Clickbait: differenze tra le versioni

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Versione delle 09:17, 14 ago 2023

Disambiguazione – Se stai cercando la miniserie distribuita su Netflix, vedi Clickbait (miniserie televisiva).
Esempi fittizi di pubblicità in stile "chumbox" (che utilizza una griglia di miniature e didascalie per indirizzare il traffico verso altri siti e pagine web) che impiegano tattiche clickbait[1]
Il link al centro è mascherato da link agli articoli del sito web che lo ospita (ha lo stesso aspetto dei link a destra e a sinistra) ma è un link pubblicitario Clickbait. Lo si nota dal logo in basso "AD" e dalle icone nella parte superiore.
Il link al centro è mascherato da link agli articoli del sito web che lo ospita (ha lo stesso aspetto dei link a destra e a sinistra) ma è un link pubblicitario acchiappaclic. Lo si nota dal logo in basso "AD" e dalle icone nella parte superiore.

Acchiappaclic (o clickbait in inglese) è un termine che indica un contenuto web la cui principale funzione è di attirare il maggior numero possibile di internauti, per generare rendite pubblicitarie online[2][3].

Generalmente il clickbait si avvale di titoli accattivanti e sensazionalisti che incitano l'utente a cliccare, facendo leva sull'aspetto emozionale di chi vi accede. Il suo obiettivo è quello di attirare chi apre questi link per incoraggiarli a condividerne il contenuto per aumentarne la diffusione, tramite condivisione sui vari social network, aumentandone quindi in maniera esponenziale i proventi pubblicitari[4][5][6].

È frequente da parte di molti siti fare pseudo-informazione narrando taluni fatti in maniera strumentale, distorcendone la realtà; a contrastare questo fenomeno vi sono siti di debunking dove ciò che è riportato in questi link viene smentito, evidenziandone la mancanza di fonti informative affidabili[7].

Rappresentazione artistica di clickbait di Bondi Junction in Australia

Il clickbait viene esercitato talvolta anche su piattaforme di video sharing (ad esempio YouTube[8]) pubblicando in maniera ingannevole, come anteprima di un video, un fotogramma di genere differente dal contenuto realmente presente allo scopo di aumentarne le visualizzazioni[9][10].

Note

  1. ^ (EN) You'll Be Outraged at How Easy It Was to Get You to Click on This Headline, in Wired. URL consultato il 23 agosto 2021.
  2. ^ Ben Frampton, Clickbait - the changing face of online journalism, BBC, 14 settembre 2015. URL consultato il 12 giugno 2018.
    «Headline writing has long been considered a skill but, in the digital age, a new word has become synonymous with online journalism - clickbait.
    Put simply, it is a headline which tempts the reader to click on the link to the story. But the name is used pejoratively to describe headlines which are sensationalised, turn out to be adverts or are simply misleading.»
  3. ^ Caroline O'Donovan, What is clickbait?, su Nieman Foundation for Journalism, Niewman labs. URL consultato il 12 giugno 2018.
    «Clickbait is in the eye of the beholder, but Facebook defines it as 'when a publisher posts a link with a headline that encourages people to click to see more, without telling them much information about what they will see.'»
  4. ^ Derek Thompson, Upworthy: I Thought This Website Was Crazy, but What Happened Next Changed Everything, su theatlantic.com, The Atlantic, 14 novembre 2013.
  5. ^ Katy Waldman, Mind the 'curiosity gap': How can Upworthy be 'noble' and right when its clickbait headlines feel so wrong?, su news.nationalpost.com, National Post, 23 maggio 2014.
  6. ^ Emily Shire, Saving Us From Ourselves: The Anti-Clickbait Movement, in The Daily Beast, 14 luglio 2014.
  7. ^ Debunking e fake news: due facce della stessa medaglia, su Culture Digitali, 5 giugno 2020. URL consultato il 23 agosto 2021.
  8. ^ Jonah Berger, What Makes online Content Viral?, Journal of Marketing Research, 2012, pp. 190–205.
  9. ^ Ingram, Mathew, The internet didn't invent viral content or clickbait journalism — there's just more of it now, and it happens faster, su gigaom.com, GigaOM, 1º aprile 2014. URL consultato il 6 agosto 2016 (archiviato dall'url originale il 3 aprile 2014).
  10. ^ Cady Drell, How Son of Sam Changed America, su rollingstone.com, Rolling Stone, 29 luglio 2016. URL consultato il 6 agosto 2016 (archiviato dall'url originale il 30 luglio 2016).

Bibliografia

  • Jaron Lanier, Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social, traduzione di Francesca Mastruzzo, Milano, Il Saggiatore, 2018, ISBN 9788842825166.

Voci correlate

Collegamenti esterni