Redditi di impresa

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Il reddito di impresa, nel diritto tributario italiano, è disciplinato dagli artt. 55-66 e 81-142 del Decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di "Testo unico delle imposte sui redditi" (cd.TUIR).

Ai sensi del c.1, dell'art. 55 TUIR, è tale il reddito derivante dall'esercizio di imprese commerciali[1], ossia dall'esercizio professionale ed abituale, anche se non esclusivo, delle attività indicate nell'art. 2195 del codice civile e delle attività agricole indicate nell'art. 32, c.2, lettere b) e c), che eccedono i limiti ivi stabili, anche se non organizzate in forma di impresa.

Le attività indicate nell'art. 2195 del c.c. sono:

  • attività industriali dirette alla produzione di beni e servizi;
  • attività intermediarie nella circolazione dei beni;
  • attività di trasporto;
  • attività bancarie ed assicurative;
  • altre attività ausiliarie delle precedenti.

Le attività indicate dall'art. 32, c.2, lett.b) e c) del TUIR sono:

  • attività volte all'allevamento di animali con mangimi ottenuti per meno di un quarto dal terreno;
  • attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali.

Ai sensi del c.2, dell'art. 55 TUIR, sono considerati redditi di impresa quelli derivanti dall’esercizio di:

  • attività che, pur non rientrando nell'art. 2195 del codice civile, sono organizzate in forma di impresa;
  • attività dirette allo sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;
  • attività agricole di cui all'articolo 32, pur nei limiti ivi stabiliti, quando esercitate da soggetti "commerciali": da società in nome collettivo e in società in accomandita semplice e da stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa, anche se non superino i limiti ivi stabiliti.

Soggetti titolari

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L’esercizio di attività commerciale può essere imputato sia ad imprenditori individuali che ad imprenditori collettivi[2].

Sono produttori di reddito i seguenti soggetti:

  • persone fisiche, limitatamente ai redditi prodotti dall’esercizio di attività commerciali.
  • società commerciali di persone (s.n.c - s.a.s.). Il reddito di impresa prodotto viene attribuito per “trasparenza” in capo ai soci. I redditi prodotti sono sempre considerati redditi d’impresa[3], in applicazione del principio di attrazione regolato dal c.3, art. 6 TUIR, qualsiasi sia la fonte o l’oggetto sociale.
  • società di capitali. Sono sempre produttori di reddito di impresa, in applicazione del principio di attrazione regolato dal c.1, art. 81 del TUIR.
  • enti commerciali[4]. Sono sempre produttori di reddito di impresa, perché parificati alle società di capitali[5].
  • enti non commerciali[6], limitatamente ai redditi prodotti dall’esercizio di attività commerciali.

Principi di determinazione

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Il reddito d’impresa, sulla base del principio di dipendenza[7], si determina apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico le variazioni in aumento o in diminuzione previste dal legislatore fiscale, nel TUIR o altre leggi. Tale principio assume diversa intensità a seconda che l’impresa interessata rediga il proprio bilancio d’esercizio sulla base dei principi contabili nazionali (soggetti OIC adopter) o dei principi contabili internazionali IAS/IFRS (soggetti IAS adopter)[8].
Si fa riferimento al conto economico in quanto si tratta di un documento capace di offrire un’attendibile rappresentazione della situazione economico-patrimoniale e della capacità contributiva dell’impresa.

Per individuare il corretto periodo d’imposta, cui imputare i componenti positivi e negativi di reddito, si fa riferimento al principio di cassa o di competenza. Di regola i ricavi, le spese e gli altri componenti concorrono a formare il reddito sulla base del principio di competenza, salvo non venga diversamente stabilito nel TUIR[9].

Per quanto riguarda il principio di competenza rileva il momento di maturazione giuridica dei componenti[10], dunque il momento in cui risulta perfezionata la fattispecie da cui i componenti di reddito traggono giuridicamente origine[5]. Gli elementi di reddito vengono imputati temporaneamente in momenti diversi, a seconda della diversa fattispecie da cui originano[5].

Per quanto riguarda il principio di cassa rileva il momento della manifestazione finanziaria, quindi il momento dell’incasso o del pagamento. Si applica il principio di cassa per i compensi agli amministratori, la percezione dei dividendi in società ed enti soggetti IRES, gli interessi di mora (sia attivi che passivi), le imposte pagate nell’anno diverse da quelle sui redditi e da quelle per le quali è prevista la rivalsa, i contributi associativi e sindacali, i contributi in conto capitale ed infine per i proventi derivanti dalla partecipazione a fondi di investimento[11].

Il principio di inerenza[12] si limita ad affermare che le spese e gli altri componenti negativi di reddito sono deducibili se si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri componenti che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi[13]. L'inerenza permette quindi di selezionare i costi dell'attività economica che possono essere dedotti dalla base imponibile[14]. È necessario che tra i componenti negativi di reddito e l'attività esercitata dal soggetto passivo vi sia un nesso di causalità o attinenza[13], al fine di evitare che l'operatore economico possa dedurre costi aventi carattere personale o del tutto estranei alla fonte reddituale[14].

Per ultimo, in applicazione del principio di imputazione, i componenti negativi sono deducibili solo se resultano preventivamente imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza. I componenti negativi che non sono imputati al conto economico possono comunque essere considerati, in sede di determinazione dei redditi, in tre casi eccezionali: se la deducibilità fiscale è prevista da disposizioni di legge, se sono stati imputati a conto economico in un esercizio precedente in presenza di una disposizione che dispone e consente il rinvio ed infine se i componenti risultano da elementi certi e precisi[15].

Componenti positivi

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Le norme in materia di componenti positivi ne disciplinano i criteri identificativi delle diverse tipologie ed i criteri di determinazione. Inoltre disciplinano le fattispecie che ne definiscono la rilevanza[2].

I componenti positivi sono:

Componenti negativi

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I componenti negativi sono:

  • Spese per la prestazione di lavoro
  • Interessi passivi
  • Oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale
  • Minusvalenze patrimoniali
  • Sopravvenienze passive
  • Perdite di beni e su crediti
  • Ammortamento di beni materiali e immateriali
  • Spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione
  • Spese relative a più esercizi
  • Accantonamenti

Nel conto economico con le classi A e B si confrontano rispettivamente i componenti positivi, relativi alla gestione caratteristica e alla gestione accessoria, costituenti il valore della produzione con i componenti negativi, relativi costi della produzione classificati per natura[16].

Le classi C e D sono invece relative ai componenti positivi e negativi e alle rettifiche di valore riferiti alla gestione finanziaria.

Regimi speciali

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Il legislatore ha previsto alcune specifiche regole di determinazione del reddito di impresa, in deroga al regime ordinario, applicabili laddove vi siano particolari condizioni in relazione alle dimensioni dell’attività d’impresa.

Le dimensioni dell’impresa vengono valutate sulla base di:

  • Ricavi
  • Volume d’affari
  • Numero dei dipendenti
  • Utilizzo di beni strumentali

Partendo da questi criteri è possibile individuare il regime forfettario, il regime semplificato ed il regime sostitutivo.

Regime forfettario

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Il regime forfettario è applicabile alle persone fisiche che esercitano attività di impresa che, nell’anno precedente, hanno conseguito ricavi o percepito compensi non superiori a 85.000€ (soglia innalzata dalla Legge di Bilancio 2023, rispetto alla precedente di 65.000€) e sostenuto spese per i dipendenti non superiori a 20.000€ lordi[17].

Il reddito imponibile si determina applicando ai ricavi o compensi percepiti un coefficiente di redditività, che varia a seconda del tipo di attività esercitata[18]. Al reddito ottenuto si applica l’aliquota del 15% (o del 5% per le start up) sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP[18].

I contribuenti soggetti al regime forfettario sono esonerati dalla tenuta delle scritture contabili e dagli obblighi di registrazione, non applicano l’IVA sulle operazioni attive e non hanno diritto alla detrazione sugli acquisiti[2].

Si tratta di un “regime naturale”: i soggetti che rispettano i limiti previsti ne usufruiscono automaticamente[5]. Qualora decidessero di non voler applicare il regime forfettario possono optare per l’accesso ai regimi superiori.

L'opzione e la revoca possono essere desunti dai comportamenti concludenti[19] del contribuente.

Regime semplificato

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Il regime semplificato si applica alle persone fisiche e società di persone che esercitano attività d’impresa che, nell’anno precedente, hanno conseguito ricavi o percepito compensi non superiori a 400.000€ per le imprese che prestano servizi e non superiori a 700.000€ per le altre attività[2].

I contribuenti non devono redigere il bilancio di esercizio, ma possono tenere una contabilità semplificata. Questa consiste nel tenere i soli registri Iva, all’interno dei quali vengono annotati anche gli elementi rilevati ai fini reddituali e i registri degli incassi e pagamenti[2].

Il reddito viene determinato in via analitica, con alcune semplificazioni nell’applicazione delle norme del TUIR, ed assoggettato alle regole IRPEF. Per l’imputazione dei componenti di reddito si applica un criterio misto “cassa-competenza”[20][21].

Anche il regime semplificato è un “regime naturale”. Le imprese che non intendono applicare la contabilità semplificata possono optare per la tenuta di quella ordinaria.

Regime sostitutivo

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Possono usufruire del regime sostitutivo[22] le persone fisiche che esercitano attività di impresa che, nell’anno precedente, hanno conseguito ricavi o percepito compensi non inferiori a 65.001€ ma non superiori a 100.000€.

Il reddito viene determinato sulla base delle regole ordinarie previste dal TUIR ed è tassato in misura pari al 20% sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP.

È un “regime naturale”. Le imprese che non intendono applicare la contabilità semplificata possono optare per la tenuta di quella ordinaria.

  1. ^ La definizione data dall’art. 55 TUIR non coincide con quella civilistica in quanto si tratta di una nozione più ampia e complessa.
  2. ^ a b c d e Francesco Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Vol.2 parte speciale, Dodicesima edizione, UTET Giuridica, 2019, ISBN 9788859820864.
  3. ^ Gaspare Falsitta, Corso istituzionale di diritto tributario, Settima edizione, CEDAM, 2019, ISBN 8813369301.
  4. ^ Cfr. artt. 151 e ss del Testo unico sulle imposte di reddito, su def.finanze.it.
  5. ^ a b c d A. Contrino, E. Della Valle, A. Marcheselli, E. Marello, G. Marini, S. M. Messina e M.Trivellin, Fondamenti di diritto tributario, Padova, CEDAM, 2020, ISBN 88-13-37389-9.
  6. ^ Cfr. artt. 143,148,153 e ss del Testo unico sulle imposte di reddito, su def.finanze.it.
  7. ^ Cfr. art. 83 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917, in materia di “Testo unico delle imposte sui redditi”, su def.finanze.it.
  8. ^ Giuseppe Melis, Lezioni di diritto tributario, Sesta edizione, Giappichelli Editore, 2018, ISBN 978-88-921-1620-7.
  9. ^ Cfr. c.1, art. 109 del D.P.R 22 dicembre 1986, n.917, in materia di “Testo unico delle imposte sui redditi”, su def.finanze.it.
  10. ^ Christian Attardi, Il principio di competenza nel reddito d’impresa: criteri di applicazione e rimedi in favore del contribuente, in Il Fisco, 7, parte 1, 2009, pp. 985.
  11. ^ Cfr. Sezione I - Determinazione della base imponibile, del D.P.R 22 dicembre 1986, n.917, in materia di “Testo unico delle imposte sui redditi”, su def.finanze.it.
  12. ^ Cfr. c.5, art. 109 del D.P.R 22 dicembre 1986, n.917, in materia di “Testo unico delle imposte sui redditi”, su def.finanze.it.
  13. ^ a b Massimo Procopio, Le imposte sui redditi ed il principio dell’inerenza (2010-2020) parte prima, in Dir. e Prat. Trib., n. 5, 2020, p. 2303.
  14. ^ a b Lorenzo Pennesi, Riflessioni sul principio di inerenza applicato alle spese di sponsorizzazione: il contributo della più recente giurisprudenza di legittimità, in Dir. e Prat. Trib., vol. 5, 2021, p. 2171.
  15. ^ Cfr. c. 4, art. 109 del D.P.R 22 dicembre 1986, n.917, in materia di “Testo unico delle imposte sui redditi”, su def.finanze.it.
  16. ^ Flavio Dezzani, Giovanni Ferrero e Piero Pisoni, Analisi di bilancio e rendiconti finanziari, Milano, Giuffrè Editore, 2006, ISBN 88-14-12039-0.
  17. ^ Cfr. c.54 art.1 della L.190/2014, su def.finanze.it.
  18. ^ a b Tonino Morina e Salvina Morina, Dal 2020 il regime forfettario riduce la platea dei contribuenti, in Pratica Fiscale e Professionale, n. 4, 2020, p. 85.
  19. ^ Cfr c.1 art.1 della Circolare n. 209/E/1998, su edizionieuropee.it.
  20. ^ Cfr. § 8.1 della Circolare n. 8/E/2017, su def.finanze.it.
  21. ^ Gianfranco Ferranti, Regime di cassa per le imprese minori: i primi chiarimenti dell’agenzia, in Il Fisco, n. 8, 2017, p. 707.
  22. ^ Cfr. c.17-22, art. 21 della L. 145/2018, su def.finanze.it.

Christian Attardi, Il principio di competenza nel reddito d’impresa: criteri di applicazione e rimedi in favore del contribuente, in Il Fisco, 2009, n. 7, parte 1, p. 985.

A. Contrino, E. della Valle, A. Marcheselli, E. Marello, G. Marini, S. M. Messina e M. Trivellin, Fondamenti di diritto tributario, Padova, CEDAM, 15 giugno 2020, ISBN 88-13-37389-9.

Gaspare Falsitta, Corso istituzionale di diritto tributario, Settima edizione, CEDAM, 2019, ISBN 88-13-36930-1.

Gianfranco Ferranti, Regime di cassa per le imprese minori: i primi chiarimenti dell’agenzia, in Il Fisco, 2017, n. 8, p. 707.

Giovanni Ferrero, Flavio Dezzani, Piero Pisoni e Luigi Puddu, Analisi di bilancio e rendiconti finanziari, Milano, Giuffrè, 15 giugno 2006, ISBN 88-14-12039-0.

Giuseppe Melis, Lezioni di diritto tributario, Sesta edizione, Giappichelli Editore, 2018, ISBN 978-88-921-1620-7.

Salvina Morina e Tonino Morina, Dal 2020 il regime forfettario riduce la platea dei contribuenti, in Pratica Fiscale e Professionale, 2020, n. 4, p. 85.

Lorenzo Pennesi, Riflessioni sul principio di inerenza applicato alle spese di sponsorizzazione: il contributo della più recente giurisprudenza di legittimità, in Dir. E Prat. Trib., 2021, n. 5, p. 2171.

Massimo Procopio, Le imposte sui redditi ed il principio dell’inerenza (2010-2020) parte prima, in Dir. E Prat. Trib., 2020, n. 5, p. 2303.

Francesco Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Vol.2 parte speciale, Dodicesima edizione, UTET Giuridica, 2019, ISBN 9788859820864.

Voci correlate

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