Sergio Siglienti, economico e banchiere, a metà agosto 1943 si dirigono in biciletta appena fuori Sassari, nella serra del comunista pistoiese Renato Bianchi.[17] Fu proprio lì dove il 21enne Enrico si iscrisse da solo al Partito Comunista Italiano. Alla domanda di Sergio di potersi iscrivere anch'egli al partito, Enrico li disse di no, rispondendoli così: "Tua madre si arrabbierebbe troppo".[18] Le riunioni avvengono in una stalla, e sempre nell'estate dello stesso anno Berlinguer fondò e diresse come segretario la Gioventù comunista di Sassari; la sede provvisoria è il panificio del padre di uno degli iscritti.[16] L'inverno 1944 è molto duro in Sardegna. Non c'è da mangiare, soprattutto tra i ceti popolari: l'Italia è divisa in due, la parte occupata dai tedeschi, inclusa Roma, e il Mezzogiorno liberato dagli anglo-americani; la Sardegna è separata dagli uni e dagli altri. Chiusi i traffici, non c'era nessun approvvigionamento.[19]

Nella sera di mercoledì 12 gennaio 1944 Enrico, insieme a una ventina di giovani compagni comunisti organizza una manifestazione per chiedere pane, pasta e zucchero.[20] Il giorno seguente altri manifestanti, circa cinquecento, entrano in contatto coi carabinieri a cavallo davanti al Palazzo del governo, anche se la protesta viene sciolta rapidamente.[20] Il venerdì 14 seguente una folla composta da circa duemila persone, soprattutto donne, assaltano e saccheggiano forni, magazzini di grano, farina e pasta, frantoi.[20] I disordini cominciarono alle 7:30, quando due commessi di panificio furono assaliti e depredati di 80 kg di pane che stavano portando alle rivendite.[21] In serata arriva secca la sconfessione da parte dei partiti della Concentrazione antifascista, tra cui il PCI e il Partito d'Azione di Mario Berlinguer,[21] che disse: "I disordini ed i torbidi non rispondono ad alcuna iniziativa né finalità di partiti politici, che apertamente li sconfessano".[22] Le località particolarmente investite da questi moti, oltre a Sassari, furono Ozieri e Oniferi.[23]

La polizia non crede all'innocenza dei comunisti: in tutto gli arrestati furono 43,[24] tra cui lo stesso Enrico. Verso le 10 mattutine di lunedì 17 gennaio 1944 egli viene ammanettato e portato inizialmente nella caserma intitolata al suo avo[24] Gerolamo Berlinguer, militare italiano, capitano dell'Arma dei Carabinieri, insignito di medaglia d'oro al valor militare.[25] In seguito viene incarcerato nella prigione di San Sebastiano, dove resterà per oltre tre mesi.[16] Domenica 23 aprile Berlinguer viene liberato dal penitenziario dove viene prosciolto in istruttoria dalle accuse.[16] Circa quarant'anni dopo Berlinguer dirà che "la galera era stata formativa".[26]

Carriera giovanile

Enrico Berlinguer durante un comizio a Borgo San Lorenzo, 1952.

Nel periodo successivo alla Svolta di Salerno (aprile 1944) e la composizione di un governo transitorio con la partecipazione dei rappresentanti del CLN (secondo governo Badoglio), Mario Berlinguer fu per brevissimo tempo (dal 2 al 16 giugno 1944, entrambi dei venerdì, quindi per due settimane precise[27]) commissario aggiunto all'epurazione[28]. A fine giugno, il 23, in uno dei suoi tragitti verso Salerno (dove appunto si riunisce il governo) per incontrare Palmiro Togliatti, porta con se il figlio Enrico, e lo presenta al politico genovese.[29] Mario e Togliatti in passato frequentarono insieme il Liceo classico Domenico Alberto Azuni, dove quest'ultimo risultò, insieme alla sorella, il migliore dell'Istituto, ottenendo così entrambi la « licenza d'onore », che li esonerava dall'obbligo di sostenere l'esame finale di maturità.[30] Il giovane Enrico destò una buona impressione.[29]

Il primo impiego che li affidarono fu quello di funzionario dirigente del lavoro giovanile nella Federazione romana del PCI, a 400 lire al mese.[31] Enrico si trasferì a Roma insieme al fratello Giovanni e al padre.[32] Il giovane Enrico arrivò nella sede della Direzione del movimento, situato in due appartamenti in via Nazionale 243, una mattina di novembre 1944.[31] Ai tempi dirigevano il tunisino 27enne Michelino Rossi e l'abruzzese di due anni più giovane Giulio Spallone.[33] Prima svolge il suo ruolo nel lavoro sindacale, poi diventa vicepresidente nazionale del movimento giovanile.[32] Nel giugno 1945 Pietro Secchia da Milano si trasferisce a Roma per sostituire Berlinguer nella dirigenza dell'organizzazione del partito: Berlinguer, infatti, viene inviato da Togliatti a Milano, per cercare di convincere i giovani compagni (quasi tutti partigiani) ad abbandonare le armi e a cessare le violenze e le vendette politiche.[32] Ad aspettarlo ci sono Luigi Longo, Giancarlo Pajetta, ed Eugenio Curiel.[32] Un anno più tardi, al V congresso nazionale, tra il dicembre 1945 e il gennaio 1946, è eletto nel comitato centrale di 70 membri.[34] Si trattava, come ricordò Pietro Secchia, della leva più recente insieme a Mario Alicata.[35] Tra luglio e agosto 1946 Berlinguer fu il capo della delegazione di quindici elementi (tra cui i partigiani Marisa Musu e Vito D'Amico) appartenenti al Fronte della Gioventù (di cui era appunto segretario) che visitò l'Unione Sovietica, e in quell'occasione fu ricevuto in un breve incontro da Stalin.[36] Dopo il suo ritorno in Italia continua a lavorare a Roma insieme a Togliatti.[37] Venerdì 23 maggio 1947, Berlinguer organizza la prima Conferenza nazionale giovanile del PCI, dove Palmiro si congratula così: «Un progresso vi è senza dubbio nella formazione dei quadri giovanili. Faccio in proposito soltanto il nome del compagno Enrico Berlinguer, che nel rapporto introduttivo ai lavori di questa riunione ha dato prova di una maturità politica che ritengo non sia soltanto dote sua personale ma riflesso della maturità di un movimento in sviluppo».[16] Nel 1948, tra il 4 e il 10 gennaio,[38] si svolge a Milano il VI congresso del PCI: è proprio qui dove Enrico entra, come responsabile del movimento giovanile, nel massimo organismo del PCI, la direzione composta di ventuno membri.[39]

Enrico Berlinguer con il sindaco di Gallipoli Mario Foscarini

A fine marzo 1949 il comitato centrale decide di ricostruire la Federazione Giovanile Comunista Italiana. Enrico diventa responsabile del comitato costitutivo della FGCI e dopo il congresso (il XII) di questa, tenuto a Livorno (29 marzo-2 aprile 1949), ne assumeva la segreteria generale.[4] Insieme al settimanale con una tiratura di centomila copie, Pattuglia, dall'estate 1949 esce il mensile Gioventù nuova. Direttore del nuovo organo di stampa è lo stesso Enrico, che riceve il sostegno di Ugo Pecchioli. Intendeva essere "strumento e guida allo studio del marxismo-leninismo", e diffondere ventimila copie.[40] Nel 1950 diventa segretario della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, l'associazione internazionale dei giovani comunisti. In origine i sovietici avevano intenzione di far trasferire Berlinguer a Budapest, sede della federazione, ma alla fine Enrico trascorrerà nella capitale ungherese solo 10 giorni al mese.[41] Lo assistono Hu Yaobangf, futuro segretario del Partito Comunista Cinese, ed Erich Honecker, futuro presidente della Repubblica Democratica Tedesca.[41] Contemporaneamente il fratello Giovanni è segretario dell'Unione internazionale degli studenti, che ha sede a Praga.[42] Il suo ruolo si conclude nel 1952, dopo il Festival mondiale della gioventù di Berlino Est, svoltosi nell'agosto del 1951.[4] In seguitò continuò a militare nell'organizzazione come responsabile giovanile.[4]

Formazione politica

Nel settembre 1956, esaurita non senza amarezza l'esperienza nella FGCI, dovette affrontare le ripercussioni del XX congresso del PCUS, del processo di destalinizzazione, e dell'invasione dell'Ungheria da parte dell'Armata Rossa; e all'VIII congresso del PCI scelse una posizione defilata e dimessa, omettendo riferimenti all'URSS e concentrandosi nella convinta difesa della politica postbellica dei comunisti italiani.[4] I tesserati al movimento giovanile nel 1955 sono diminuiti, rispetto al 1954, di 36.594 unità.[4] Nel 1956 un’ulteriore perdita rispetto all’anno precedente: meno 36.188 iscritti.[4] Il posto di Enrico non viene assunto da Giuseppe D'Alema, com'era stato originariamente previsto, ma dal 30enne livornese Renzo Trivelli.[43] Ma, nonostante il diffuso giudizio sulla statura politica di Berlinguer, in quei mesi la sua stella era in declino ed Enrico venne spostato a un incarico secondario divenendo nel 1957 il responsabile delle Frattocchie (con il sostegno di Alessandro Natta), la scuola dei quadri del partito.[44] Il 26 settembre 1957 Enrico, ormai trentacinquenne, sposa Letizia Laurenti, 6 anni più giovane di lui. La cerimonia si svolge in Campidoglio, col solo rito civile, dove come testimoni di lui ci sono il fratello Giovanni e la seconda moglie del padre; dal matrimonio nasceranno quattro figli: Bianca, Marco, Maria e Laura.[45] Berlinguer, diretto a Cagliari insieme a Letizia per la luna di miele, è scelto come vicesegretario regionale del PCI in Sardegna.[4] Hanno affittato due stanze ammobiliate in un palazzo tra le ferrovie e il porto, all’inizio di viale Bonaria.[16] Il motivo della promozione di Enrico a vicesegretario, ruolo esercitato precedentemente da Velio Spano, è il disastroso risultato comunista nelle Elezioni regionali in Sardegna del 1957, dove prese solo il 17,6% dei voti, a favore del PMP (Partito Monarchico Popolare) di Achille Lauro.[45] Nei pochi mesi di permanenza in Sardegna estende l'organizzazione del partito con la costituzione della Federazione della Gallura, sede a Tempio Pausania,[46] e si occupa dell'ediziona isolana dell'Unità.[47]

Nell'estate 1958 Berlinguer torna insieme a sua moglie a Roma;[4] a metà luglio Togliatti e Longo decidono di chiamarlo nella segreteria del partito con l'incarico di collaborare col vicesegretario nella direzione dell'ufficio di segreteria.[46] Enrico ha come collaboratore il 48enne di 12 anni più anziano Salvatore Cacciapuoti, operaio metallurgico, già segretario della federazione napoletana, condannato dal Tribunale speciale il 3 novembre 1938 a nove anni e quattro mesi, alla sollevazione di Napoli contro i tedeschi, ora nel comitato centrale.[48] Mercoledì 9 dicembre 1959 nasce Bianca, la prima figlia di Enrico Berlinguer. Scelgono il nome della nonna materna.[16] Al IX congresso del partito (svoltosi a Roma tra il 30 gennaio e il 4 febbraio 1960)[49] Amendola viene sostituito. Togliatti e Longo scelgono come suo successore Enrico, 38 anni, a cui viene affidata la più importante responsabilità operativa all'interno del partito: fa infatti il suo ingresso a pieno titolo in direzione ed assume l'incarico dell'organizzazione.[50] Insieme a lui oltre ai già citati Togliatti, Longo e Amendola, sono presenti anche Gian Carlo Pajetta, Pietro Ingrao, ed Enrico Bonazzi.[16] Dal 17 al 31 ottobre 1961 si svolge a Mosca il XXII congresso del PCUS,[51] ed è proprio qui dove Chruščёv, davanti ad un numero altissimo di delegati (4800),[51] inaspettatamente accentua nuovamente i toni, riaprendo e aggravando il processo a Stalin, allargandolo stavolta al "gruppo antipartito", composto da Molotov, Malenkov, Kaganovič, Vorošilov, Bulganin, Saburov, Pervukhin, Šepilov.[52] Togliatti, come ricorderà Carlo Galluzzi, nonostante apprezzasse il coraggio, la forza e la giustezza della denuncia di Chruščёv, non era contento dell'esibizionismo praticone, la superficialità e l'eccessiva tendenza a personalizzare, che erano i tratti caratteristici di Nikita.[53] Palmiro presenta un rapporto al Comitato centrale e alla Commissione centrale di controllo del Pci riguardante il Congresso, dal titolo Avanti, verso il comunismo, liberandosi dalle scorie del passato. Giovedì 16 novembre 1961 nasce la secondogenita di Berlinguer; le viene dato il nome della nonna paterna, Maria.[54] Da mercoledì 20 a sabato 23 dicembre 1961 si svolge una riunione del comitato centrale. Enrico, ben noto dentro il partito ma praticamente sconosciuto all'esterno di esso, viene designato come relatore dell'assemblea, dove legge un rapporto per rivendicare l’autonomia del Pci dal Pcus, dal titolo "La forza, lo sviluppo e i compiti del Pci nel momento presente. Rapporto e intervento alla sessione del Comitato centrale e della Commissione centrale di controllo del Pci del 20-23 dicembre 1961".[16] Nel X congresso (svoltosi a Roma tra il 2 e l'8 dicembre 1962) Enrico compie un altro passo in avanti nella dirigenza del partito: diventa infatti membro della direzione e della segreteria e responsabile dell'ufficio di segreteria. Quest'ultimo incarico, che tiene fino al gennaio 1966, fa di lui il diretto esecutore di tutte le risoluzioni prese dalla segreteria. Assume inoltre l'importante ufficio delle relazioni estere.[4] Lunedì 7 gennaio 1963 nasce Marco Berlinguer.

File:Berlinguer with Fidel Castro.JPG
Enrico Berlinguer durante l'incontro con Fidel Castro, 1981.

Chruščëv si trovò in grandi difficoltà all'interno del suo partito dopo l'insuccesso nella gestione della crisi di Cuba, in seguito alla quale la flotta russa che trasportava missili per il governo filosovietico di Cuba dovette fare un rapido dietro-front di fronte al blocco navale imposto dagli Stati Uniti.[55] La sua caduta fu apparentemente il risultato di una cospirazione da parte dei capi del partito, irritati dalla sua politica estera che mise in imbarazzo il partito e l'URSS stessa nello scenario internazionale. Il PCUS accusò Chruščëv di aver commesso errori politici durante la crisi dei missili di Cuba nel 1962 e di aver organizzato male l'economia sovietica,[56] soprattutto nel settore agricolo. Inoltre un episodio che non poté passare inosservato fu la visita, da parte della figlia e del genero di Chruščëv, a papa Giovanni XXIII a Città del Vaticano, forse avvenuta senza aver consultato il partito. Tale iniziativa poteva essere considerata un cedimento nella dottrina comunista dell'epoca.[57] Togliatti, nell'estate del 1964 si recò a Jalta, località della Crimea, in URSS, sul mar Nero per trascorrere una breve vacanza con la compagna Nilde Iotti[58], subito dopo un viaggio a Mosca dove aveva discusso con Brežnev (allora numero due del Cremlino, ma che stava per deporre Chruščёv, che Togliatti cercava inutilmente, in quei giorni, di incontrare personalmente) circa l'opportunità di una conferenza internazionale comunista per ricucire i rapporti con la Cina di Mao Zedong, deteriorati da Chruščёv. Mentre si trovava nella cittadina sovietica, Togliatti venne colpito da un grave ictus e da una successiva emorragia cerebrale, non riprendendo più conoscenza: morì alcuni giorni dopo nello stesso luogo. Aveva 71 anni.[58] I cospiratori, guidati da Leonid Brežnev, Aleksandr Šelepin e dal capo del KGB Vladimir Semičastny, portarono alla deposizione di Chruščёv mercoledì 14 ottobre 1964, quando si trovava a Pitsunda. Motivo ufficiale: la cattiva salute.[59] Lo susseguì come Segretario generale del PCUS Brežnev, mentre Kosygin diventa Presidente del Consiglio dei ministri (ricoprì questo ruolo dal 15 ottobre 1964 al 23 ottobre 1980).

Berlinguer viene scelto come guida della delegazione verso Mosca per avere un chiarimento sulla destituzione di Chruščёv. Insieme ai compagni del partito Paolo Bufalini ed Emilio Sereni parte da Fiumicino martedì 27 ottobre 1964 alle 10:25.[60] Atterrano all'aeroporto di Sceremietevo a sera inoltrata, dove li accolgono Andrej Kirilenko e Boris Nikolaevič Ponomarëv.[60] Stanziano per loro richiesta all'"Oktiabraskaia", un albergo a facciata concava poco distante dalla vecchia Arbat Stari, la via degli antiquari.[60] Iniziano solo il 30 ottobre i colloqui, sulle rive della Moscova.[60] In rappresentanza del PCUS ci sono Michail Suslov, della segreteria e del praesidium, Nikolaj Viktorovič Podgornyj, presidente del praesidium, e Boris Nikolaevič Ponomarëv, definito da Vittorio Gorresio "il cane da guardia messo dal Cremlino a sorvegliare il grande gregge dei partiti comunisti non al potere".[61] Qui spiega che il Pci è perplesso per quanto riguarda i metodi e le posizioni attuali del Pcus, incluso il modo dell’allontanamento di Chruščёv, che ha sollevato nel partito italiano "riserve, perplessità e interrogativi".[62] Berlinguer nota inoltre che bisogna "liberarsi da ogni nostalgia" e trovare "una unità che riconosca come inevitabili ed ammetta le differenze, senza che questo debba dar luogo a condanne".[63] La mattina seguente, quella di domenica, viene all'incontro anche Brežnev.[64] Si tratta di una breve seduta per la stesura di un comunicato neutro.[64] Lunedì la delegazione italiana si limita a visitare la capitale.[64] Il ritorno in patria avviene martedì 3 novembre.[16] Quando arriva all'aeroporto di Fiumicino legge un appunto ai giornalisti che lo attendono: «Nel corso delle conversazioni, come potete immaginare, abbiamo informato ampiamente i compagni sovietici delle reazioni e preoccupazioni che ha suscitato nell’opinione pubblica del nostro paese la sostituzione del compagno Chruščёv. Con grande franchezza abbiamo inoltre esposto ai compagni del Pcus le perplessità e le riserve che il modo in cui i mutamenti sono stati annunciati e presentati ha sollevato nel nostro partito».[65]

Dal 25 al 31 gennaio 1966 si svolge a Roma l'XI Congresso del PCI, dove si riaffermano i temi della lotta per la pace, la distensione, la coesistenza pacifica e il disarmo.[66] L'obiettivo prioritario è l'organizzazione di un grande movimento unitario.[66] Si tratta del primo dopo la morte di Togliatti e si svolge in un contesto di grave tensione internazionale (Vietnam), mentre la fase "riformatrice" del centro sinistra appare esaurita.[67] Al termine dell'incontro Berlinguer non è riammesso alla segreteria del partito e diventa segretario regionale del Lazio.[68] È invece nel nuovo organismo voluto da Longo, l’ufficio politico, intermedio tra la segreteria e la direzione.[16] A metà novembre svolge una visita ufficiale in Vietnam.[4] In seguito, fino al 1968, ha l'occasione di sviluppare l'esperienza internazionale attraverso alcune missioni per conto del PCI in Cina, Corea del Nord e di nuovo a Mosca.[69]

Leader di partito

Alle elezioni politiche del 19 e 20 maggio 1968 la direzione del PCI decide di candidare Berlinguer capolista nel Lazio (a verbale risulta il suo unico voto contrario alla candidatura).[16] Si tratta di un decisivo successo elettorale comunista e la sconfitta secca del Partito socialista unificato: infatti il partito guidato da Longo riesce a vincere 11 seggi in più rispetto alle elezioni precedenti, mentre i socialisti ne perdono 29. Bene anche la Democrazia Cristiana che porta a casa sei seggi in più rispetto a 5 anni prima.[70] É proprio in questa consultazione elettorale che Enrico diventa per la prima volta deputato, per il collegio elettorale di Roma.[71] Domenica 10 novembre 1968 il PCUS invita i comunisti italiani a Mosca; il partito sceglie Berlinguer come guida della delegazione.[72] Quest'ultimo parte il lunedì successivo insieme a Bufalini, Arturo Colombi, Cossutta e Galluzzi.[72] Quest'ultime scrive: "Il mandato che ricevemmo dalla Direzione del partito per quel difficile confronto era preciso: discutere con il Pcus non soltanto della Conferenza mondiale dei partiti comunisti ma anche della Cecoslovacchia, evitando, se possibile, un ulteriore inasprimento dei rapporti, ma senza recedere di un pollice dalle nostre posizioni."[73] Ritornano in Italia il 15 novembre.[16] Brežnev è assente, a causa di una visita ufficiale in Varsavia, e a capeggiare quindi la delegazione sovietica c'è l'ucraino Andrej Kirilenko.[72] Al XII Congresso svoltosi nel febbraio 1969 a Bologna, a seguito del peggiorare delle condizioni di salute del sessantottenne Longo, parzialmente invalido, si pone il problema di affiancare all'anziano leader un vicesegretario che subentrasse gradatamente alla guida dell'organizzazione politica. Sono sondati i membri della Direzione a cui è chiesto di esprimere una preferenza fra Berlinguer e Giorgio Napolitano. L'incarico del sondaggio è affidato al segretario generale della CGIL Agostino Novella e al responsabile dell'Ufficio di segreteria Cossutta.[74] La larga maggioranza del gruppo dirigente sceglie il primo.[75]

Berlinguer a Milano nel 1972, al XIII Congresso del Partito Comunista Italiano.

La sera di mercoledì 4 giugno 1969 arrivano a Mosca Bufalini, Cossutta, Galluzzi, Rossi, Boffa, Mechini, guidati dal vicesegretario Berlinguer: è proprio nella capitale sovietica che si svolge la conferenza internazionale dei partiti comunisti.[76] La conferenza si apre il giorno seguente; il numero massimo di delegati per una delegazione è 3 (per l'Italia sono presenti Berlinguer, Cossutta, e Bufalini).[77] Il primo a parlare è Brežnev, mentre Enrico si esprime mercoledì 11.[77] Prima di lui avevano già parlato i rappresentanti di 35 partiti , praticamente tutti appiattiti sulla posizione sovietica. Proprio in questa mattina Berlinguer pronuncia il più duro discorso mai pronunziato a Mosca da un dirigente straniero.[78][79] Una parte del discorso di Enrico recita: "noi respingiamo il concetto che possa esservi un modello di società socialista unico e valido per tutte le situazioni. In verità le stesse leggi generali di sviluppo della società non esistono mai allo stato puro, ma sempre e solo in realtà particolari, storicamente determinate e irripetibili. Contrapporre questi due aspetti è schematico e scolastico e significa negare la sostanza stessa del marxismo".[80] Domenica 6 luglio 1969 muore il padre di Enrico, Mario, a 78 anni. Lunedì 5 aprile 1971 nasce Lauretta, la quarta figlia di Enrico. Nello stesso giorno muore lo zio Stefano Siglienti, cui Berlinguer è legatissimo.[16]

La segreteria

Berlinguer in primo piano; alle sue spalle Pietro Ingrao e Giancarlo Pajetta.

Lunedì 13 marzo 1972 alle 8 del mattino il PCI presenta tempestivamente le sue liste in tutte le circoscrizioni, e alle 15, al Palaido di Milano si svolge il XIII congresso nazionale.[81] Lo stesso giorno è Berlinguer a leggere la relazione introduttiva ai 1.043 delegati che rappresentano 1.521.028 iscritti.[82] Al termine del congresso viene eletto segretario nazionale del partito, dopo aver messo subito le cose in chiaro, affermando: «Compagni, non sarò né Togliatti né Longo».[83] Domenica 7 maggio 1972 durante le elezioni politiche Berlinguer, capolista a Roma, è rieletto deputato con 230.000 preferenze (80.000 in più rispetto alla prima volta, nel 1968).[84] Enrico a inizio ottobre 1973 si trova in Bulgaria per incontrare Teodor Jikov, segretario del partito e presidente del Consiglio di Stato. I colloqui non vanno benissimo, ed Enrico decide di accorciare la permanenza.[85] Mercoledì 3 ottobre si dirige con una limousine, per la precisione una GAZ-13 Čaika, verso l'aeroporto di Sofia; insieme a lui viaggiavano nell'auto due alti funzionari del Partito Comunista Bulgaro, un autista, e un interprete.[85] Li precedevano una scorta di polizia e li succedeva una terza macchina con a bordo i dirigenti del Pci che avevano accompagnato il segretario.[85] All'improvviso la macchina dove viaggiavano Berlinguer e i suoi accompagnatori fu investita da un camion militare. A causa di questo incidente (considerato in realtà da molti come un vero e proprio attentato)[85] il suo interprete muore e due dirigenti del Partito Comunista bulgaro rimangono gravemente feriti. Il segretario del Pci si salva per miracolo.[85] L’11 settembre del 1973, è svegliato nel cuore della notte da una bruttissima notizia per tutti gli antifascisti europei: in Cile, infatti, il governo di sinistra di Salvatore Allende (eletto democraticamente), è rovesciato da un colpo di Stato fascista ad opera del generale Augusto Pinochet. Nel 1991 Emanuele Macaluso, senatore del Partito Democratico della Sinistra ed ex dirigente comunista, rilasciò un'intervista al settimanale Panorama dichiarando che il segretario del PCI, appena rientrato a Botteghe Oscure, gli avrebbe rivelato il sospetto che si fosse trattato in realtà di un "falso incidente", orchestrato ad arte dal KGB e dai servizi segreti bulgari per porre fine allo scomodo alleato italiano.[86]

Compromesso storico ed eurocomunismo

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Una stretta di mano tra Berlinguer e il leader democristiano Aldo Moro, tra i maggiori fautori del compromesso storico.

Dopo la convalescenza seguita alle ferite riportate, Berlinguer scrive per Rinascita (un mensile politico-culturale del Partito Comunista Italiano fondato da Togliatti nel 1944) tre famosi articoli intitolati "Riflessioni sull'Italia", "Dopo i fatti del Cile" e "Dopo il golpe del Cile", in cui sviluppava alcuni temi che abbozzavano la proposta del "compromesso storico" come possibile soluzione preventiva dinanzi a quanto riteneva fosse una deriva istituzionale che lasciava paventare possibili soluzioni di stile sud-americano.[87] Venerdì 12 ottobre 1973 Rinascita, pubblica appunto la terza ed ultima parte delle riflessioni scritte da Berlinguer, che recitano: «Sarebbe del tutto illusorio pensare che, anche se i partiti e le forze di sinistra riuscissero a raggiungere il 51 per cento dei voti e della rappresentanza parlamentare (…), questo fatto garantirebbe la sopravvivenza e l’opera di un governo che fosse l’espressione di tale 51 per cento. Ecco perché noi parliamo non di una “alternativa di sinistra” ma di una “alternativa democratica”, e cioè della prospettiva politica di una collaborazione e di una intesa delle forze popolari d’ispirazione comunista e socialista con le forze popolari di ispirazione cattolica, oltre che con formazioni di altro orientamento democratico. (…) La gravità dei problemi del paese, le minacce sempre incombenti di avventure reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una sicura via di sviluppo economico, di rinnovamento sociale e di progresso democratico rendono sempre più urgente e maturo che si giunga a quello che può essere definito il nuovo grande “compromesso storico” tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano».[16] Iniziano quindi a delinearsi le caratteristiche della sua segreteria: da un lato il tentativo di collaborare con la DC nella prospettiva di realizzare riforme sociali ed economiche che considerava indispensabili[88], dall'altro dalla convinzione della necessità di rappresentare un nuovo comunismo indipendente dall'URSS (chiamato "eurocomunismo"). Con questo termine si intende il rapporto che ebbero il Partito Comunista italiano, francese e spagnolo dal 1975 in poi con l’obiettivo appunto di distanziarsi dal sistema sovietico e rivendicare più autonomia da Mosca.[89]

La proposta politica del "compromesso storico" sviluppava il tradizionale indirizzo di Togliatti, nella Resistenza e nel dopoguerra, rivolto a realizzare una stabile alleanza di governo fra le grandi forze popolari: DC, PCI e PSI.[90] Ma non mancavano novità: la volontà di reagire ad una tensione internazionale drammatica che aveva portato all'appoggio americano al cruento colpo di Stato in Cile ed insieme la prima ricerca di elementi programmatici nuovi da ascrivere al "compromesso", come l' "austerità" nel consumo, in risposta all'emergere della questione ecologica.[91] Dal 18 al 23 marzo 1975 si svolge al Palaeur di Roma il XIV Congresso del Pci (chiamato dai giornali il "congresso del compromesso storico").[92] Nella seconda giornata dell'assemblea, ovvero martedì, Fanfani ritira la delegazione Dc dal congresso.[93] Il motivo: le ingerenze del Pci nelle elezioni portoghesi (dove il consiglio militare della rivoluzione, di sinistra, aveva escluso dalle elezioni il partito democratico cristiano che era stato responsabile di un tentato golpe: dietro la decisione dell’esclusione c’era stata appunto l’ingerenza del Pci).[93] Domenica 15 e lunedì 16 giugno si svolgono le elezioni amministrative, sovraccariche di significato politico: sono infatti quaranta milioni gli italiani alle urne per rinnovare i consigli di 6.345 città, 86 province, 15 regioni a statuto ordinario. Inoltre, per la prima volta, voteranno anche i diciottenni.[94] Si tratta di una sostanziale vittoria delle sinistre, in particolare dei comunisti che raggiungono, da soli, il 48,3% dei suffragi in Emilia Romagna, il 46,5 in Toscana, il 46,1 in Umbria, il 38,4 in Liguria, il 36,9 nelle Marche, il 33,9 in Piemonte, il 33,5 nel Lazio, il 30,4 in Lombardia, il 30,3 in Abruzzo. La media nazionale è del 33,4%. La Dc, raggiunge il 35,4%, il Psi il 12%, mentre il Msi, invece, arretra rispetto al buon risultato del 1972 e si attesta sul 6,4%.[94] Martedì 3 febbraio 1976 durante un'intervista a cura di Carlo Casalegno per alcuni importanti quotidiani europei (La Stampa, Die Welt, Le Monde, Times), ribadisce la scelta democratica e la autonomia della politica del Pci.[95] In un'intervista a cura di Gianpaolo Pansa sul Corriere della Sera (15 giugno) precisa il rapporto tra l’Italia e la Nato e l’atteggiamento dei comunisti verso l’Alleanza Atlantica.[95] Dopo il XXV congresso del Pcus, il 3 giugno 1976 Berlinguer incontra in Francia Georges Marchais, segretario appunto del PCF.[96] É proprio qui che Berlinguer nomina per la prima volta l'eurocomunismo.[96]

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Enrico Berlinguer a colloquio con Fabio Mussi, 15 marzo 1978.

Alle Elezioni politiche svoltesi domenica 20 e lunedì 21 giugno 1976[97] escono vincitori (in termine unicamente della variazione dei voti) sia la Dc che il Pci: i primi infatti riescono a portare a casa 1.297.000 voti in più rispetto alle elezioni precedenti, mentre i comunisti 3.545.000 in più rispetto a quattro anni prima. I voti dei socialisti restano invece sostanziale invariati.[98] Venerdì 14 ottobre 1977 Enrico comincia ad aprire il dialogo con il mondo della chiesa, quando scrive al monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea il seguente testo: «Nel Pci esiste ed opera la volontà non solo di costruire e di far vivere qui in Italia un partito laico e democratico, come tale non teista, non ateista, non antiteista, ma di volere anche, per diretta conseguenza, uno Stato laico e democratico, anch’esso dunque non teista, non ateista, non antiteista».[16] A Mosca nel frattempo si annunciano grandiose le celebrazioni per il 60° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre. Proprio per questo avvenimento Berlinguer e una delegazione del Pci (composta da Antonio Rubbi, Nilde Jotti, Antonio Roasio e Luciano Guerzoni)[99] lunedì 31 ottobre atterrano nella capitale sovietica; non sono però gli unici: sono infatti 123 le delegazioni di partiti comunisti, di partiti socialisti, di movimenti di liberazione, di sindacati, di stati, che partecipano all'importante avvenimento.[99] Inizialmente il segretario del Pci viene rassicurato del fatto che il suo discorso potrà occupare fino a 12 o 15 minuti della riunione, mentre in seguito lo avvisano che lo spazio che poteva occupare era di soli 7 minuti.[16] Berlinguer deve quindi tagliare alcune parti del suo discorso; un passo di esso recita: «L’esperienza compiuta ci ha portato alla conclusione che la democrazia è oggi non soltanto il terreno sul quale l’avversario di classe è costretto a retrocedere, ma è anche il valore storicamente universale sul quale fondare un’originale società socialista. Ecco perché la nostra lotta unitaria (che cerca costantemente l’intesa con altre forze d’ispirazione socialista e cristiana in Italia e in Europa occidentale) è rivolta a realizzare una società nuova – socialista – che garantisca tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, il carattere non ideologico dello Stato, la possibilità dell’esistenza di diversi partiti, il pluralismo della vita sociale, culturale, ideale». Assente nell'assemblea Georges Marchais (segretario del Partito Comunista Francese), che viene quindi sostituito da Paul Laurent e Jean Kanapa.[99] All'inizio del 1978 viene programmato un viaggio negli Stati Uniti per il mese di maggio, anche se alla fine non avrà luogo.[100][101] Nell'ottobre dello stesso anno una delegazione del Pci guidata da Berlinguer si reca a Parigi, a Mosca, e infine a Belgrado.[101]

Giorgio Napolitano con Berlinguer

Il 5 gennaio 1978 Enrico, accompagnato da Luciano Barca, incontra per la seconda volta Aldo Moro in casa di Tullio Ancora, consigliere di Moro.[16] Il 26 gennaio il Comitato centrale del partito sottolinea l’esigenza di una partecipazione diretta del Pci al governo del paese, posizione ribadita da Berlinguer nei successivi incontri per la formazione del governo.[95] Al terzo incontro tra i due segretari, svoltosi il 16 febbraio, Moro afferma che avrebbe sostenuto nei gruppi parlamentari democristiani la necessità dell’ingresso a pieno titolo del Pci nella maggioranza governativa.[16] Il 16 marzo 1978, la Fiat 130 che trasportava Moro, dalla sua abitazione nel quartiere Trionfale zona Monte Mario di Roma alla Camera dei deputati, fu intercettata da un commando delle Brigate Rosse all'incrocio tra via Mario Fani e via Stresa. Gli uomini delle Brigate Rosse uccisero, in pochi secondi, i cinque uomini della scorta (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi) e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana. Berlinguer commenterà questo fatto così:«Il momento è tale che tutte le energie devono essere unite e raccolte perché l’attacco eversivo sia respinto: con saldezza di nervi, non perdendo la calma, ma anche adottando tutte le iniziative e tutte le misure opportune per salvare le istituzioni e per garantire la sicurezza e l’ordine democratico». Gli viene inoltre affidata una scorta.[16] Dopo una prigionia di 55 giorni, il 9 maggio viene ucciso l’onorevole Moro. A causa dello Scandalo Lockheed il 15 giugno il Presidente della Repubblica Giovanni Leone è costretto a dimettersi. Viene sostituito l’8 luglio, quando viene eletto Sandro Pertini.[95]

Il 24 gennaio 1979 alle 6:35 del mattino, Guido Rossa, sindacalista della Flm e militante del Pci, esce dalla sua casa in via Ischia 4 a Genova per recarsi al lavoro con la sua Fiat 850. Ad attenderlo su un furgone Fiat 238 parcheggiato dietro c'è un commando composto da Riccardo Dura, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi. I brigatisti gli sparano contro uccidendolo.[102] Il 26 marzo muore a causa di una emorragia cerebrale Ugo la Malfa. Dal 30 marzo al 3 aprile si svolge a Roma il XV congresso nazionale del Pci.[103] Le elezioni politiche (anticipate a causa delle dimissioni di Andreotti) svoltesi domenica 3 e lunedì 4 giugno infliggono al Pci una durissima sconfitta: il partito infatti scende dal 34,4 al 30,4 per cento dei voti. Alla camera i democristiani raggiungono il 38,3%, i socialisti al 9,8, mentre i fascisti del Msi non vanno oltre al 5,3%.[104] I comunisti perdono la gran parte dei voti dei giovani, dei ceti professionali e degli strati sociali disagiati.[105] Berlinguer viene eletto a Roma con oltre 238.000 preferenze.[106] Solo una settimana dopo le elezioni politiche si svolgono quelle europee, dove il Pci subisce un leggerissimo calo (perde infatti meno di 1 punto percentuale, fermandosi al 29,5%); i democristiani perdono due punti (36.4%), mentre i socialisti ne vincono poco più di uno (11,0%).[107] Il 3 gennaio 1980 viene intervistato al Tg3 sull’intervento sovietico in Afghanistan.[95] Il 6 gennaio la Direzione del Pci condanna l’iniziativa dell’Urss; inoltre Enrico afferma che l’Unione sovietica è una potenza imperialista alla pari degli Stati Uniti.[16]

Domenica 8 e lunedì 9 giugno si svolgono le elezioni amministrative in 15 regioni a statuto ordinario, in 86 province e in più di 6.000 comuni. Si tratta di una vittoria schiacciante per il Psi, che raggiunge il 13,3 % dei voti, mentre i democristiani scendono al 36%. Stabile il Pci (31,1 %).[108] Il 5 settembre 1980 la FIAT annuncia diciotto mesi di cassa integrazione per 24 000 dipendenti, 22 000 dei quali operai; successivamente, a fronte di trattative sindacali molto difficili, l'11 settembre vengono annunciati 14 469 licenziamenti.[109] Il consiglio di fabbrica della casa automobilistica proclama immediatamente lo sciopero, e tutti i cancelli di Mirafiori sono bloccati da picchetti operai che impediscono a chiunque di entrare, anche con forme di violenza.[109] L'apice della lotta è raggiunto quando Berlinguer, parlando il 26 settembre di fronte ai cancelli, promette un appoggio del Partito Comunista Italiano anche qualora fosse occupata la fabbrica.[109] Il 27 settembre, a fronte della caduta del governo Cossiga II, la FIAT sospende i licenziamenti; a fine mese l'azienda pone in cassa integrazione a zero ore i 24 000 lavoratori in eccesso.[109] Riprende lo sciopero e riprendono i picchetti nella loro forma più violenta. Il 14 ottobre viene convocata un'assemblea dal "Coordinamento dei capi e quadri FIAT" presso il Teatro Nuovo di Torino, sotto la leadership di Luigi Arisio.[109] Dopo l'assemblea un corteo di migliaia di persone, che si ingrossava sempre di più man mano che procedeva, percorse silenziosamente le vie cittadine. Immediatamente i sindacati, incapaci di comprendere che lo sciopero può essere vittorioso anche se condotto dai soli operai, sono costretti al compromesso che viene chiuso il 17 ottobre.[109]

Berlinguer a novembre, dopo il terremoto in Irpinia, a Salerno, espone la nuova proposta politica comunista dell’alternativa democratica, che pare un completo rovesciamento del compromesso storico, e che preconizza un governo senza i democristiani.[4] In seguito all'arresto avvenuto il 27 novembre a Casale Monferrato, dell’ex comandante generale della Guardia di Finanza, Raffaele Giudice, viene a galla una prolungata truffa petrolifera che, secondo alcuni calcoli, ha fruttato agli associati 2.500 miliardi di lire).[110] Collusi col sistema alcuni politici democristiani, socialdemocratici e socialisti. É proprio qui che Berlinguer lascia la linea della solidarietà nazionale.[16] Il 27 febbraio 1981 Pajetta al XXVI Congresso del Pcus condanna, a nome di tutto il partito, la politica di Breznev in Afghanistan: gli viene di conseguenza impedito di leggere un comunicato ufficiale.[111] In un intervista concessa ad Eugenio Scalfari di la Repubblica martedì 28 luglio Berlinguer critica la corruzione e il malcostume che dominano i partiti di governo. Un breve spezzone della sua intervista recita: «I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela. I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali».[112] Il 12 ottobre incontra Fidel Castro; il colloquio dura sette ore. Il leader cubano si conferma alleato fidato dell'Unione Sovietica, ostile alla Cina, «passata dalla parte dell'imperialismo, ha una posizione controrivoluzionaria».[113]

Lo strappo con l'Urss

Enrico Berlinguer durante un comizio a Crotone, 5 giugno 1983.

Martedì 15 dicembre 1981 avviene lo strappo con l'Unione Sovietica. Due giorni prima il generale Wojciech Jaruzelski limita drasticamente la vita quotidiana con l'introduzione della legge marziale, nel tentativo di schiacciare l'opposizione politica, guidata dal movimento di Solidarność. Migliaia di attivisti dell'opposizione vengono internati senza accuse formali, e fino a 100 persone vengono uccise.[114] Proprio martedì Enrico partecipa alla rubrica televisiva Tribuna politica, dove, rispondendo alle domande dei giornalisti, consuma lo strappo con l’Urss. Una parte del suo discorso recita: «Ciò che è avvenuto in Polonia ci induce a considerare che effettivamente la capacità propulsiva di rinnovamento delle società che si sono create nell’Est europeo è venuta esaurendosi. Parlo di una spinta propulsiva che si è manifestata per lunghi periodi e che ha la sua data d’inizio nella Rivoluzione socialista dell’Ottobre. Oggi siamo giunti a un punto in cui quella fase si chiude. Noi pensiamo che gli insegnamenti fondamentali che ci ha trasmesso prima di tutto Marx e alcune delle lezioni di Lenin conservino una loro validità; e che d’altra parte vi sia tutto un patrimonio e tutta una parte di questo insegnamento che sono ormai caduti e debbono essere abbandonati e del resto sono stati da noi stessi abbandonati con gli sviluppi nuovi che abbiamo dato alla nostra elaborazione, centrata su un tema che non era centrale in Lenin. Il tema su cui noi ci concentriamo è quello dei modi e delle forme della costruzione socialista in società economicamente sviluppate e con tradizioni democratiche, quali sono le società dell’occidente europeo. Da questo punto di vista, noi consideriamo l’esperienza storica del movimento socialista nelle due fasi fondamentali: quella socialdemocratica e quella dei paesi dove il socialismo è stato avviato sotto la direzione di partiti comunisti. Entrambe vanno superate criticamente con nuove soluzioni, cioè con quella che noi chiamiamo la terza via, terza rispetto alle vie tradizionali della socialdemocrazia e ai modelli dell’Est europeo».[16] Il 29 dicembre al Comitato centrale del Pci Enrico ribadisce le ragioni dell'autonomia da Mosca e le critiche ai Paesi del socialismo reale.[115]

Enrico Berlinguer a una manifestazione della FGCI il 16 giugno 1983, durante il famoso incontro con Roberto Benigni[116].

Il 12 gennaio 1982 al Comitato centrale del Pci Cossutta attacca lo "strappo" di Berlinguer da Mosca.[117] Domenica 24 gennaio arrivano durissimi gli attacchi verso i comunisti italiani dal Rudé právo, l'organo ufficiale del Partito Comunista di Cecoslovacchia).[118] Pravda, che era invece l'organo ufficiale del Pcus, pubblica una specie di "scomunica" verso il Pci sotto forma di un lungo articolo dal titolo "Contro gli interessi della pace e del socialismo".[119] Una piccola parte del testo recita: «Nessuna persona onesta al mondo può considerare senza sdegno le dichiarazioni dei dirigenti del Pci in cui si parla dei tentativi del nostro Paese di imporre la propria volontà ad altri popoli».[120] Il 30 aprile viene ucciso dalla mafia il palermitano Pio La Torre, politico e sindacalista comunista. Al funerale prendono parte centomila persone tra cui Enrico, il quale legge un discorso in cui illustra le proposte del Pci per evitare l’installazione dei missili Cruise.[121] Il 10 novembre muore Brežnev; il suo posto come segretario generale del Pcus viene quindi assunto due giorni dopo da Andropov. Durante l'XVI Congresso del Pci, svoltosi a Milano dal 2 al 6 marzo 1983 viene rieletto Segretario generale del partito.[122] Mercoledì 27 aprile 1983 Berlinguer viene intervistato da Gianni Minoli a Mixer, su Rai 2.[123] Giovedì 16 giugno 1983 ad una manifestazione per la pace della FGCI romana (allora guidata da Walter Veltroni) si svolge alla Terrazza del Pincio; proprio durante questo comizio Roberto Benigni prende in braccio Berlinguer. Questa famosa scena si pensa spesso erroneamente abbia avuto luogo alla Festa Nazionale de l’Unità a Reggio Emilia, di fronte a 2 milioni di persone, nel settembre del 1983.[124] Le elezioni politiche svoltesi domenica 26 e lunedì 27 giugno si rivelano una vera e propria sconfitta per i democristiani, che perdono due milioni di elettori e quasi 6 punti percentuali, oltre a 37 seggi alla Camera e 18 al Senato. Restano invece stabili i comunisti con quasi il 30% dei voti. I veri vincitori sono quindi i socialisti, che dal 9.8% delle elezioni precedenti riescono ad arrivare all'11,4%.[125] Berlinguer viene inoltre rieletto per la quarta volta a Roma con oltre 221.000 preferenze[126]

La morte a Padova

Sandro Pertini ai funerali di Berlinguer, 13 giugno 1984.
l'Unità riporta la notizia della morte del leader comunista

Dopo una legislatura da parlamentare europeo (eletto nel 1979 per le liste del PCI), in vista delle successive elezioni del 1984 Berlinguer si recò a Padova il 7 giugno, sul palco di Piazza della Frutta, dove svolse un comizio. Mentre si apprestava a pronunciare la frase "Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda" venne colpito da un ictus. Si accasciò in diretta televisiva, terreo in volto e tuttavia, palesemente provato dal malore, continuò il discorso fino alla fine[127][128], nonostante anche la folla, dopo i cori di sostegno, urlasse: "Basta, Enrico!". Alla fine del comizio rientrò in albergo[129], dove si addormentò sul letto della sua stanza, entrando subito in coma. Dopo il consulto con un medico, venne trasportato all'ospedale Giustinianeo e ricoverato in condizioni drammatiche. Morì l'11 giugno, a causa di un'emorragia cerebrale. Il comunicato del sovrintendente sanitario affermò che il politico sardo era venuto a morire alle 12:45.[130]

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava già a Padova per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni di Berlinguer. Fece in tempo a entrare in stanza per vederlo e baciarlo sulla fronte. Poche ore dopo il decesso, si impose per trasportare la salma sull'aereo presidenziale, citando la frase: "Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta".[130] Commovente fu il suo saluto al funerale (13 giugno), al quale partecipò circa un milione di persone[131], dove si chinò con la testa sopra la bara, baciandola tra gli applausi dei presenti.[132] Sonori fischi, che ricambiavano quelli subiti da Berlinguer al congresso socialista, si levarono quando Nilde Iotti citò il presidente del consiglio Craxi.

Il corteo con la bara, accompagnato dalla musica dell'Adagio in sol minore di Remo Giazotto sfilò dalla sede del PCI, in via delle Botteghe Oscure, a piazza San Giovanni[133], rendendo così palese l'ammirazione che una larga parte dell'opinione pubblica italiana aveva nei suoi confronti. Persino il segretario del MSI Giorgio Almirante si recò a rendere omaggio al feretro dell'avversario, suscitando lo stupore della folla in coda per entrare nella camera ardente[134]. A ricevere Almirante fu Giancarlo Pajetta, al quale venne dato l'incarico di pronunciare l'orazione funebre di Berlinguer.

Il giorno delle elezioni europee, il 17 giugno 1984 il PCI, nonostante la scomparsa di Berlinguer, decise di lasciare il suo segretario capolista e chiese di votarlo in modo plebiscitario. Le elezioni, forse anche per gli eventi precedenti, decretarono la vittoria del PCI che, per la prima e unica volta nella storia, sorpassò seppur di poco la DC, affermandosi come primo partito italiano (33,3% contro il 33,0%): questo "sorpasso" è ricordato come dovuto all'"effetto Berlinguer". Precedentemente, con Berlinguer, il PCI nel 1976 aveva toccato il massimo storico dei suoi voti, col 34,4%.

Per decisione della famiglia, seguendo la volontà che avrebbe espresso alla moglie, Berlinguer è stato sepolto a Roma nel Cimitero di Prima Porta,[135] nonostante il Partito desiderasse che fosse tumulato al Cimitero del Verano, nel Mausoleo dove riposano i grandi dirigenti comunisti Palmiro Togliatti, Giuseppe Di Vittorio, Luigi Longo, e dove nel 1999 fu sepolta anche Nilde Iotti.

Soprannominato subito "il più amato" (a differenza di Palmiro Togliatti che era "il migliore"), Berlinguer fu seguito alla guida del PCI da Alessandro Natta; il suo posto alla Camera dei Deputati fu preso dal sindaco di Marino, Lorenzo Ciocci.[136]

Enrico Berlinguer nella cultura di massa

Note

  1. ^ Il cognome, d'origine catalana, si pronuncia Berlinguèr, accentato sull'ultima vocale.
  2. ^ I massoni di sinistra? Nelle logge sono 4mila, su repubblica.it, La Repubblica. URL consultato il 27 aprile 2014.
  3. ^ a b c d Francesco Barbagallo, Enrico Berlinguer, p. 9.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l BERLINGUER, Enrico, su treccani.it, Treccani.
  5. ^ LORIGA, Giovanni, su treccani.it, Treccani.
  6. ^ Andrea Borella "Annuario della Nobiltà Italiana" Edizione XXXI Teglio (SO) 2010 S.A.G.I. Casa Editrice vol. 1 pag. 605
  7. ^ Carlo Ricchini et al. (a cura di), Enrico Berlinguer, Roma : L'Unità, 1985
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Opere

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  • Marisa Musu, Enrico Berlinguer, La lotta della gioventù per la democrazia, Roma, Centro Diffusione Stampa del Pci, 1947.
  • Enrico Berlinguer, All'avanguardia della gioventù italiana. Discorso pronunciato il 6 luglio 1948 ai giovani operai di Torino, Roma, 1948.
  • Enrico Berlinguer, Tutta la gioventù in lotta per la Pace. Discorso pronunciato il 17 ottobre 1948 al Congresso dell'alleanza giovanile di Modena, Modena, Arti Grafiche Modenesi, 1948.
  • Alessandro Curzi, L'avvenire non viene da solo, Roma, Edizioni Gioventù nuova, 1949, presentazione di Enrico Berlinguer.
  • Enrico Berlinguer, Una forte FGCI per la pace, l'avvenire, l'unità della gioventù. Rapporto presentato da E. Berlinguer al comitato costitutivo nazionale della FGCI (Roma, 8-9 novembre 1949), Roma, Edizioni Gioventù nuova, 1949.
  • Enrico Berlinguer, I compiti della gioventù comunista. Rapporto presentato al 12º Congresso Nazionale della Fgci (Livorno 29 marzo-2 aprile 1950), Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1950.
  • Enrico Berlinguer, Impediamo al fascismo di tradire la gioventù, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1950.
  • Enrico Berlinguer, Ruggero Grieco, Gesta ed eroi della gioventù d'Italia. 30 anni di vita della Fgci, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1951.
  • Enrico Berlinguer, L'unità della gioventù nel fronte del lavoro e della pace. Rapporto tenuto alla riunione del comitato centrale della Federazione Giovanile Comunista Italiana. Roma, 3-5 maggio 1951, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1951.
  • Enrico Berlinguer, Un fronte patriottico della gioventù per l'indipendenza e la rinascita dell'Italia, Roma, 1952.
  • Enrico Berlinguer, Per la gioventù, per l'Italia, per il socialismo. Rapporto di Enrico Berlinguer e discorso di Pietro Secchia al Comitato centrale della Fgci per la preparazione del 13º congresso nazionale, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1953.
  • Enrico Berlinguer, L'avvenire della gioventù italiana. 13º congresso nazionale della Fgci. Rapporto presentato al 13º Congresso nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana, Ferrara 4-8 marzo 1953, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1953.
  • Enrico Berlinguer, La collaborazione tra la gioventù comunista e la gioventù cattolica, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1954.
  • Palmiro Togliatti, Enrico Berlinguer, Le giovani comuniste per l'emancipazione della donna. Discorsi pronunciati alla Conferenza Nazionale delle ragazze comuniste. Roma, 26-28 febbraio 1954, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1954.
  • Enrico Berlinguer, Per la pace per il rinnovamento d'Italia per l'avvenire della gioventù. Relazione presentata dal compagno Enrico Berlinguer al Comitato Centrale della Fgci. Roma, 22-23 febbraio 1953, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1955.
  • Enrico Berlinguer, L'apertura a sinistra e la lotta dei giovani per il loro avvenire. 14º Congresso nazionale della Fgci, Milano 23-26 giugno 1955, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1955.
  • Enrico Berlinguer, La figura morale della giovane comunista. Conversazione tenuta alle ragazze comuniste di Napoli il 23 dicembre 1955, Roma, Edizioni Gioventù Nuova, 1956.
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  • Enrico Berlinguer, La forza, lo sviluppo e i compiti del Pci nel momento presente. Rapporto e intervento alla sessione del Comitato centrale e della Commissione centrale di controllo del Pci del 20-23 dicembre 1961 - Risoluzione, Roma, 1961.
  • Enrico Berlinguer, Il contributo autonomo del Pci all'unità del movimento operaio internazionale. Rapporto alla sessione del Comitato centrale e della Commissione centrale di controllo del Pci, tenuta il 14 ottobre 1964, Roma, 1964.
  • Enrico Berlinguer, Riprendere in Italia e nel mondo l'iniziativa unitaria per la pace e la distensione. Rapporto alla sessione del Comitato centrale del Pci, tenuta il 18-19 febbraio 1965. Risoluzione, Roma, 1965.
  • Enrico Berlinguer, Casa per casa, strada per strada. La passione, il coraggio, le idee. A cura di Pierpaolo Farina. Prefazione di Eugenio Scalfari, Milano, Melampo editore, 2013.
  • Mario Alicata, Alessandro Natta, Enrico Berlinguer, Una nuova unità, un forte movimento di massa per battere il governo Moro, per una nuova offensiva di pace. Rapporti e informazioni alla sessione del Comitato centrale e della Commissione centrale di controllo del Pci, tenuta il 6-7-8 luglio 1965, Roma, 1965.
  • Alessandro Natta, Enrico Berlinguer, Per una nuova politica interna, per la libertà e la pace nel Vietnam, per l'unità del Movimento comunista internazionale. Rapporti e conclusioni alla sessione del Comitato centrale e della Commissione centrale di controllo del PCI tenuti il 21-22-23-24 febbraio 1967. Risoluzione, Roma, Visigalli-Pasetti, 1967.
  • Front national de liberation Sud Vietnam, Vietnam: il programma del FNL. Testo adottato dal FNL del Vietnam del Sud in un congresso straordinario tenutosi a meta agosto 1967, Roma, 1967, introduzione a cura di Enrico Berlinguer.
  • Le Duan, Il Vietnam e l'ottobre. Pace, rivoluzione e i più importanti problemi della strategia e della tattica del movimento internazionale di oggi in un saggio del segretario generale del Partito dei lavoratori del Vietnam, Roma, 1967, introduzione di Enrico Berlinguer.
  • Antonio Gramsci, Scritti politici, Roma, l'Unità-Editori Riuniti, 1967, prefazione di Enrico Berlinguer.
  • Luigi Longo, Enrico Berlinguer, L'unità del movimento operaio, Roma, editori riuniti, 1968.
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  • Enrico Berlinguer, Una nuova guida politica e la svolta che esige il paese. Discorso pronunciato alla Camera dei deputati il 9 agosto 1969, Roma, 1969.
  • Luigi Longo, Enrico Berlinguer, La Conferenza di Mosca. I problemi dell'internazionalismo oggi nel rapporto di Luigi Longo al Comitato centrale del Pci e nell'intervento di Enrico Berlinguer alla riunione di Mosca dei partiti comunisti; in appendice i documenti conclusivi della conferenza, Roma, Editori riuniti, 1969.
  • Attraverso un'ampia e forte discussione politica difendere e sviluppare la realtà unitaria e democratica del nostro grande partito. Relazione di Alessandro Natta e intervento conclusivo di Enrico Berlinguer. Riunione del C.C. e della C.C.C. del 13-17 ottobre 1969, Roma, Pci, 1969.
  • Renzo Laconi, Parlamento e Costituzione, Roma, Editori riuniti, 1969, a cura di Enrico Berlinguer e Gerardo Chiaromonte.
  • Un Partito comunista rinnovato e rafforzato per le esigenze nuove della societa italiana. Noi, i giovani e il socialismo. Relazione e conclusioni alla sessione del Cc e della Ccc del Pci svoltasi dal 14 al 16 gennaio 1970; Interventi di Luigi Longo ed Enrico Berlinguer,
  • Enrico Berlinguer, L'Emilia: la regione più avanzata d'Italia perché la più "rossa", la più comunista. Discorso pronunciato a Ferrara e Reggio Emilia il 5 e 6 aprile 1970, 1970.
  • Enrico Berlinguer, Giorgio Napolitano, Per una nuova avanzata dei comunisti nei comuni, nelle provincie e nelle regioni. Rapporto alla sessione del C.C. e della C.C.C. del Partito Comunista Italiano tenuta dal 20 al 22 aprile 1970, Roma, 1970.
  • Enrico Berlinguer, Sovranità nazionale nuovo sviluppo economico piena applicazione della democrazia. Discorso di Berlinguer e dichiarazione di voto di Napolitano pronunciati alla Camera nei giorni 11 e 12 agosto 1970, Roma, 1970.
  • Renato Sitti (a cura di), Processo all'Eridania, Roma, Editori Riuniti, 1970, presentazione di Enrico Berlinguer.
  • Enrico Berlinguer, Per trasformare la società italiana per una nuova direzione del paese. Relazione e conclusioni del compagno Berlinguer alla riunione del CC del PCI dei gg. 13-15 novembre 1970; intervento del compagno Longo, Roma, 1970.
  • Enrico Berlinguer, La strategia di lotta del PCI per avanzare sulla via del socialismo, Roma, 1971.
  • Enrico Berlinguer, Una nuova politica per lo sviluppo e l'unità della Sicilia. Discorso pronunciato al Teatro Politeama di Palermo il 21 febbraio 1971, Roma, 1971.
  • Palmiro Togliatti, Discorsi ai giovani, Roma, Editori riuniti, 1971, prefazione di Enrico Berlinguer.
  • Enrico Berlinguer, Per rinnovare l'Italia, per la pace, per la liberazione di tutti i popoli oppressi dall'imperialismo. Relazione e conclusione alla riunione del comitato centrale e della commissione centrale di controllo per la preparazione del 13º congresso nazionale 11-13 novembre 1971, 1971.
  • Enrico Berlinguer, Relazione al convegno di Firenze 1971 sull'università, Cronache umbre, nov.-dic. 1971.
  • Palmiro Togliatti, Discorsi ai giovani, Roma, Editori riuniti, 1971, prefazione di Enrico Berlinguer.
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  • Enrico Berlinguer, La politica internazionale dei comunisti italiani, Roma, Editori Riuniti, 1972.
  • Enrico Berlinguer, Per un governo di svolta democratica. Rapporto tenuto al 13º Congresso nazionale del Pci, Roma, Editori Riuniti, 1972.
  • Enrico Berlinguer, Unità operaia e popolare per un governo di svolta democratica per rinnovare l'Italia sulla via del socialismo. Relazione e conclusioni al 13º Congresso del PCI con il testo dello Statuto del Partito Comunista Italiano, Roma, Editori Riuniti, 1972.
  • Enrico Berlinguer, Sconfiggere il governo di centro-destra aprendo la via a un'alternativa democratica. Il discorso del compagno Berlinguer alla Camera nel dibattito sul ministero Andreotti - Malagodi, Roma, 1972.
  • Enrico Berlinguer, Per uscire dalla crisi un generale rinnovamento nei rapporti internazionali nello sviluppo economico nella difesa della legalità democratica. Rapporto e conclusioni alla sessione del c.c. e della c.c.c. del Pci del 7-9 febbraio 1973, 1973.
  • Enrico Berlinguer et alii, Democrazia e sicurezza in Europa. La politica del PCF e del PCI verso la Comunità europea e l'unità delle masse lavoratrici, Roma, Editori riuniti, 1973.
  • Enrico Berlinguer et alii, I comunisti italiani e il Cile, Roma, Editori riuniti, 1973.
  • Enrico Berlinguer, Democrazia e sicurezza in Europa, Roma, Editori riuniti, 1973.
  • Enrico Berlinguer, I discorsi di Enrico Berlinguer e di Renzo Imbeni alla manifestazione nazionale degli studenti comunisti. (Bologna, 28 ottobre 1973), 1973.
  • Enrico Berlinguer, Discorso pronunciato a Bologna l'11 maggio 1973 al comizio col segretario del Pcf, Georges Marchais, 1973.
  • Enrico Berlinguer, L'impronta di Togliatti nella vita del PCI, Roma, sezione centrale scuole di partito del PCI, 1973.
  • Enrico Berlinguer, Lottare per risolvere la grave crisi economica stroncare il neofascismo democratizzare lo stato. Il rapporto di Enrico Berlinguer al Comitato centrale del 26 e 27 luglio 1973 sull'impegno dei comunisti per rendere effettiva l'inversione di tendenza e per avanzare verso una svolta democratica, Roma, 1973.
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  • Enrico Berlinguer, Riflessioni dopo i fatti del Cile. Tre articoli di Enrico Berlinguer, Roma, 1973. [contiene Imperialismo e coesistenza alla luce dei fatti cileni, Via democratica e violenza reazionaria, Alleanze sociali e schieramenti politici, da Rinascita n. 38, 39, 43 (1973)]
  • Enrico Berlinguer, Il nodo della crisi sta nella Dc. Relazioni e conclusioni al CC e alla CCC del PCI del 3 giugno 1974, Roma, 1974.
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  • Enrico Berlinguer, Per uscire dalla crisi, per costruire un'Italia nuova. Dal rapporto di Enrico Berlinguer del 10 dicembre 1974, Roma 1974.
  • Enrico Berlinguer, Il ruolo della masse femminili nella battaglia per la democrazia e il socialismo. Dal discorso di Berlinguer alla conferenza dei partiti comunisti dell'Europa capitalistica sulla condizione femminile, Roma novembre 1974, 1975.
  • Enrico Berlinguer, La proposta comunista. Relazione al Comitato Centrale e alla Commissione Centrale di Controllo del PCI in preparazione del XIV congresso, Torino, Einaudi, 1975.
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  • Enrico Berlinguer, La questione comunista. (1969-1975), Roma, Editori Riuniti, 1975.
  • Enrico Berlinguer, Una Spagna libera in un'Europa democratica, Roma, Editori riuniti, 1975.
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  • Guido Fanti, Una campagna elettorale di civile confronto per far avanzare il rinnovamento del Paese e il risanamento dello Stato. Relazione di Guido Fanti al C. C. e alla C. C. C. dell'11 aprile 1975. Il Partito subito al lavoro per il confronto elettorale. Intervento conclusivo di Enrico Berlinguer, 1975.
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  • Enrico Berlinguer, Il Pci, la crisi mondiale, l'avvenire del socialismo, la situazione italiana. Un'intervista a Enrico Berlinguer, Roma, 1980.
  • Luciano Gruppi, La strategia del PCI nella fase attuale. Alla luce dell'articolo di E. Berlinguer su Rinascita del 24 agosto 1979. In appendice articoli e interventi di E. Berlinguer e P. Togliatti, Roma, direzione scuole di partito del PCI, 1980.
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